L’utilizzo della PEC in ambito di esecuzione presso terzi
[:it]Dal primo gennaio obbligo per il creditore procedente di indicare l’indirizzo di posta certificata nell’atto di pignoramento.
A partire dal 1° gennaio 2013, si applicano a pignoramenti verso terzi le modifiche al codice di procedura civile intro.otte dall’art. 1, comma 20, della legge 24 dicembre 2012 n. 228 in G.U. del 29 dicembre 2012 n. 302.
Nello specifico, la riforma prevede che il creditore procedente deve indicare l’indirizzo di posta certificata, (alias PEC), nell’atto di pignoramento (art. 543 c.p.c.) e, inoltre, l’indicazione che il terzo creditore può svolgere la dichiarazione di cui all’art. 547 c.p.c. anche a mezzo PEC.
Si ricorda, brevemente, che già con le modifiche adottate dalla legge 52/2006, era consentito al terzo, nei casi di crediti non di lavoro, di rendere la dichiarazione anche a mezzo raccomandata postale. Con la riforma, dunque, il terzo può decidere di rendere detta dichiarazione via mail certificata evitando aggravi di costi e complicanze.
È forse il caso di sottolineare che il terzo pignorato, chiamato a dichiarare, se si trova in possesso di cose del debitore esecutato o se sia nei confronti di quest’ultimo a sua volta debitore di somme di denaro, non assume la qualità di parte nell’ambito del processo esecutivo, mentre, in caso di dichiarazione mancata, negativa o contestata, diviene parte convenuta nell’eventuale giudizio da instaurare per accertare il suo obbligo verso il debitore. Il legislatore ha, inoltre, modificato gli artt. 548 e 549 c.p.c. Si legge nel nuovo testo dell’art. 548 c.p.c. che, nel caso di crediti di lavoro (545 comma 3 e 4 c.p.c.), la mancata dichiarazione del terzo o la sua mancata comparizione all’udienza stabilita dal creditore equivale a non contestazione del credito. Invero, per i crediti diversi da quelli di lavoro, il nuovo 548 c.p.c. comma 2 prevede che, qualora il creditore dichiari di non avere non aver ricevuto alcuna dichiarazione del terzo e, inoltre, il terzo non compare all’udienza fissata dal creditore, il Giudice fissa con ordinanza, da notificare al terzo, una nuova udienza; se neppure a questa seconda udienza il terzo non compare, il credito si considera non contestato. Da ultimo, il nuovo 549 c.p.c. prevede, che, se sulla dichiarazione del terzo sorgono contestazioni, queste sono risolte dal Giudice con ordinanza basata sugli opportuni accertamenti. L’ordinanza è, in caso, contestabile ex art. 617 c.p.c.
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[:it]Il negato trasporto di persone disabili. Il Tar Marche riconosce il danno morale[:]
[:it]Il Tar Marche ha riconosciuto il danno morale alla famiglia di una ragazza portatrice di handicap alla quale era stato negato il servizio di trasporto scolastico.
In data 11.1.2013 è intervenuto il TAR Marche, con la sentenza n. 32/2013, in materia di danno esistenziale, chiarendo alcuni aspetti relativi alla configurabilità e quantificazione del danno, in caso di negato trasporto di persona disabile, da parte della P.A.
Il caso di specie, invero, ha visto una ragazza portatrice di handicap, alla quale è stato negato, per un determinato periodo di tempo, il servizio di trasporto scolastico da parte del Comune di Cartoceto.
Il TAR, ha accolto il ricorso della famiglia contro il comune, che, non solo non era intervenuto a seguito delle richieste dei genitori, bensì aveva opposto solo un ingiustificato silenzio.
Nello specifico il TAR osserva che il danno patito dalla famiglia è, appunto, derivato dall’ingiustificato ritardo con cui il Comune si è attivato al fine di garantire al disabile il funzionamento del servizio. Il risarcimento, dovuto ex art. 2 -bis della L. n. 241/1990 si è configurato “colpa d’apparato” del Comune.
Riguardo, invece, l’esistenza di un nesso di causalità tra il disservizio ed il danno dei famigliari, il Giudice ha riconosciuto un pregiudizio di natura morale e psicologica, cagionato al genitore di un figlio disabile, al quale venga negato un servizio assistenziale, previsto dalla legge, solo per ragioni burocratiche, dovendo provvedere la famiglia stessa a supplire il disservizio.
Da ultimo il TAR rigetta le richieste attore aventi ad oggetto la richiesta di risarcimento del danno esistenziale, posta la brevità e transitorietà del pregiudizio arrecato e insussistenza di alcuna prova circa il peggioramento del rendimento scolastico a causa delle ripetute assenze.
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Imprenditore evasore assolto dal Tribunale: la P.A non lo aveva pagato.
