Quando si tratta la tematica delle modifiche unilaterali del contratto, è necessario ricordare l’esistenza di un principio fondamentale di diritto, ossia il “consenso delle parti” (di cui agli artt. 1325 e 1372 c.c.). Sulla base di tale principio, l’accordo delle parti è necessario per la valida modifica di preesistenti pattuizioni contrattuali (sul punto cfr. anche Il potere del preponente di modificare il portafoglio clienti del proprio agente). La Cassazione, proprio vertendo su tale fondamento di diritto, ha considerato nulla e priva di efficacia proprio una clausola inserita in un contratto di agenzia, che consentiva al preponente di modificare a suo piacimento le aliquote provigionali. (Cass. Civ. 1997 n. 11003).
Ciò premesso e sulla base della giurisprudenza qui sopra citata, si può ragionevolmente ritenere che una clausola che conferisce il potere potestativo di modificare unilateralmente le clausole contrattuali, debba tendenzialmente considerarsi nulla, inefficace, o quantomeno debba essere interpretata in coerenza con quelli che sono i principi dettati dall’AEC, qualora applicabili al rapporto.
Si tenga comunque presente che la giurisprudenza, pur senza affrontare direttamente la questione, tende a dare per scontata la nullità della clausola del contratto difforme dall’AEC e la sua sostituzione con la disposizione di quest’ultimo, (Cass. Civ. 2000 n. 8133; Cass. Civ. 2004 n. 10774) facendo in particolare riferimento all’art. 2077 c.c.
L’art. 2 degli AEC settore commercio 2009, regola quelli che sono i poteri del preponente di modificare unilateralmente, quindi senza la necessità di una espressa approvazione da parte dell’agente, le provvigioni e i prodotti promossi dall’agente stesso. Tale norma dispone che, salvo diverso accordo tra le parti, tali variazioni possono essere:
“di lieve entità, intendendosi per lieve entità le riduzioni che incidano fino al 5% delle provvigioni di competenza dell’agente o rappresentante nell’anno civile (1° gennaio – 31 dicembre) precedente la variazione, ovvero nei dodici mesi antecedenti la variazione, qualora l’anno precedente non sia stato lavorato per intero;
di media entità, intendendo per media entità le riduzioni che incidano oltre il 5% e fino al 15% delle provvigioni di competenza dell’agente o rappresentante nell’anno civile (1° gennaio – 31 dicembre) precedente la variazione, ovvero nei dodici mesi antecedenti la variazione, qualora l’anno precedente non sia stato lavorato per intero;
di rilevante entità, intendendo per rilevante entità le riduzioni superiori al 15% delle provvigioni di competenza dell’agente o rappresentante nell’anno civile (1° gennaio – 31 dicembre) precedente la variazione, ovvero nei dodici mesi antecedenti la variazione, qualora l’anno precedente non sia stato lavorato per intero.”
La norma prevede inoltre che:
“Le variazioni di lieve entità possono essere realizzate previa comunicazione scritta all’agente o al rappresentante da darsi senza preavviso. Dette variazioni saranno efficaci sin dal momento della ricezione della comunicazione scritta della ditta mandante da parte dell’agente o del rappresentante.
Le variazioni di media e rilevante entità possono essere realizzate previa comunicazione scritta all’agente o al rappresentante da darsi, nel caso delle variazioni di media entità, almeno due mesi prima, salvo accordo scritto tra le parti per una diversa decorrenza. Nel caso di variazioni di rilevante entità il preavviso scritto non potrà essere inferiore a quello previsto per la risoluzione del rapporto, salvo accordo scritto tra le parti per una diversa decorrenza. Qualora l’agente o rappresentante comunichi, entro il termine perentorio di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione, di non accettare le variazioni di media o rilevante entità, la comunicazione del preponente costituirà preavviso per la cessazione del rapporto di agenzia o rappresentanza, ad iniziativa della casa mandante.”
“L’insieme delle variazioni di lieve entità apportate in un periodo di 18 mesi antecedenti l’ultima variazione, sarà da considerarsi come unica variazione, per l’applicazione del presente articolo 2, sia ai fini della richiesta del preavviso, sia ai fini della possibilità di intendere il rapporto cessato ad iniziativa della casa mandante. Per gli agenti e rappresentanti che operano in forma di monomandatari sarà da considerarsi come unica variazione l’insieme delle variazioni di lieve entità apportate in un periodo di 24 mesi antecedenti l’ultima variazione.”
Dalla lettura di tale articolo, si evince, quindi, che:
- da un lato al preponente è conferito un diritto potestativo di apportare delle variazioni che comportano la diminuzione dei prodotti promossi e delle provvigioni del proprio agente;
- dall’altro lato l’agente, per le variazioni di media e rilevante entità, ha la facoltà di comunicare il proprio rifiuto entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione, così trasformandola in comunicazione di preavviso per la cessazione del rapporto ad iniziativa della casa mandante.
La norma sopra esaminata regola solamente le variazioni del contratto da parte del preponente, volte a diminuire l’ammontare delle provvigioni e della zona (prodotti, clientela, territorio).
Posto che l’art. 1752 c.c. prevede che il contratto di agenzia debba essere provato per iscritto, ne consegue che anche le modifiche sono valide solamente se rispettano tale requisito. Importante sottolineare che l’ordinamento non richiede la forma scritta “ad substantiam”, bensì “ad probationem”: questo implica che non è necessario che la modifica, perché abbia efficacia tra le parti, debba essere concordata espressamente per iscritto, ma è sufficiente che l’accordo su tale modifica si possa evincere anche solo da un comportamento tacito delle parti e che di tale comportamento vi sia traccia scritta.