Il contratto di agenzia e il rapporto di lavoro subordinato: criteri distintivi e parametri valutativi.
Quando si parla di agenzia si può pacificamente affermare che tale figura vada inserita nella categoria dei lavoratori autonomi.
Infatti, seppure nella definizione di agente di commercio formulata all’art. 1746 c.c. non vi è alcun riferimento all’indipendenza dell’attività lavorativa dell’agente, la normativa europea 86/653/CEE (su cui si basa il modello italiano) aveva fatto specifico riferimento all’agente quale lavoratore indipendente, tenuto comunque ad “attenersi alle ragionevoli istruzioni impartite dal preponente.”
Già da una prima lettura della normativa si comprende che l'agente, seppure sia indipendente e svolge la propria attività in autonomia, deve comunque adeguarsi alle disposizioni del preponente, preposto a decidere quelle che sono le politiche commerciali della azienda. Tale rapporto di interdipendenza, assai delicato, viene regolato in maniera più chiara dagli AEC Commercio 2009 ed Industria 2014, che all'art. 1 comma 3 così dispongono:
“[L’] Agente [è] tenuto ad orientare le politiche distributive del preponente in conformità alle indicazioni fornite dal preponente. Il preponente decide nelle grandi linee ciò che l’agente deve fare, pur senza poter interferire sulle modalità con cui l’agente intende giungere al risultato richiesto.”[1]
Dall’analisi congiunta delle norme sopra citate, si comprende che:
- da un lato il preponente non può imporre all’agente obblighi incompatibili con la propria autonomia;
- dall’altro lato l’agente, seppure opera in regime di piena autonomia, è comunque obbligato a seguire nelle grandi linee le direttive del preponente.
Qualora invece il rapporto presenti delle caratteristiche assimilabili a quelle del lavoro subordinato, lo stesso potrà essere qualificato come rapporto di lavoro dipendente, a prescindere dal nomen iuris con cui le parti hanno qualificato il rapporto stesso.[2] Secondo un costante orientamento della Cassazione, l'elemento distintivo tra le due figure è caratterizzato dalla:
“subordinazione del lavoratore al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro.”[3]
Ne consegue, pertanto, che la collaborazione prestata dall’agente debba svolgersi in regime di autonomia, mentre, quella prestata dal lavoratore dipendente, si attua in regime di subordinazione gerarchica, con organizzazione da parte del datore di lavoro delle energie prestate dal dipendente[4] (cfr. anche L'agente persona fisica, il lavoro parasubordinato e il rito lavoro). Infatti, se da un lato l’agente deve esclusivamente coordinarsi con il preponente sulle attività da svolgere, il lavoratore dipendente, ex art. 2094 c.c., compie attività lavorativa coordinata organizzativamente nel tempo e nello spazio dal datore di lavoro, il quale può di volta in volta intervenire nell’esecuzione della prestazione specificandone le modalità esecutive, alle quali il lavoratore deve necessariamente adeguarsi (c.d. obbligo di obbedienza).[5]
Ad ogni modo non è sempre agevole delineare a quale categoria appartenga un lavoratore, stante che entrambe le figure, sia del dipendente che dell'agente di commercio, sono caratterizzate dalla stabilità della collaborazione[6] (proprio tale elemento, ossia la "stabilità", distingue l’agente dal procacciatore d’affari, sul punto cfr. articolo Quale è la differenza fra contratto di agenzia e procacciatore di affari?).