[:it]Per il Gip milanese se la PA non paga i propri debiti verso i fornitori, non può pretendere che questi vengano condannati per evasione.
Può considerarsi colpevole l’imprenditore che evade le tasse, se lo Stato non paga i propri debiti? A tale quesito ha risposto una recente sentenza del Tribunale di Milano, che si è trovato a decidere su un caso di forte interesse socio-economico. Nello specifico, l’amministratore delegato di una azienda milanese, la Sintea Plustek di Assago, aveva fornito a tre Asl e ad un ospedale della Campania dal 2005 prodotti per importo complessivo di un milione e 700mila euro. Ad ogni modo, tali forniture non venivano pagate dalla PA. Malgrado l’inadempimento da parte della PA, l’impresa risultava comunque debitrice nei confronti del fisco di ca. 180.000 € di iva per le fatture emesse. Per tale motivo veniva azionato un procedimento penale, nei confronti legale rappresentate della società, per evasione fiscale.
Il Gip di Milano, Claudio Castelli, ha deciso l’assoluzione dell’imputato posto che questi, come si legge nella motivazione della sentenza “è stato costretto a non pagare da un comportamento omissivo e dilatorio da parte di enti pubblici che avrebbero dovuto pagare.”
La sentenza in esame è di particolare interesse, posto che la Corte ha voluto tutelare non tanto il diritto del singolo imprenditore, ma di una (oramai ampia) categoria di aziende italiane ridotte spesso al collasso per colpa di inadempimenti statali. Si ricorda, da ultimo, un caso analogo che vedeva coinvolto il legale rappresentante della comunità di recupero per tossicodipendenti ‘Saman’. Nella fattispecie la comunità vantava, nel 2009, crediti nei confronti di Asl di due milioni e mezzo, e debiti nei confronti del fisco per un milione e 750 mila euro. Il Gip aveva a suo tempo assolto l’imputato posto che il mancato pagamento dell’erario era da considerarsi un “caso di forza maggiore”, non potendosi riscontrare alcun dolo da parte dell’amministratore.
Importante sottolineare, da ultimo, che le assoluzioni nei due processi penali, non prescindono dall’obbligo delle società di versare le imposte dovute, il cui ammontare era stato quantificato nel parallelo procedimento tributario.
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[:it]CGUE: volo cancellato? obbligo di prestare assistenza ai passeggeri.
[:it]La Corte di Giustizia, con la sentenza del 31 gennaio 2013 nella causa C-12/11, si esprime nuovamente sulla questione avente ad oggetto il risarcimento del danno causato da ritardi e disagi dei voli aerei.
Si ricorda, brevemente, che con la Sentenza del 23 ottobre 2012, n. 629/10, la Corte ha affermato che, in caso di sbarco del passeggero con ritardo di tre ore dopo l’orario previsto, si applicano i parametri di risarcimento del danno dettati dal Regolamento CE n. 261/2004, che prevede, per l’appunto, il diritto dei passeggeri di ricevere una compensazione forfettaria di importo compreso tra 250 e 600 euro, in caso di cancellazione del volo.
Nella sentenza del 23 ottobre, veniva inoltre specificato che il risarcimento non possa essere chiesto qualora il vettore aereo dimostri che il ritardo è stato causato da circostanze eccezionali, che non si sarebbero potute evitare anche se fossero state adottate tutte le misure del caso, ossia circostanze che sfuggono all’effettivo controllo del vettore aereo.
Con la Sentenza oggetto di esame la Corte di Giustizia specifica sul punto che, anche in caso di forza maggiore, le compagnie non sono esonerate dall’obbligo di prestare assistenza ai passeggeri rimasti a terra. Pertanto, anche se il volo è stato cancellato a causa di circostanze eccezionali quali la chiusura dello spazio aereo – nel caso di specie appunto l’eruzione del vulcano islandese Eyjafjallajökull – il vettore è comunque obbligato a prestare assistenza senza limitazioni di tempo o di denaro ai passeggeri, fornendo loro alloggio, pasti e bevande.
Peraltro, la Corte sottolinea che, quanlora il vettore aereo non ha adempiuto al suo obbligo di prestare assistenza al passeggero, quest’ultimo può ottenere, soltanto il rimborso delle somme che risultino necessarie, appropriate e ragionevoli.
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Tardiva contestazione disciplinare? Reintegro del lavoratore.
[:it]La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 1693 del 24.1.2013 ha affermato un principio di diritto piuttosto rilevante nell’ambito del diritto del lavoro. Nello specifico ha attestato che, in caso di licenziamento disciplinare per giusta causa, le infrazioni devono essere contestate dal datore di lavoro nell’immediatezzadella loro commissione.
La mancata contestazione è stata, dunque, considerata dalla Suprema Corte, come un “comportamento tollerato”. Si pensi, infatti, che il succitato articolo 7 dello statuto dei lavoratori prevede esplicitamente che: “il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa”.
