[:it]Negli ultimi anni, il sito internet non è più una semplice vetrina usata dalle società per dare delle generiche informazioni e indicazioni sulle attività di un’impresa, bensì un mezzo e uno strumento di lavoro e promozione.

Prima di affrontare la tipologia contrattuale di “creazione di sito web”, ritengo necessario andare ad analizzare molto brevemente quella che è la base di tutto questo rapporto contrattuale, il terreno su cui i web designer, di fatto svolgono la propria attività: il contratto di hosting web. Come per costruire un’immobile è necessario del terreno, allo stesso modo, per pubblicare un sito è necessario acquisire dello spazio web. Alla base di tutto questo vi si pone quindi il cosiddetto contratto di “hosting web”, che si potrebbe  definire come il contratto  mediante il quale un soggetto acquisisce dello spazio su uno o più server di titolarità di un hosting provider, dietro pagamento di un corrispettivo.

Il contratto di hosting web, rientra nella categoria dei contratti atipici, ossia di quei contratti che non sono regolati e disciplinati direttamente dal codice civile e consiste in definitiva in una prestazioni di servizi. L’hosting provider, più specificatamente, mette  a disposizione di un altro soggetto dello spazio su uno o più computer per ospitare pagine web.

Uno degli elementi giuridicamente più rilevanti in questa tipologia contrattuale, riguarda sicuramente la responsabilità del provider per i dati che vengono salvati sui propri server dai gestori dei siti con cui ha stipulato un contratto di hosting.

Tale profilo è regolato dall’art. 16 d.l. 70/2003 (decreto legislativo con cui il legislatore italiano ha recepito la direttiva comunitaria 2000/31 CE). Ai sensi di tale articolo:

nella prestazione di un servizio della società dell’informazione consistente nella memorizzazione di informazioni fornite da un destinatario del servizio, il prestatore non è responsabile delle informazioni memorizzate a richiesta di un destinatario del servizio, a condizione che detto prestatore:

a)    non sia effettivamente a conoscenza del fatto che l’attività o l’informazione è illecita e, per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di circostanze che rendono manifesta l’illiceità dell’attività o dell’informazione;

b)    non appena a conoscenza di tali fatti, su comunicazione delle autorità competenti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l’accesso.

L’art. 17 del d.l. prevede inoltre, che

il prestatore non è assoggettato ad un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmette o memorizza, ne ad un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino fa presenza di attività illecite.

A tal proposito si ricorda, una importante sentenza del Tribunale di Roma del 2009, con la quale la Corte ha cercato di chiarire e precisare la portata di suddetti disposti normativi, affermando che “sebbene l’internet provider non sia assoggettato ad un generale obbligo di sorveglianza sui contenuti memorizzati, in quanto ciò si risolverebbe in una inaccettabile responsabilità oggettiva, egli è tuttavia soggetto a responsabilità quando non si limiti a fornire accesso alla rete, ma eroghi servizi aggiuntivi (caching, hosting ) e/o predisponga un controllo delle informazioni e, soprattutto, quando, consapevole della presenza di materiale sospetto, si astenga dall’accertare la illiceità e dal rimuoverlo o se, consapevole dell’antigiuridicità, ometta di intervenire”.[1]

Il Tribunale, pertanto, posto che non sussiste in capo al provider un obbligo generale di sorveglianza, ha ritenuto necessario perché possa configurarsi una responsabilità civilistica in capo allo stesso, la conoscenza e conoscibilità da parte del provider di informazioni illecite ovvero di fatti e circostanze che rendono manifesta detta illiceità e la mancata rimozioni di dette informazioni non appena a conoscenza di tali fatti e su comunicazione delle autorità competenti. [2]

Il Tribunale con tale sentenza, riprende il concetto di responsabilità oggettiva in base al quale un soggetto può essere responsabile di un illecito, anche se questo non deriva direttamente da un suo comportamento e non è riconducibile a dolo o colpa del soggetto stesso. Tale situazione va a derogare il principio generale della responsabilità, in base al quale è necessario un preciso nesso di causalità tra il comportamento dell’individuo e l’illecito stesso.

Il presente articolo, ad ogni modo, deve considerarsi come un semplice e puro spunto di una tematica molto complessa, dettagliata e in continua evoluzione. Una specie di piccola spiegazione su quelli che sono i rapporti giuridici tra nuove tipologie di soggetti. Interessante, comunque, vedere come, seppure gli strumenti all’interno della società evolvono, le categorie e gli istituti giuridici del codice civile, rimangono sempre unica e vera base per disciplinare i rapporti commerciali e sociali.


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