Tale complessità si acuisce ulteriormente in alcuni settori in cui, per le modalità di svolgimento dell’attività, l’agente è di fatto tenuto a seguire in maniera rigida le direttive e gli orari imposti non tanto dal preponente, quanto piuttosto dal mercato in cui esso opera: si pensi, a titolo esemplificativo, alla figura dell’agente che promuove le vendite presso un concessionario di autovetture, il quale, di fatto, è vincolato a promuovere le vendite in un determinato spazio espositivo e durante gli orari di apertura del negozio.[7]
Non essendoci un unico e “risolutivo” elemento che permette di comprendere se un determinato rapporto debba essere qualificato come d’agenzia ovvero di lavoro dipendente, dovranno essere considerati nel singolo caso di specie i differenti elementi tipici della subordinazione (quali ad es. mancanza di autonomia decisionale, assenza di rischio, inserimento nell’organizzazione dell’impresa, obbligo di rispettare orari prefissati e itinerari fissati dal preponente), tenendo presente che nessuno di essi permette da solo di far considerare il rapporto come subordinato, dovendosi piuttosto effettuare una valutazione complessiva dell’insieme degli stessi.[8] Sul punto la Suprema Corte si è pronunciata affermando che:
“il rapporto di agenzia, la cui natura autonoma non può essere messa in discussione, non è incompatibile con la soggezione dell'attività lavorativa dell'agente a direttive e istruzioni nonché a controlli amministrativi e tecnici, più o meno intensi e penetranti in relazione alla natura dell'attività e allo interesse del preponente, né con l'obbligo dello agente di visitare e istruire altri collaboratori, né con l'obbligo del preponente di rimborsare talune spese sostenute dall'agente, né, infine, con l'obbligo di quest'ultimo di riferire quotidianamente al preponente.”[9]
Per dare un taglio pratico al presente articolo, si può comunque ragionevolmente ritenere che, a titolo esemplificativo, il preponente non potrà:[10]
- imporre la lista giornaliera dei clienti da visitare (ma potrà chiedere di visitare determinati clienti o categorie di clienti a cui tiene);
- programmare gli itinerari che l’agente deve seguire (ma potrà pretendere dall’agente che organizzi le visite in modo tale da coprire la propria zona di competenza in maniera adeguata);
- decidere l’organizzazione interna dell’agenzia (ma pretendere determinati standard qualitativi del personale, adeguatezza dei locali e del numero dei collaboratori in base all’attività promozionale dell’agente stesso);
- imporre rendiconti dettagliati sull’attività svolte dall’agente (ma chiedere report sull’andamento del mercato).[11]
Un’ultima questione, di grande rilevanza pratica, è quella relativa alla compatibilità della retribuzione in forma fissa, con l'autonomia tipica del rapporto contrattuale in esame.
Seppure la direttiva europea non esclude la conciliabilità di tale modalità retributiva con la figura dell’agente, la giurisprudenza italiana (criticata da parte della dottrina[12]) si è dichiarata contraria a tale tesi[13], ritenendo che in tal caso l'agente, il quale percepirebbe esclusivamente una retribuzione fissa, indipendentemente da quelli che sono i risultati dallo stesso portati, non assumerebbe alcun rischio di impresa, caratteristica che contraddistingue tale figura.
Ad ogni modo, la giurisprudenza ritiene comunque compatibile con l’agenzia le forme di remunerazione mista, con le quali viene abbinata una componente fissa ad una componente variabile. Tale soluzione con cui all’agente viene assicurato un “minimo garantito” viene considerato lecito e compatibile con il rapporto di lavoro d’agenzia.[14]
_______________________
[1] BORTOLOTTI, Il contratto di agenzia commerciale, Vol. I, pag. 86, 2007, CEDAM.
[2] Cass. Civ. 2004, n. 9060.
[3] Cass. Civ. 1990 n. 2680.
[4] BALDI – VENEZIA, In contratto di agenzia, pag. 33, Giuffrè Editore.
[5] PERINA – BELLIGOLI, Il rapporto di agenzia, pag. 27, Giappichelli Editore
[6] Trib. Milano 8 marzo 20210, in Agenti e rappresentanti di commercio 2012, n. 3 p. 31. Il Tribunale di Milano precisa sul punto che “l’obbligazione dell’agente consiste nel visitare, in modo stabile e continuativo, tutti i possibili clienti e a formulare una predeterminata proposta contrattuale (predeterminata dal preponente, quanto ai suoi aspetti essenziali), al preponente medesimo.
[7] Sul punto cfr. anche Cass. Civ. 2009 n. 9696. Nella specie, la S.C. ha ritenuto che la Corte territoriale avesse correttamente escluso la sussistenza di un rapporto di subordinazione atteso che, da un lato, svolgendo l'interessato attività di propagandista o promotore per la vendita di apparecchiature didattiche per la scuola e le università, i suoi orari dovevano necessariamente coincidere con quelli di apertura di tali istituzioni e non costituivano un indice decisivo, mentre, dall'altro, il medesimo si era più volte qualificato, nel corso del rapporto, come agente e non dipendente, il suo contratto era stato concluso per sostituire un altro precedente agente e non aveva alcun obbligo di giustificare le proprie assenze.
[8] BORTOLOTTI, Contratti di distribuzione, pag. 129, 2016, Wolters Kluwer.
