L’art. 1749 c.c. conferisce all’agente il diritto di visionare la documentazione contabile del preponente. Tale norma si prefigge il compito di rendere il più possibile equilibrato il rapporto tra l’agente e il preponente, soprattutto nel caso in cui lo stesso agente non ha poteri di rappresentanza e non è quindi in grado di verificare direttamente quali affari sono stati conclusi dal preponente.
Nello specifico, il secondo comma dell’art. 1749 c.c.,[1] dispone che:
“il preponente consegna all’agente un estratto conto delle provvigioni dovute al più tardi l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre nel corso del quale esse sono maturate.”
Il terzo comma dell’art. 1749 c.c. recita che:
“L’agente ha diritto di esigere che gli siano fornite tutte le informazioni necessarie per verificare l’importo delle provvigioni liquidate e in particolare un estratto dei libri contabili.”
Tale articolo si fonda essenzialmente sul principio di carattere generale, in base al quale il preponente deve agire con lealtà e buona fede nei confronto dell’agente, imponendo da un lato al preponente stesso l’obbligo di mettere a disposizione dell’agente, almeno con cadenza trimestrale, un estratto conto delle provvigioni dovute, quanto più analitico possibile e, dall’altro lato, l’agente deve avere la possibilità di verificare che le provvigioni liquidate siano state calcolate correttamente.
L’importanza di tale norma viene sottolineata dal quarto comma dello stesso articolo, che sancisce l’inderogabilità, anche parziale, degli obblighi ivi indicati:
“è nullo ogni patto contrario alle disposizioni del presente articolo.”
Il principale strumento processuale utilizzato dall’agente per fare valere tale diritto è rappresentato dall’art. 210 c.p.c. Tale norma stabilisce che il Giudice istruttore, su istanza di parte, può ordinare all’altra parte o a un terzo di “esibire in giudizio un documento o altra cosa di cui ritenga necessaria l’acquisizione al processo”.
L’applicazione pratica di tale norma non è sempre di facile soluzione (anzi…) e la giurisprudenza italiana si è spesso trovata a risolvere numerose problematiche ad esso correlate.
In primo luogo, è importante sottolineare che, per il nostro Ordinamento, lo strumento istruttorio di cui 210 c.p.c. ha natura residuale e può essere utilizzato solo se la prova del fatto non è acquisibile da parte istante e se l’iniziativa non ha finalità meramente esplorative;[2] l’accoglimento di tale istanza è rimessa al potere discrezionale del Giudice, il quale la potrà ammettere solamente se consta che
“la prova del fatto che si intende dimostrare non sia acquisibile aliunde, non potendo avere l’iniziativa finalità meramente esplorative o sostitutive dell’onere probatorio posto a carico della parte.”[3]
Ne consegue che l’agente, sul quale grava l’onere di provare l’avvenuta conclusione degli affari, non può utilizzare tale strumento per supplire al mancato assolvimento di un suo gravame probatorio e dovrà provare che la mancata allegazione di elementi probatori non sia a lui imputabile, nonché indicare in maniera specifica i documenti di cui chiede un estratto (che devono essere direttamente o indirettamente individuabili), posto che una richiesta troppo generica, sarebbe di fatto esplorativa e, quindi, inammissibile.
Secondo una recente sentenza della Corte di Cassazione,
“l’agente è titolare di un vero e proprio diritto all’accesso ai libri contabili in possesso del preponente, che siano utili e necessari per la liquidazione delle provvigioni e per una gestione trasparente del rapporto secondo i principi di buona fede e correttezza. Di conseguenza, il preponente, ove richiesto (anche giudizialmente), ha un vero e proprio obbligo di fornire la documentazione e le informazioni richieste dall’agente al fine di consentire l’esatta ricostruzione del rapporto di agenzia.”[4]
La sentenza continua:
“incombe comunque sull’agente che agisce al fine di ottenere l’esibizione documentale dedurre e dimostrare l’esistenza dell’interesse ad agire, con circostanziato riferimento alle vicende rilevanti del rapporto (tra cui, in primis, l’invio o meno degli estratti conto provvigionali ed il loro contenuto) e l’indicazione dei diritti, determinati o determinabili, al cui accertamento è finalizzata l’istanza.”
Seguendo tale principio, un’istanza con cui si chiede che venga genericamente ingiunto alla preponente di esibire gli estratti contabili di tutti i clienti che l’agente ha fornito (ad es. senza indicarne i nominativi), ovvero dei clienti che il preponente ha fornito direttamente nel territorio contrattuale (e sui cui ordini andati a buon fine, l’agente avrebbe percepito le provvigioni indirette), sarebbe verosimilmente ritenuta inammissibile, in quanto troppo generica e, quindi, esplorativa.
Qualora il Giudice riconosca che sussistono i requisiti sopra indicati, potrà emettere l’ordinanza di esibizione di tali estratti, con cui, in pratica (almeno per quanto è mia esperienza personale…) la preponente viene intimata ad esibire i mastrini provvigionali / le schede contabili, relative ai clienti per i quali l’agente ha promosso istanza ex art. 210 c.p.c.
In buona sostanza, i documenti sui quali sussiste il diritto di accesso dell’agente saranno:[5]
- le fatture di vendita rilasciate alla clientela;
- la copia dei libri iva, le bolle di consegna della merce;
- le ricevute di versamento ENASARCO e comunque tutti quei documenti necessari per la verifica del singolo affare;
- nonché gli estratti conto provvigionali, il tutto ovviamente riferito alla zona e al periodo nei quali l’agente ha svolto il proprio incarico.
Il Giudice, ottenuta la documentazione, può quindi disporre CTU tecnico contabile, volta a verificare gli ordini ricevuti dalla preponente e conteggiare il pagamento delle provvigioni.
Da un punto di vista pratico, bisogna altresì fare presente che spesso ciò può comportare dei problemi pratici assai rilevanti, derivanti dal fatto che dalla documentazione esibita, ed elaborata da parte del perito, spesso emerge un copiosissimo numero di informazioni prima sconosciute (almeno ad una) delle parti e che tali informazioni possono dare adito ad “una causa, nella causa.”
Da ultimo, si fa presente che l’art. 210 c.p.c. non è l’unico strumento in mano all’agente, il quale, secondo la giurisprudenza maggioritaria, ha comunque il diritto a richiedere l’estratto conto provvigionale ex art. 1749 c.c, anche autonomamente in via monitoria.[6]
Come si può comprendere, tale tematica è di assoluta rilevanza, posto che dall’art. 1749 c.c. derivano in capo all’agente diritti fondamentali che gli permettono, in definitiva, di provare il proprio diritto al pagamento delle provvigioni.
[1] Articolo che ha recepito con d.lgs 1999 n. 64, l’art. 12, co. 2 della direttiva 86/653/CEE, che ha appunto conferito all’agente il diritto “di esigere che gli siano fornite tutte le informazioni, in particolare un estratto dei libri contabili, a disposizione del preponente, necessarie per verificare l’importo delle provvigioni che gli sono dovute.”
[2] Cfr. Cass. Civ. 2011 n. 14968
[3] Cass. Civ. 2011, n. 26151.
[4] Cass. Civ. Sez. lavoro, n. 19319 del 2016.
[5] Cfr. Buffa, Bortolotti & Mathis, Contratti di Distribuzione, Wolters Kluver, 2016.
[6] Cass. Civ. 2010, n. 20707.