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Concordato preventivo: i nuovi requisiti per l’ammissione alla procedura.
[:it]Il debitore può adesso limitarsi a depositare il ricorso contenente la mera domanda concorsuale, riservandosi il diritto di presentare la proposta, il piano di concordato e la documentazione necessaria successivamente al deposito.
Come è noto, il governo in data 7 agosto 2012 ha convertito in legge il cosiddetto “Decreto sviluppo”.
Diverse le novità introdotte, ma ad ogni modo con questo breve articolo, si andrà ad analizzare una singola modifica legislativa in ambito fallimentare che risulta essere di particolare interesse. Invero la riforma ha modificato i requisiti richiesti per l’ammissione alla procedura del concordato preventivo. Nello specifico, ora il debitore può limitarsi a depositare il ricorso contenente la mera domanda concorsuale, riservandosi il diritto di presentare la proposta, il piano di concordato e la documentazione necessaria successivamente al deposito del ricorso. Il termine per tale deposito è viene fissato dal giudice ed è compreso tra 60 e 120 gg. Si ricorda inoltre che detto termine ed è prorogabile, ma di non oltre 60 gg.
Circa gli effetti della presentazione del ricorso, si ricorda che a seguito della pubblicazione dello stesso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori non possono iniziare o proseguire esecuzioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore, sotto pena di nullità. Inoltre, qualora nei 90 giorni che precedono la pubblicazione del ricorso siano state iscritte ipoteche giudiziali, esse sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato. In pratica è sufficiente depositare presso il Tribunale competente una richiesta di ammissione alla procedura concordataria, al fine di produrre gli effetti ex art. 168 L.F., ossia il blocco azioni esecutive. Il piano industriale, invece, potrà essere presentato nei mesi successivi.
Tale riforma è stata posta in essere al fine di tutelare le imprese in crisi, data la situazione di difficoltà economica riscontrata da molte società. A seguito di questo nuovo dettato normativo sarà, quindi, superato l’utilizzo della tecnica impiegata dalle società concordatarie al fine di schermare il patrimonio del debitore, ossia quella di costituire sul patrimonio un vicolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c., a favore dei creditori del concordato, nel periodo necessario a predisporre il piano e a depositare il ricorso.
Si rileva, infine, che detta tecnica era stata ultimamente resa più incerta, soprattutto a seguito di un provvedimento del 13.3.2012 del Tribunale di Verona, con cui lo stesso ha dichiarato che “non può ritenersi fattibile il piano di concordato preventivo qualora il debitore, prima di depositare la domanda, abbia costituito sui propri beni immobili un vincolo di destinazione ai sensi dell’articolo 2645 ter c.c. allo scopo, dichiarato, di evitare che l’aggressione disordinata del patrimonio dell’impresa in crisi possa comportare una dispersione di valore in danno dei creditori ed impedire un’equa distribuzione degli effetti dell’insolvenza”.
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La competenza per i contratti stipulati su internet dal consumatore.
[:it]Cosa succede se si conclude un contratto su internet, attraverso un sito straniero e, a seguito della conclusione si rilevando delle problematiche relative al contratto stipulato?
A quale Giudice devo rivolgermi? Chi ha la competenza. Leggere di più
Le start-up innovative. Iscrizione entro il 17 febbraio 2013.
[:it]Ormai è ufficiale che dal dal 19.10.2012 con la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del decreto sviluppo bis, la sussistenza di incentivi alle start-up innovative, così come inseriti nel altrimenti noto come decreto crescita.
Si elencano brevemente i requisiti necessari per l’iscrizione, come elencati nel sito del registro imprese:
- società di capitali di diritto italiano le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate e in cui la maggioranza delle quote o azioni sono detenute da persone fisiche;
- non siano operative da più di 48 mesi;
- svolgano attività di impresa in italia;
- la produzione annua non oltrepassi i 5 milioni di euro;
- non vengano distribuiti gli utili;
- abbia ad oggetto l’innovazione tecnologica di prodotti e servizi innovativi ad alto valore tecnologico;
- non sia stata costituita da una fusione/scissione societaria o a seguito di cessione di un ramo d’azienda;
- investa nello sviluppo almeno il 20% del maggior valore fra costo e valore totale della produzione, oppure impieghi come dipendenti o collaboratori dottori o dottorandi di ricerca, oppure si titolare o depositaria di brevetti per industria e biotecnologie;
Circa le agevolazioni la legge 17 dicembre 2012 n.221 ha stabilito per, con l’intento di facilitarne l’iscrizione, una serie di esenzioni mirati a costituire e a iscrivere l’impresa nel registro delle imprese, agevolazioni fiscali, nonché deroghe al diritto societario e una disciplina specifica nei rapporti di lavoro nell’impresa.