[9] Cass. Civ., 1990 n. 2680, Cass. Civ. 2001, n. 11264. Con tale sentenza la Cassazione ha quindi ritenuto che “tra le parti era intercorso, un rapporto di agenzia, a prescindere dal tempo in cui esso s'era protratto, in quanto l’agente, pur dovendo dar conto con un rapporto giornaliero del lavoro svolto e pur dovendo seguire un itinerario preordinato dalla ditta preponente, non veniva a perdere l'autonomia propria dell'agente con possibilità di scelta della clientela nell'ambito della zona assegnatagli e con possibilità di adottare i metodi di lavoro ritenuti più idonei.”
[10] BORTOLOTTI, Il contratto di agenzia commercia, Vol. I, pag. 88, 2007, CEDAM.
[11] Sul punto importante rimarcare il fatto che gli AEC Commercio ed Industria che prevendono all’art. 1 comma 3 che l’agente è “tenuto ad informare costantemente la casa madre sulla situazione del mercato in cui opera, non è tenuto peraltro a relazioni con periodicità prefissata sulla esecuzione della sua attività”. Importante sottolineare quindi che il preponente non potrà pretendere dall’agente relazioni periodiche sullo svolgimento dell’attività dell’agente (ad es. report sulle visite effettuate), ma potrà contrariamente chiedergli di essere informato, anche in maniera periodica, sulle condizioni del mercato e dei dati rilevanti (nomi dei clienti vistati e risultati delle viste).
[12] PERINA – BELLIGOLI, Il rapporto di agenzia, pag. 27, Giappichelli Editore; Saracini-Toffoletto, p. 327 ss.
[13] Cass. Civ. 1986 n. 3507; Cass. Civ. 1991 n. 10588; Cass. Civ. 2012 n. 12776. Tale ultima sentenza si è spinta ad ammettere che “nel rapporto di agenzia le parti possono prevedere forma di compenso delle prestazioni dell’agente diverse dalla provvigione determinata in misura percentuale sull’importo degli affari conclusi (come ad esempio una somma fissa per ogni contratto concluso”, ma senza spingersi a riconoscere che la remunerazione in forma provigionale possa essere del tutto sostituita da una retribuzione fissa.
[14] Cfr. sul punto Cass. Civ. 1975 n. 1346; Cass. Civ. 1980 n 34; Trib. Di Milano 9 settembre 2011.
Come si calcola l'indennità di fine rapporto degli agenti assicurativi? I parametri previsti dall'ANA 2003.
Il calcolo dell'indennità di fine rapporto prevista dall'Accordo Nazionale Agenti 2003, è piuttosto articolata e complessa e viene regolata agli artt. 12 e seguenti.
In primo luogo è importante sottolineare che l'art. 18 ANA dispone che in caso di scioglimento del contratto di agenzia per recesso dell'impresa o dell'agente per giusta causa:
- non è dovuto alcun preavviso;
- se recedente è l'impresa, all'agente spettano le indennità di risoluzione di cui agli artt. da 27 a 33 (di seguito esaminate); se recedente è l'agente, allo stesso spettano le indennità di risoluzione previste per il caso di recesso dell'impresa.
Ciò premesso, in base all’art. 12, I comma ANA, il contratto di agenzia può sciogliersi per:
- Cancellazione dell’agente dall’Albo nazionale degli agenti di cui alla legge 7 febbraio 1979, n. 48;
- Morte;
- Invalidità totale;
- Limiti di età;
- Recesso per giusta causa.
Il II comma del medesimo articolo, dispone altresì che il contratto di agenzia può sciogliersi per recesso da parte dell’impresa ovvero da parte dell’agente. Il recesso da parte dell’impresa, viene a sua volta distinto in tre tipologie:
- Recesso con indicazione dei motivi ed eventuale ricorso al Collegio arbitrale, nel qual caso si applica la disciplina di cui all’art. 12-bis;
- recesso dell’impresa senza indicazione dei motivi, nel qual caso si applica la disciplina di cui all’art. 12-ter;
- recesso dell’impresa con applicazione dell’art. 12-quater per gli agenti che ne abbiano diritto.
Qualora il recesso venga effettuato da parte dell’agente si applicherà la disciplina dell’art. 12-bis
Il III comma, prevede che le indennità di risoluzione del contratto spettanti all'agente sono sono indicate agli articoli da 14 a 19.
