Capire se, quando e con che limiti le condizioni generali di contratto si applichino al rapporto di vendita è lo scopo del presente articolo, con cui si cercherà di delineare le differenze che intercorrono tra la normativa civilistica e la disciplina della Convenzione di Vienna.

Nelle trattative commerciali è tutt’altro che infrequente che l’acquirente, mentre manifesta al venditore la propria volontà di accettare la proposta pervenutagli, includa nella sua dichiarazione condizioni aggiuntive o difformi rispetto a quella utilizzate dalla controparte.

Talvolta succede che l’acquirente si limiti ad accettare la proposta, allegando all’interno della comunicazione le proprie condizioni generali di acquisto talvolta le condizioni generali non sono neppure allegate alla conferma d’ordine, ma unicamente richiamate (ad esempio per mezzo di un link che rimanda ad una pagina del sito ove sono caricate). Succede ancora che entrambi i contraenti accludano le proprie “general terms and conditions” a tutta la documentazione che si scambiano nel corso delle trattative destinate ad una determinata vendita, se non addirittura nel corso del loro ben più ampio rapporto commerciale (all’interno di ordini d’acquisto, email, fatture, sito internet, bolle di consegna, ddt, etc.).

Capire se, quando e con che limiti le condizioni generali di contratto (CGC) si applichino al rapporto di vendita è lo scopo del presente articolo, con cui si cercherà (per quanto possibile) di delineare le differenze che intercorrono tra la normativa civilistica e la disciplina della Convenzione di Vienna (CISG).

Con il fine di dare all’articolo un approccio sistematico e sperando che ciò possa rendere più comprensibile una questione certamente tutt’altro che facile, si preferisce procedere per step, analizzando in primo luogo cosa succede se solamente uno dei contraenti ha richiamato le proprie CGC nella fase di conclusione del contratto, per poi passare alla situazione più complessa, relativa alla fattispecie per cui entrambe le parti hanno richiamato le loro CGC (c.d. “battle of the forms”).

1. Proposta ed accettazione: art. 1229 c.c. e art. 19 CISG.

Seppure la Convenzione di Vienna non contenga una norma che regolamenti espressamente le condizioni generali di contratto, posto che nella sua Parte II (art. 14-23) viene disciplinata in maniera esaustiva la disciplina della “formazione del contratto”, per comprendere a quali requisiti di forma sottostanno le CGC sarà necessario rifarsi alle norme ivi contenute.[1]

– Leggi anche: Proposta, accettazione e responsabilità precontrattuale. Convenzione di Vienna e codice civile a confronto.

In particolare, l’art. 19(1) della Convenzione, dispone che una risposta ad una proposta contrattuale tesa ad essere un’accettazione, ma che contiene aggiunte, limitazioni o altre modificazioni, è da considerarsi come un rifiuto della proposta stessa e vale perciò come controproposta.

Da una prima lettura di tale previsione, sembrerebbe che anche la CISG adotti il principio recepito dall’ordinamento civilistico di cui al quinto comma dell’art. 1326 c.c., in forza del quale “un’accettazione non conforme alla proposta equivale a nuova proposta”.

In realtà, il codice civile accoglie in maniera assai rigorosa la c.d. “mirrow image rule”, vale a dire la necessità di un rapporto di piena corrispondente tra il contenuto della proposta e dell’accettazione, ritenendo addirittura necessario che l’incontro e la fusione di proposta e accettazione debba investire non solo le clausole principali, ma anche quelle accessorie. Si legge in giurisprudenza:

In tema di accordo delle parti, l’ipotesi prevista dall’ultimo comma dell’articolo 1326 del c.c. ricorre anche quando le modifiche richieste in sede di accettazione sono di valore secondario; pertanto, nei contratti a formazione progressiva, nei quali l’accordo delle parti su tutte le clausole si raggiunge gradatamente, il momento di perfezionamento del negozio è di regola quello dell’accordo finale su tutti gli elementi principali e accessori, salvo che le parti abbiano inteso vincolarsi negli accordi raggiunti sui singoli punti riservando la disciplina degli elementi secondari.”[2]

La CISG, invece, conosce una deroga alla “mirrow image rule, contenuta nell’art. 19(2). In particolare, la risposta a un’offerta ricevuta, che abbia un contenuto differente, ma non a punto tale da alterarne sostanzialmente i termini (c.d. immaterial modifications), costituisce un’accettazione dell’offerta, a meno che il proponente, senza ingiustificato ritardo, contesti tali discrepanze o oralmente o mediante la notifica alla controparte di un avviso in tal senso.

Ma cosa sono le immaterial modifications introdotte dall’art. 19(2)?

