Nella prassi è assai frequente che le parti sottopongano il contratto di agenzia ad un cosiddetto “patto di prova”; il fine perseguito da tale accordo è quello di tutelare un interesse comune ad entrambe le parti, ossia quello di accertare il rapporto di collaborazione, tramite una concreta sperimentazione.

Con la stipulazione di detto patto, viene conferita alle parti la facoltà, durante il periodo di prova, di recedere dal contratto senza osservare alcun termine di preavviso e senza la necessità di alcuna motivazione.

Il periodo di prova dovrebbe dunque essere inteso, come una sorta di fase preliminare del contratto nella quale, le parti, intendono sperimentare reciprocamente il rapporto di collaborazione, che assumerebbe un carattere di stabilità solo una volta trascorso positivamente detto periodo.[1]

Seppure tale istituto non sia espressamente disciplinato nel nostro ordinamento,[2] in linea di principio, il periodo di prova, deve ritenersi ammissibile nel contratto di agenzia, indipendentemente dal fatto che lo stesso sia stato stipulato a tempo determinato, ovvero a tempo indeterminato.[3]

Posto che tale patto risponde all’esigenza delle parti di verificare la reciproca convenienza a dare stabilità al contratto, secondo parte della dottrina,[4] nel corso del periodo di prova, le parti possono recedere immediatamente, senza la necessità di dovere dare alcun periodo di preavviso. Tale posizione, è stata altresì confermata da un orientamento giurisprudenziale meno recente, che ha sostenuto, non solo la legittimità del periodo di prova, ma, altresì, il conferimento ad entrambe le parti la facoltà di recedere nel periodo di prova con effetto immediato, senza giusta causa.[5]

Quanto alla durata del patto, la stessa deve essere limitata “al tempo necessario e sufficiente per compiere la valutazione”.[6] Per declinare tale principio in termini pratici, bisogna considerare di volta in volta il singolo rapporto, tenendo conto, ovviamente, del settore in cui le parti operano, la tipologia di prodotti che vengono promossi e utilizzando come metro valutativo quello della buona fede; ad ogni modo, per dare un riferimento temporale indicativo, si può ritenere ragionevole un patto di prova che abbia una durata che varia tra i due e i sei mesi.[7]

Con riferimento al diritto dell’agente a ottenere un’indennità di fine rapporto in caso di scioglimento del rapporto, per fatto non imputabile all’agente, la giurisprudenza maggioritaria italiana, ha ritenuto negli ultimi decenni che:

qualora il preponente receda dal contratto di agenzia durante il periodo di prova non spetta all’agente l’indennità di scioglimento del contratto ex art. 1751 c.c.

Ad ogni modo, su tale questione, recentemente si è pronunciata la Corte di Giustizia Europea con sentenza del 19.4.2018, con la quale, i Giudici del Lussemburgo, si sono trovati a decidere una controversia, rimessa pregiudizialmente dalla Cour de Cassation francese, vertente su un interpretazione autentica della direttiva 86/653/CEE in tema di agenti di commercio; nello specifico è stato richiesto se la direttiva conferisca o meno alle parti la facoltà di escludere il diritto dell’agente all’indennità in caso di risoluzione del contratto, nel corso del periodo di prova contrattualmente pattuito.

La vertenza era sorta, originariamente, tra un agente e un preponente, entrambi operanti in Francia nel settore della vendita immobiliare, i quali avevano inserito all’interno di un contratto di agenzia, un periodo di prova di dodici mesi; durante detto periodo, l’agente si era altresì obbligato a concludere la vendita di venticinque abitazioni.

A seguito di circa cinque mesi di rapporto, posto che l’agente era riuscito a concludere unicamente un contratto di vendita, la preponente è receduta dal rapporto con effetto immediato, fiduciosa del fatto che, essendo il rapporto ancora nella fase “sperimentale”, non fosse dovuto all’agente alcun preavviso, né tantomeno alcuna indennità.

Di diversa opinione era, invece, l’agente, il quale ha contestato la risoluzione senza giusta causa, ritenendo che, seppure il rapporto fosse ancora nel periodo di prova, avesse comunque diritto a ricevere l’indennità di fine rapporto, nonché un risarcimento del danno, previsto dalla legislazione francese.

La questione, dopo essere stata difformemente decisa in primo grado ed in appello, è stata rimessa, dalla Cour de Cassation, alla Corte di Giustizia.