Ad ogni modo, il IV comma dell’art. 12 prevede che, nei casi di scioglimento del contratto per morte o invalidità totale dell’agente, spetti all’agente un’ulteriore somma all’agente cessato o ai suoi eredi, che va ad aggiungersi alle indennità di cui agli articoli da 14 a 19, come dal seguente prospetto:
Scaglioni di provvigioni
(Euro) |
Anzianità
|
|
Fino a 5 anni compiuti | Oltre 5 anni compiuti | |
fino a 20.500,00
da 20.501,00 a 26.400,00 da 26.401,00 a 38.000,00 da 38.001,00 in poi |
20%
15% 15% 15% |
30%
25% 20% 15% |
Detta ulteriore somma non potrà essere inferiore a euro 8.800,00 né superiore a euro 29.300,00. |
L’art. 12 A prevede poi una dettagliata disciplina con un preciso schema di riferimento per il calcolo della somma aggiuntiva eventualmente spettante all’agente in applicazione dell'ANA 2003, ossia:
Schema di riferimento e disciplina ex art. 12A | ||
sui primi | € 103.291,00 di provvigioni | 65% |
sui successivi | € 103.291,00 di provvigioni | 40% |
sui successivi | € 154.937,00 di provvigioni | 15% |
sui successivi | € 154.937,00 di provvigioni | 10% |
su quanto supera | € 516.457,00 | 5% |
Detta ulteriore somma non potrà essere inferiore a euro 8.800,00 né superiore a euro 29.300,00. |
L'art. 12-bis prevede che entro 20 giorni dal ricevimento della comunicazione del recesso, l’altra parte ha facoltà di ricorrere ad una procedura di arbitrato irrituale; le modalità di accesso a tale procedura, vengono espressamente disciplinate nell’art. 12-bis stesso.L’art. 12-bis disciplina il recesso da parte dell’impresa con indicazione dei motivi.
L’art. 13-ter disciplina, invece, l’ipotesi di recesso dell’impresa senza indicazione dei motivi. In tale caso il preavviso dovuto all’agente, ai sensi dell’art. 13, decorrerà solo dopo il trentesimo giorno successivo alla comunicazione del recesso da parte dell’impresa. Entro tale termine, l’agente potrà scegliere tra il pagamento degli indennizzi e la liberazione del portafoglio gestito dall’agenzia, inviando all’impresa apposita comunicazione. Nel caso le parti concordino di optare per la liberalizzazione del portafoglio, essa dovrà avvenire tramite la sottoscrizione del testo allegato di cui all’allegato A dell’accordo ANA 2003.
Importante sottolineare che, secondo la giurisprudenza, la liberalizzazione del portafoglio è ritenuta una legittima alternativa al pagamento delle indennità di fine rapporto.[1]
In caso di mancata opzione da parte dell’agente e comunque in caso di mancata sottoscrizione da parte dello stesso dell’atto di liberalizzazione, di cui al punto precedente, l’impresa è tenuta a corrispondere all’agente gli indennizzi di cui agli art. II e III dell'arto12-ter ed il contratto si risolve con diritto dell’agente:
- al trattamento di cui all’art. 13 dell’ANA (che disciplina il termine di preavviso);
- le indennità di risoluzione di cui agli art. 25 e 33;
- nonché ad una somma aggiuntiva pari al 50% di quella calcolata per l’agenzia sulla base dello schema di riferimento e disciplina di cui all’art. 12A.
L’art. 13 comma III, fissa quali termini di preavviso:
1 mese | per il primo anno di gestione; |
2 mesi | per il secondo anno di gestione |
3 mesi | per il terzo anno di gestione |
4 mesi | per il quarto anno di gestione |
5 mesi | per il quinto anno di gestione |
6 mesi | per il sesto anno di gestione |
Il IV comma dell'art. 13 prevede che l'impresa può sostituire in tutto o in parte il preavviso dovuto con un'indennità determinata come segue:
- se l'agente ha iniziato il primo anno di gestione ma non lo ha completato: in sostituzione del mese di preavviso, 1/42 delle provvigioni;
- se l'agente ha completato il primo anno di gestione ma non ha iniziato il secondo anno di gestione: in sostituzione del mese di preavviso, 1/10 delle provvigioni;
- se l'agente ha iniziato il secondo anno di gestione ma non lo ha completato:
- in sostituzione del 1° mese di preavviso, 1/15 delle provvigioni;
- in sostituzione del 2° mese di preavviso, 1/20 delle provvigioni.
- se l'agente ha completato il secondo anno di gestione ma non ha iniziato il terzo anno di gestione:
- in sostituzione del 1° mese di preavviso, 1/10 delle provvigioni;
- in sostituzione del 2° mese di preavviso, 1/12 delle provvigioni.