Si ricordano:
- che la start-up è sollevata dal pagamento dell’imposta di bollo e dei diritti di segreteria dovuti per l’iscrizione nel registro delle imprese nonché dal pagamento del diritto annuale dovuto alle camere di commercio;
- ha la facoltà di assumere personale con contratti a tempo determinato della durata minima di 6 mesi e massima di 36, in questo lasso di tempo, i contratti potranno essere anche di breve durata e rinnovati varie volte. Allo scoccare dei 36 mesi, il contratto non potrà subire ulteriori rinnovi, se non l’ultimo di 12 mesi per portare così l’ammontare del contratto a 48 mesi. Trascorso questo periodo, il collaboratore potrà continuare a lavorare in start up solo con un contratto a tempo indeterminato;
- i collaboratori della start up possono essere retribuiti a mezzo di stock option, e i fornitori di servizi esterni attraverso il work for equity
- può beneficiare di un accesso prioritario alle agevolazioni per le assunzioni di personale altamente qualificato;
- sono stati poi attivati incentivi fiscali per investimenti in start up derivanti da aziende e privati per gli anni 2013, 2014 e 2015;
- da parte dell’Agenzia Ice ha disposto l’assistenza in ambito normativo, societario, fiscale, immobiliare, contrattualistico e creditizio, l’ospitalità a titolo gratuito alle principali fiere e manifestazioni internazionali, e l’attività destinata ad agevolare l’incontro delle start up innovative con investitori potenziali per le frasi di early stage capital e di capitale di espansione.
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Il distacco dalla rete. Un detachment quantificabile?
[:it]Se un cittadino rimane senza connessione, può richiedere il risarcimento del danno alla compagnia telefonica?
A questa domanda ha dato risposta il Giudice di Pace di Trieste con una recente sentenza (GdP Trieste 30/7/2012 n. 587).
La vicenda ha visto protagonista una famiglia rimasta senza collegamento ADSL per 4 mesi, la quale si è rivolta a Giudice di Pace al fine di richiedere il ristoro dei danni patiti. Il Giudice si è pronunciato sul punto affermando che “ormai da tempo la giurisprudenza è orientata nel ritenere che il distacco o il mancato allaccio della linea telefonica e internet costituiscano un danno patrimoniale e esistenziale per il titolare del contratto e della sua famiglia, danno considerato particolarmente grave in un'epoca in cui la comunicazione è fondamentale in ogni aspetto della vita quotidiani.”
Sulla base di questo ragionamento il Giudice ha, pertanto, liquidato il danno patrimoniale derivante dal mancato adempimento (avere lasciato la famiglia sconnessa per 4 mesi) esprimendosi sul punto: “tale inadempimento, pur non essendo precisamente quantificabile economicamente, sussistendo i presupposti di cui all, può essere valutato equitativamente in € 1.600,00.”
Il Giudice continua nella motivazione, riconoscendo anche il danno da “digital divide”, ossia un danno di natura esistenziale caratterizzato dall’esclusione del cittadino dalla rete. Il mancato accesso ai servizi di connettività genera, compromette la sfera relazionale, le attività realizzatrici e diverse abitudini di vita.
Sul punto il Giudice: “alquanto difficoltoso lo svolgimento delle quotidiane attività, difficoltà costituenti presupposto per concedere alla parte attrice il risarcimento del danno esistenziale subito a causa dell'inadempimento del gestore telefonico ....La valutazione del danno in mancanza di criteri oggettivi deve essere determinata equitativamente in € 800,00"
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Mamma, è in ritardo l'aereo!
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Cosa succede se l’aereo atterra con un notevole ritardo? Ha in qualche modo il passeggero diritto ad un risarcimento del danno?
A queste domande ha risposto recentemente la Corte di Giustizia europea la quale ha sancito, con la Sentenza del 23 ottobre 2012, n. 629/10, che in caso di sbarco del passeggero con ritardo di tre ore dopo l’orario previsto, questi ha diritto a richiedere la compensazione forfettaria prevista per la cancellazione del volo.
Si veda sul punto il Regolamento CE n. 261/2004 che prevede che, in caso di cancellazione del volo, i passeggeri possano ricevere una compensazione forfettaria di importo compreso tra 250 e 600 euro.
Il principio sopra sancito fa applicazione di quanto già stabilito nella sentenza Sturgeon del 19/11/2009, in cui i giudici di Lussemburgo hanno considerato che i passeggeri di voli ritardati possono essere assimilati ai passeggeri di voli cancellati per quanto riguarda il loro diritto ad una compensazione pecuniaria.
È chiaro che il risarcimento non possa essere chiesto qualora il vettore aereo dimostri che è stato causato da circostanze eccezionali che non si sarebbero potute evitare anche se fossero state adottate tutte le misure del caso, ossia circostanze che sfuggono all'effettivo controllo del vettore aereo.
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