La Corte Europea, in via preliminare, nella propria motivazione, ha rilevato che seppure la direttiva non contiene alcun riferimento alla nozione di “periodo di prova”, tale omissione non possa essere interpretata come un divieto all’utilizzo di detto strumento da parte dei contraenti.

La sentenza, successivamente, si sofferma ad analizzare la funzione che la direttiva aveva conferito all’indennità di fine rapporto, rilevando che tale istituto, non perseguisse tanto un fine sanzionatorio, bensì, piuttosto, quello di indennizzare l’agente

per le prestazioni compiute, di cui il preponente continui a beneficare anche successivamente alla cessazione del rapporto contrattuali, ovvero per gli oneri e le spese sostenuti ai fini delle prestazioni medesime.

La Corte, prosegue, prendendo atto che lo stesso art. 18 della direttiva disciplina espressamente le ipotesi in cui l’indennità non sono dovute e che, in tale elenco, da interpretare in via restrittiva,[8] non è ricompreso il periodo di prova.

Sulla base degli elementi sopra sommariamente riportati, la Corte ha pertanto affermato che:

l’interpretazione secondo cui nessuna indennità è dovuta nel caso di risoluzione del contratto di agenzia commerciale durante il periodo di prova non è compatibile con la natura imperativa della disciplina istituita dall’art. 17 della direttiva 86/653. Infatti, un’interpretazione di tal genere, che si risolverebbe nel subordinare il riconoscimento dell’indennità alla pattuizione o meno di un periodo di prova nell’ambito del contratto d’agenzia commerciale, senza tener conto delle prestazioni rese dall’agente o degli oneri e spese dal medesimo sostenuti, contrariamente a quanto dettato dallo stesso articolo 17, costituisce […] un’interpretazione a detrimento dell’agente commerciale, al quale verrebbe negato qualsiasi indennizzo per il solo motivo che il contratto inter partes preveda un periodo di prova.”

Tale sentenza avrà sicuramente un impatto molto forte su quello che sarà l’utilizzo del patto di prova nel contratto di agenzia; invero, seppure la Corte non delegittima la possibilità delle parti di prevedere un patto di prova nel contratto di agenzia, di fatto, fa venire meno l’interesse ad un utilizzo di tale strumento, posto che le parti, non potranno più escludere il diritto dell’agente a percepire l’indennità di fine rapporto.

Decade, pertanto, quello che era il presupposto fondante e la finalità che ha sempre spinto i contraenti a stipulare un patto di prova, ossia quello di convenire un periodo iniziale del rapporto, in cui le parti possono reciprocamente testarsi, senza preoccuparsi delle conseguenze, in caso non intendano rendere il rapporto stabile.

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[1] Sul punto – VENEZIA – BALDI, Il contratto di agenzia, 2014, pag. 344 e ss.

[2] Fatto salvo dall’art. 2096 c.c. che regolamento il periodo di prova nel lavoro subordinato e che, per la sua specialità, non può essere applicato analogicamente al contratto di agenzia – Sul punto cfr. VENEZIA – BALDI, Il contratto di agenzia, 2014, pag. 344 e ss. Viene fatto invece un riferimento al patto di prova in alcuni accordi economici collettivi e nello specifico: nel contratto tra Federagenti e CNAI del 22.4.2013, (dichiarazione a verbale art. 10), si prevede un periodo di prova di durata massima di 6 mesi; AEC commercio 2009, art. 2 e AEC industria 2014 art. 4, in cui viene previsto che, in caso di uno o più rinnovi del contratto di agenzia, il preponente può stabilire un periodo di prova solo nel primo contratto.

[3] Sul punto cfr. Trib. Grosseto 30.11.2004; Trib. Firenze 2.10.2003; Trib. Milano 18.12.1986; In dottrina PERINA – BELLIGOLI  – Il rapporto di agenzia, 2014.

[4] TRIONI – Contratto di agenzia, in Commentario del Codice Civile, Bologna, 2006.

[5] Cass. Civ. 1991 n. 544.

[6] Trib. Torino 7 luglio 2004.

[7] VENEZIA – BALDI, Il contratto di agenzia, 2014, pag. 344 e ss.

[8] In tal senso, Corte di Giustizia, 28.10.2010, Volvo Car Germany, C-203/09.