- se l'agente ha iniziato il terzo anno di gestione ma non ha superato i quattro anni di gestione:
- in sostituzione del 1° mese di preavviso, 1/12 delle provvigioni;
- in sostituzione del 2° mese di preavviso, 1/18 delle provvigioni;
- in sostituzione del 3° mese di preavviso, 1/24 delle provvigioni;
- in sostituzione del 4° mese di preavviso, 1/42 delle provvigioni.
- se l'agente ha iniziato il quinto anno di gestione ma non ha completato i quindici anni di gestione:
- in sostituzione del 1° mese di preavviso, 1/15 delle provvigioni;
- in sostituzione del 2° mese di preavviso, 1/20 delle provvigioni;
- in sostituzione del 3° mese di preavviso, 1/25 delle provvigioni;
- in sostituzione del 4° mese di preavviso, 1/30 delle provvigioni;
- in sostituzione del 5° mese di preavviso, 1/35 delle provvigioni;
- in sostituzione del 6° mese di preavviso, 1/40 delle provvigioni.
- se l'agente ha completato o superato i quindici anni di gestione:
- in sostituzione del 1° mese di preavviso, 1/12 delle provvigioni;
- in sostituzione del 2° mese di preavviso, 1/18 delle provvigioni;
- in sostituzione del 3° mese di preavviso, 1/24 delle provvigioni;
- in sostituzione del 4° mese di preavviso, 1/30 delle provvigioni;
- in sostituzione del 5° mese di preavviso, 1/36 delle provvigioni;
- in sostituzione del 6° mese di preavviso, 1/42 delle provvigioni.
Per il computo dell'indennità sostitutiva, si tiene conto delle provvigioni liquidate all'agente nell'intero esercizio precedente quello dello scioglimento del contratto o, in mancanza, negli ultimi 12 mesi di gestione.
In merito all’indennità di fine rapporto per i rami Furti, Incendio, Infortuni, Malattie, Responsabilità civile, Responsabilità civile veicoli e natanti, Automobili rischi diversi, Vetri e cristalli, Rischi diversi sono previste tre indennità, calcolate secondo le norme contenute nei successivi artt. 25, 26 e 27.
L’art. 25 (indennità sull’incremento del monte premi) si applica agli agenti che abbiano svolto un’attività per almeno due anni ed è costituita da una percentuale, così fissata dal V comma e relativa:
Scaglioni | Percentuali | |
fino a euro 35.100,00 6,30 | 6,30 | |
da euro 35.101,00 | a euro 70.200,00 4,80 | 4,80 |
da euro 70.201,00 | a euro 105.200,00 3,38 | 3,38 |
da euro 105.201,00 | a euro 140.300,00 2,63 | 2,63 |
oltre euro 140.300,00 1,65 | 1,65 |
Per gli agenti che abbiano svolto abbiano compiuto almeno un anno di gestione, l’indennità è dovuta nella misura del 75%.
L’art. 26 riconosce una secondo indennità, relativa agli incassi. Anch’essa è costituita da una percentuale sugli per agenti con almeno due anni di gestione e relativa riduzione, al 75%, dopo il prima anno di gestione). Il II comma prevede le seguenti percentuali:
Scaglioni | Percentuali | |
fino a euro 87.700,00 | 1,25 | |
da euro 87.701,00 | a euro 251.400,00 | 0,90 |
da euro 251.400,00 | 0,45 |
L’art. 27 disciplina la terza indennità (estesa anche ai rami Credito e Cauzione), che è costituita da una percentuale fissata dal IV comma, sulla media annua delle provvigioni liquidate all’agente negli ultimi tre anni di esercizio e descritta nella seguente tabella:
Anzianità | Percentuali |
Fino a 2 anni | 2,5 |
Oltre 3 anni | 3,5 |
Oltre 4 anni | 5 |
Oltre 5 anni | 7 |
Oltre 6 anni | 8,5 |
Oltre 7 anni | 11,5 |
Oltre 8 anni | 13,5 |
Oltre 9 anni | 16 |
Oltre 10 anni | 20,5 |
Oltre 11 anni | 26 |
Oltre 12 anni | 29,5 |
Oltre 13 anni | 35 |
Oltre 14 anni | 40,5 |
Oltre 15 anni | 50,5 |
Oltre 16 anni | 56 |
Oltre 17 anni | 57 |
Oltre 18 anni | 58,5 |
Oltre 19 anni | 59,5 |
Oltre 20 anni | 60,5 |
Per ogni anno successivo di gestione compiuto la percentuale viene aumentata di 0,50 | |
Se il periodo di gestione è inferiore a 12 mesi, l’indennità viene calcolata applicando la percentuale 2,5 all’ammontare delle provvigioni effettivamente liquidate nel corso della gestione, fermo quanto previsto dal precedente III comma | |
Se nei periodi di cui ai commi precedenti siano state effettuate riduzioni di portafoglio per le quali sia stata corrisposta l'indennità prevista dal III comma dell'art. 8 bis, l'ammontare delle provvigioni, da considerarsi per stabilire la media, sarà ridotto dell'entità delle provvigioni per le quali sia stata corrisposta la predetta indennità. |
Le seguenti specifiche disposizioni disciplinano l’indennità per il ramo Vita (art. 28), Capitalizzazione (art. 29), Bestiame (art. 30), Grandine (art. 31), Trasporti (art. 32) e i rami non previsti dagli art. 24 e 32 (art. 33). Per i quali ci si richiama integralmente all’ANA 2003 qui allegato.