La giurisprudenza internazionale ha considerato non sostanziali, ad esempio, una modifica dell’accettante favorevole al proponente[3] o per questi irrilevante[4], una modifica relativa alla clausola sulle modalità di imballaggio[5], una modifica della clausola sul termine di denuncia dei vizi[6], un avviso che il prezzo avrebbe potuto subire fluttuazione legate alle variazioni dei prezzi di mercato[7].

Il terzo comma del succitato art. 19 viene in soccorso all’interprete, indicando le variazioni che invece sono sostanziali e che quindi, se apportate nella risposta, trasformano la stessa in rifiuto della proposta, così da renderla necessariamente una controproposta. Queste sono le modifiche:

al prezzo, al pagamento, alla qualità e quantità delle merci, al luogo e momento della consegna, ai limiti della responsabilità di una parte riguardo all’altra o al regolamento delle controversie.”

Verosimilmente, la scelta di avere adottato una “mirrow image rule” non rigida, è dettata dall’esigenza di evitare che una delle parti, la quale, in presenza di mutate circostanze di fatto, intenda sottrarsi agli obblighi contrattualmente assunti, possa raggiungere questo risultato facendo rilevare una difformità non sostanziale tra proposta ed accettazione e, quindi, la mancata conclusione del contratto.[8]

Pertanto, in ogni ipotesi in cui le condizioni generali dell’aderente comportino delle modifiche non sostanziali, il contratto, in mancanza di un’opposizione da parte del proponente, deve ritenersi concluso e sarà regolato dalle clausole contenute nel formulario dell’accettante (si ricorda nuovamente, che al momento si sta analizzando unicamente l’ipotesi in cui sia solo l’aderente ad avere richiamato le CGC e non entrambe le parti).

2. Quando si applicano le CGC al contratto: codice civile e CISG a confronto.

Portando avanti il ragionamento, nel caso in cui le CGC dell’aderente contengano modifiche rilevanti rispetto alla proposta, l’applicazione della disciplina civilistica, rispetto a quella della Convenzione di Vienna ha degli evidenti impatti pratici.

Infatti, qualora al rapporto si applichi solamente la disciplina civilistica, la problematica sarà (principalmente) risolta utilizzando gli strumenti forniti dall’art. 1341 c.c., che prevede, in grandissima sintesi, (comma 1) che le CGC sono efficaci nei confronti del soggetto che le ha ricevute, se erano da questi conosciute o conoscibili utilizzando l’ordinaria diligenza al momento della conclusione del contratto, ad esclusione (comma 2) delle clausole “vessatorie” la cui validità è comunque subordinata a specifica accettazione scritta da parte del ricevente.

Circa le clausole non “vessatorie”, i limiti di applicabilità delle CGC imposti dall’ordinamento, sono essenzialmente due:

  • il riferimento al momento della conclusione del contratto, volto ad escludere l’efficacia di condizioni generali che l’aderente abbia avuto la possibilità di conoscere in un tempo successivo alla perfezione del contratto (ad esempio un testo inserito in fattura[9]);
  • quanto al criterio di ordinaria diligenza, questo deve riportarsi ad un concetto di normalità, che deve essere calibrato in base al tipo di operazione economica, dovendosi comunque escludere che all’aderente possa richiedersi un particolare sforzo o competenza per conoscere le condizioni generali usate dal predisponente.[10]

– Leggi anche: Condizioni generali di contratto nelle vendite online nazionali ed internazionali. Quando sono valide?

Qualora al rapporto si applichi la Convenzione di Vienna, verranno in soccorso, oltre al già menzionato art. 19, gli artt. 14, 18 che disciplinano la “formazione del contratto”, così come gli artt. 7 e 8, che regolamentano invece i criteri interpretativi.

Invero, secondo buona parte della dottrina[11] e della giurisprudenza[12], in caso di applicazione della CISG al rapporto, le norme qui sopra richiamate sono le uniche che debbano essere adottate per comprendere a quali requisiti di forma le CGC devono sottostare, con conseguente inapplicabilità della disciplina di cui all’art. 1341 c.c.

– Leggi anche: Condizioni generali di contratto, 1341 c.c. e convenzione di Vienna.

Come già analizzato in un precedente articolo, l’art. 14 dispone che una proposta rivolta ad uno o più soggetti, per potere essere tale, deve essere sufficientemente precisa (sufficiently definite) e indicare la volontà del suo autore di essere vincolato.