Da ultimo l’art. 35 regola l’indennità di risoluzione del rapporto nel caso di coagenzia, prevedendo che, nonostante il carattere congiunto dell'incarico coagenziale, lo scioglimento del contratto di agenzia nei confronti di uno o di alcuni dei coagenti non è di per sé causa di scioglimento nei confronti dell'altro o degli altri coagenti, i quali conservano a tutti gli effetti l'anzianità di gestione maturata.
_____________________
[1] Sul punto cfr. Cass. Civ. 2006 n. 1286 che ha disposto che, salvo differente accordo tra le parti, “alla cessazione del rapporto di agenzia assicurativa, l'agente uscente non ha diritto di disporre del portafoglio clienti dell'agenzia, di cui è titolare l'impresa preponente, avendo egli solo diritto al trattamento previsto dalla contrattazione collettiva in relazione allo scioglimento del contratto, in parte commisurato all'incremento da lui apportato al portafoglio. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, di condanna dell'impresa preponente a corrispondere all'agente la indennità sostitutiva del preavviso e le altre spettanze di fine rapporto, e di rigetto della richiesta dell'agente di acquisizione del portafoglio, ritenendo nel contempo che legittimamente la stessa impresa recedente non aveva corrisposto all'agente la indennità sostitutiva del preavviso, benché dovuta, a fronte dell'inadempimento da parte dell'agente della riconsegna di tutto il materiale inerente al suo incarico, relativo al portafoglio clienti di cui era titolare l'impresa, obbligo puoi adempiuto dall'agente a seguito di ricorso ex art. 700 cod. proc. civ. nei suoi confronti).
Come si calcola l’indennità di scioglimento del contratto secondo gli AEC Commercio 2009?
L’art. 13 degli AEC commercio 2009, suddivide l'indennità di fine rapporto in tre componenti (sul punto cfr. anche calcolo indennità ex art. 1751 c.c., calcolo indennità ex AEC 2014, calcolo indennità ex ANA 2003):
- indennità di risoluzione del rapporto, accantonata dal preponente presso il fondo ENASARCO (FIRR) (capo I);
- indennità suppletiva di clientela riconosciuta all’agente o rappresentante anche in assenza di un incremento della clientela e/o del giro d’affari (capo II);
- indennità meritocratica, collegata all’incremento della clientela e/o del giro d’affari (capo III).
I. FIRR
Il FIRR viene accantonato presso l’ENASARCO da parte del preponente e, allo scioglimento del rapporto, è dovuto all’agente indipendentemente da un eventuale incremento della clientela e/o degli affari.
L’obbligo di accantonamento del FIRR sussiste solamente nel caso di applicazione degli AEC al rapporto. Gli AEC sono applicabili al contratto, solamente qualora entrambe le parti (preponente e agente) siano iscritte alle associazioni sindacali stipulanti, oppure, in caso contrario, le parti abbiano richiamato espressamente gli AEC nel contratto, ovvero abbiano provveduto ad una loro applicazione implicita nel corso del rapporto (ad esempio, quando il preponente abbia provveduto ad un’applicazione spontanea, costante ed uniforme di alcune provvisioni previste dagli AEC).[1] Ciò comporta che in caso di mancata applicazione degli AEC, il preponente non è tenuto ad accantonare il FIRR, bensì solamente versare all’Enasarco i contributi previdenziali.[2] (sul punto cfr. l’obbligo previdenziale dell’agente italiano e del preponente straniero).
Importante rilevare che giurisprudenza[3] e dottrina,[4] ritengono univocamente che la richiesta di pagamento del FIRR, vada avanzata nei confronti dell’Enasarco e non del preponente, fatto salvo per le somme non eventualmente accantonate da quest’ultimo.
Tale indennità si calcola annualmente con le seguenti modalità:
AGENTE MONOMANTATARIO
- 4% sulla quota di provvigioni fino a € 12.400 annui
- 2% sulla quota di provvigioni compresa tra € 12.400 annui e € 18.600 annui
- 1% sulla quota di provvigioni eccedente € 18.600 annui
AGENTE PLURIMANDATARIO
- 4% sulla quota di provvigioni fino a € 6.200 annui
- 2% sulla quota di provvigioni compresa tra € 6.200 annui e € 9.300 annui
- 1% sulla quota di provvigioni eccedente € 9.300 annui
II. INDENNITÀ SUPPLETTIVA
Essa verrà riconosciuta secondo le seguenti aliquote:
3% | sulle provvigioni maturate nei primi tre anni di durata del rapporto di agenzia |
3,50% | sulle provvigioni maturate dal quarto al sesto anno compiuto |
4,00% | sulle provvigioni maturare negli anni successivi |
Tale indennità sarà dovuta in tutti il rapporto sia in atto da almeno un atto e nel caso le dimissioni dell'agente siano dovute a:
- invalidità permanente e totale;
- per infermità e/o malattia per le quali non può essergli ragionevolmente richiesta la prosecuzione del rapporto;
- conseguimento di pensione di vecchiaia Enasarco e/o Inps;
- per circostanze attribuibili al preponente (art. 1751 c.c.);
- in caso di decesso. In tal caso le indennità verranno corrisposte agli eredi legittimi o testamentari.
Ad ogni modo oltre alle fattispecie sopra indicate, posto che secondo la giurisprudenza maggioritaria, gli AEC rappresentano per l'agente un trattamento minimo garantito,[5] tale indennità viene riconosciuta all’agente allo scioglimento del rapporto, indipendentemente dalla prova da parte dell’agente di avere sviluppato gli affari e/o la clientela del preponente, così come invece è previsto dall'indennità civilistica di cui all’art. 1751 c.c. (sul punto cfr. l’indennità di fine rapporto nel contratto di agenzia).
III. INDENNITÀ MERITOCRATICA
L’AEC Commercio 2009 prevede un calcolo piuttosto strutturato per quantificare l'indennità meritocratica, che sarà riconosciuta all’agente solamente nel caso in cui risulti superiore alla somma delle due indennità sopra analizzate (FIRR + suppletiva).
Il calcolo dell’indennità meritocratica è la seguente:
- Determinazione dell’incremento di clientela, costituita dalla differenza delle provvigioni percepite dall’agente all’inizio ed alla fine del rapporto, tenendo presente che il periodo di prognosi varierà in base alla durata del rapporto, seguendo la seguente tabella:
DURATA DEL RAPPORTO | PERCENTUALE DI INCREMENTO DEL FATTURATO | PERCENTUALE DI INDENNITA’ RISPETTO AL VALORE MASSIMO DETERMINATO IN APPLICAZIONE DELL’ART. 1751 CODICE CIVILE (DA CUI SOTTRARRE INDENNITA’ F.I.R.R. E INDENNITA’ SUPPLETIVA DI CLIENTELA |
Fino a 12 mesi (1° anno) | Da 0 a 5% | – |
Da 5 a 30% | 25% | |
Da 30 a 60& | 30% | |
Da 60 a 150% | 40% | |
Oltre il 150% | 100% | |
Da 12 a 24 mesi (2°anno) | Fino a 30% | 30% |
Da 30 a 60% | 35% | |
Da 60 a 150% | 40% | |
Oltre il 150% | 100% | |
Da 24 a 36 mesi (3°anno) | Fino a 30% | 35% |
Da 30 a 60% | 40% | |
Da 60 a 150% | 45% | |
Oltre il 150% | 100% | |
Da 36 a 48 mesi (4° anno) | Fino a 30% | 40% |
Da 30 a 60% | 45% | |
Da 60 a 150% | 50% | |
Oltre il 150% | 100% | |
Da 48 a 60 mesi (5° anno) | Fino a 30% | 45% |
Da 30 a 60% | 50% | |
Da 60 a 150% | 55% | |
Oltre il 150% | 100% | |
Da 60 mesi in avanti | Fino a 30% | 50% |
Da 30 a 60% | 55% | |
Da 60 a 150% | 60% | |
Oltre il 150% | 100% |
- Per individuare il valore reale dell'incremento del fatturato procurato dall'agente, sarà preso in considerazione il volume del fatturato, inteso come volume delle vendite effettuato dalla casa mandante nella zona o per la clientela affidata all'agente.