Nell’adottare tale principio alle condizioni genarli di vendita, la Corte di Cassazione tedesca ha affermato che in fase di formazione del contratto deve risultare:

  • manifesta l’intenzione dell’offerente di incorporare le CGC all’interno dell’offerta;
  • il testo deve essere stato trasmesso o, comunque, reso reperibile allo stesso prima della conclusione del contratto.[13]

L’effettiva “reperibilità” delle CGC, deve essere vagliata di volta in volta bilateralmente, nel senso che incombe anche sul ricevente, nella fase delle trattative, un obbligo di accertare e comprendere se al rapporto siano o meno applicabili le condizioni generali di vendita, utilizzando la diligenza della “reasonable person”, impostagli dall’art. ex art. 8(2).[14]

Sembrerebbe, quindi, che la Convenzione imponga un maggior grado di diligenza all’imprenditore nell’accertare e verificare da quali termini contrattuali il rapporto è regolamentato; questo è certamente in linea con lo spirito della Convenzione, pensata a disciplinare rapporti internazionali di vendita tra operatori del settore a cui è richiesta, necessariamente, un livello di competenza adeguato all’attività da loro prestata.

Parimenti alla normativa civilistica, essenziale è il momento in cui le CGC vengono messe a conoscenza del ricevente, motivo per cui la giurisprudenza ha considerato non potere fare parte del contratto delle CGC che siano state sottoposte al destinatario, una volta che il rapporto era stato già concluso, ossia tramite un richiamo delle stessa da ultimo all’interno della fattura di vendita.[15]

3. Accettazione implicita per fatti concludenti.

Una volta appurato che le condizioni erano conosciute o conoscibili al ricevente, essendo la Convenzione connotata dal principio della libertà di forma (e di prova) ex art. 11, in mancanza di accettazione espressa, bisognerà comprendere se le stesse siano state accettate implicitamente, in conformità al combinato disposto dell’art. 18 (accettazione della proposta) e dell’art 8.

Infatti, l’art 18(1) dispone in primo luogo che “una dichiarazione o altro comportamento del destinatario che indicano il consenso ad un’offerta costituiscono un’accettazione.” Inoltre, l’art. 18(3), indica che “il destinatario dell’offerta può indicare che acconsente, compiendo un atto attinente, ad esempio, la spedizione dei beni o al pagamento del prezzo.

Sul punto, ha disposto una corte statunitense, che:

in base alla CISG, l’accettazione non richiede una firma o una accettazione formale dell’offerta. […] Dall’istruttoria è emerso che al tempo STS aveva inviato i prezzi di vendita a Centrisys, includendo in allegato alla comunicazione le condizioni generali. Adottando il preventivo di vendita, Centrisys ha accettato la proposta contrattuale di vendita della centrifuga, compreso le condizioni generali di vendita.”[16]

Si desume, quindi, che se le CGC erano conosciute o conoscibili (utilizzando la diligenza del reasonable man di cui all’art. 8) da parte del ricevente e sono state da questi accettate per fatti concludenti, le stesse formeranno parte del contratto, a meno che le parti concordemente, ovvero gli usi e consuetudini applicabili al rapporto non subordinino la loro validità ad una forma poi non rispettata dalle parti.

– Leggi anche: Compravendita internazionale e l’importanza degli usi e delle consuetudini: Convenzione di Vienna e codice civile a confronto.

4. Lingua della CGC.

Una brevissima digressione in tema di obblighi di diligenza del soggetto ricevente, si riscontrano degli orientamenti divergenti in merito alla validità di condizioni generali scritte in una lingua non conosciuta al ricevente; parte della giurisprudenza, infatti, ritiene che le CGC scritte in una lingua straniera siano comunque valide, proprio in forza degli obblighi di cui all’art. 8(2), dovendosi ritenere che un imprenditore o comunque un operatore internazionale, prima di firmare un contratto, sia tenuto a verificare quanto stia sottoscrivendo anche (banalmente) facendo fare una semplice traduzione.[17]

5. Battle of the forms: knock-out e last shot rules.

Al momento si è analizzato lo scenario per cui solamente una delle due parti ha inviato le proprie condizioni generali di vendita.

Cosa succede, invece, se un contraente spedisce una proposta alla controparte, allegando le proprie CGC e l’altro contraente risponda, seppure accettando la proposta, allegando le proprie CGC difformi da quelle ricevute e poi entrambi inizino l’esecuzione del contratto?

Tenuto conto che le parti hanno dato esecuzione al contratto, si pone la necessità di comprendere da quali clausole standard il rapporto è regolato e per fare ciò vengono utilizzati due approcci principali: la last shot rule e del knock-out rule.

Quale fautore della last shot rule”, si ritiene adeguato richiamare la più autorevole dottrina:

se le condizioni generali dell’accettante alterano sostanzialmente i termini della proposta, il contratto non può considerarsi concluso, nemmeno escludendo le condizioni generali confliggenti, come invece vorrebbe parte della dottrina e della giurisprudenza le quali privilegiano la c.d. “Rechtsgültigkeitslösungo “knock-out rule”. A nostro avviso, se viene data esecuzione al contratto, ciò deve considerarsi quale accettazione per atti concludenti da parte dell’(originario) proponente della controproposta dell’accettante – della quale fanno parte anche le condizioni generali che modificano in modo sostanziale la proposta originaria; in dottrina si è parlato in proposto di vigenza della c.d. “last shot rule”[18]

In base alla differente teoria della “knock-out rule”, nel caso in cui le parti si siano scambiate formulari contrastanti, l’intervenuta esecuzione del contratto sarebbe da interpretare come la volontà dei contraenti, non tanto di non avere raggiunto alcuna intesa (altrimenti non si spiegherebbe, appunto, l’esecuzione dello stesso), quanto piuttosto di avere raggiunto un consenso a prescindere dalle clausole contrastanti, clausole che dovranno essere invece espunte dal contratto.

La Corte federale tedesca ha sposato tale teoria, giustificandola in base ai criteri della buona fede e della correttezza (art. 7(1) CISG), affermando che le clausole contenute all’interno delle condizioni generali di contratto diventano parte dell’accordo (solamente) se non contrastanti tra di loro.[19]

Sicuramente, tale teoria ha dei risvolti tutt’altro che di facile esecuzione e di difficile applicazione pratica, se si pensa al fatto che dovrà essere demandato al giudice il compito ricostruire l’effettiva volontà delle parti ex art. 8, andando a cancellare le clausole sulle quali non vi sia stato un effettivo incontro della volontà tra i contraenti.


[1] Bortolotti F. ‘‘Manuale di diritto commerciale internazionale’’ vol. II L.E.G.O. Spa, 2010; Ferrari F. ‘‘Condizioni generali di contratto nei contratti di vendita internazionale di beni mobili’’ in Obb. e Contr., 2007, 4, 308; Bonell M.J. «Le condizioni generali in uso nel commercio internazionale e la loro valutazione sul piano transnazionale» in «Le condizioni generali di contratto» a cura di Bianca M., Milano, 1981); Larry A. DiMatteo, International sales law. A global Challenge, Cambridge, 2014.

[2] Cass. Civ. 2003, n. 16016.

[3] Oberster Gerichtshof, Austria, 20.3.1997.

[4] China Internationale Economic & Trade Arbitration Commissione, 10.6.2002.

[5] Oberlandesgericht Hamm, Germania, 22.9.1997.

[6] Landgericht Baden-Baden Germania, 14.8.1991.

[7] Cour d’Appel de Paris, Francia, 22.4.1992.

[8] Bellelli, sub. art. 19, Convenzione di Vienna sui contratti di vendita internazionale di beni mobili, commentario coordinato da Bianca, CEDAM, 1992.

[9] Cass. Civ. 1962, 2890.

[10] Bianca, Diritto Civile, Il contratto, 1987.

[11] Bortolotti F. ‘‘Manuale di diritto commerciale internazionale’’ vol. II L.E.G.O. Spa, 2010; Ferrari F. ‘‘Condizioni generali di contratto nei contratti di vendita internazionale di beni mobili’’ in Obb. e Contr., 2007, 4, 308; Bonell M.J. «Le condizioni generali in uso nel commercio internazionale e la loro valutazione sul piano transnazionale» in «Le condizioni generali di contratto» a cura di Bianca M., Milano, 1981).

[12] Trib. Rovereto 24.8.2006; Cass. Civ. 16.5.2007, n. 11226.

[13] Bundesgerichtshof, Germania, 31.10.2001; sul punto anche Zeller, The CISG and the Battle of the Forms, in Di Matteo, op. cit.

[14] Zeller, The CISG and the Battle of the Forms, in Di Matteo, op. cit.

[15] Chateau des Charmes Wines Ltd. v. Sabaté USA, Sabaté S.A.

[16] Golden Valley Grape Juice and Wine, LLC v- Centrisys Corporation, 22.10.2011.

[17] MCC.Marble Ceramic Center v. Ceramica Nuova D’Agostino; in senso contrario, Oberlandesgericht Celle, Germania, 2.9.1998.

[18] Ferrari, sub art. 19, Vendita internazionale di beni mobili, op. cit. in Mastromatteo, La Vendita internazionale, Giappichelli, 2013.

[19] Bundesgerichtshof, Germania, 9.1.2002.