- Per la determinazione percentuale dell'incremento si porranno a confronto i valori del volume del fatturato, inteso come volume delle vendite effettuate dalla casa mandante nella zona o per la clientela affidata all'agente, all'inizio del rapporto (valore iniziale), con i valori del volume del fatturato, inteso come volume delle vendite effettuate dalla casa mandante nella zona o per la clientela affidata all'agente, al termine del rapporto (valore finale), secondo le seguenti modalità:
Durata del rapporto | Valore iniziale | Valore finale |
Per il primo anno di durata del rapporto | Media del fatturato dei primi 3 mesi | Media del fatturato degli ultimi 3 mesi |
Per il secondo anno di durata del rapporto | Media annua del volume del fatturato dei primi 2 trimestri | Media annua del volume del fatturato degli ultimi 2 trimestri |
Per il terzo anno di durata del rapporto | Media annua del volume del fatturato dei primi 3 trimestri | Media annua del volume del fatturato degli ultimi 3 trimestri |
Dall’inizio del quarto anno al compimento del sesto anno di durata del rapporto | Media annua del volume del fatturato dei primi 8 trimestri | Media annua del volume del fatturato degli ultimi 8 trimestri |
Dall’inizio del settimo anno al compimento del nono anno di durata del rapporto | Media annua del volume del fatturato dei primi 12 trimestri | Media annua del volume del fatturato degli ultimi 12 trimestri |
Dall’inizio del decimo al compimento del dodicesimo anno di durata del rapporto | Media annua del volume del fatturato dei primi 16 trimestri | Media annua del volume del fatturato degli ultimi 16 trimestri |
Oltre il dodicesimo anno di durata del rapporto | Media annua del volume del fatturato dei primi 20 trimestri | Media annua del volume del fatturato degli ultimi 20 trimestri |
- Da ultimo si rende omogenea la cifra iniziale con quella finale, applicando alla stessa il coefficiente di rivalutazione Istat per i crediti di lavoro.
_________________________
[1] Cfr. Bortolotti, Contratti di distribuzione, 2016, Wolter Kluwer, pag. 87 e ss.
[2] Trib. Roma 14.1.2010.
[3] Trib. Bari 2.5.2012.
[4] Bortolotti, Contratti di distribuzione, 2016, Wolter Kluwer, pag. 365 e ss.
[5] Cfr. sul punto Cass. Civ. 2014 n. 7567. Si rileva comunque che la Corte di Giustizia europea, con una pronuncia del 23 marzo 2006, ha contestato la legittimità dell’indennità suppletiva di clientela così come prevista dal l’AEC, che consente all’agente di percepire comunque una indennità di fine rapporto, anche nel caso in cui l’agente non abbia effettivamente sviluppato la clientela del preponente e quest’ultimo ne tragga vantaggi anche a seguito della cessazione del rapporto; in linea con tale orientamento si riscontra un indirizzo minoritario della giurisprudenza di merito, che ha ritenuto gli AEC inapplicabili al nostro ordinamento e non ha pertanto riconosciuto all’agente la disciplina ivi riportata come un minimo garantito (Tribunale Treviso 29 maggio 2008. Tribunale Treviso 8 giugno 2008; Tribunale di Roma 11 luglio 2008).
La contrattazione collettiva. Origini, valore ed applicabilità. E se un contraente è straniero, si applicano oppure no?
Una peculiarità che caratterizza la disciplina italiana del contratto di agenzia è costituita dalla centralità e importanza che assume la contrattazione collettiva, che rende l’agente di commercio, soprattutto se agisce quale persona fisica, una figura che di fatto si avvicina per diversi aspetti al lavoratore subordinato (cfr. Il contratto di agenzia e il rapporto di lavoro subordinato: criteri distintivi e parametri valutativi).
In Italia la contrattazione collettiva degli agenti di commercio ha una lunga tradizione, che risale addirittura al diritto corporativo degli anni ’30, quindi prima ancora della entrata in vigore del codice civile del 1942, che, con riferimento alla disciplina del contratto di agenzia, si è ispirata ai contenuti della contrattazione collettiva stessa. Per l’esattezza la prima regolamentazione dell’agente di commercio è avvenuta con la stipula degli Accordi Economici Collettivi (AEC) corporativi del 26 maggio 1935.
Successivamente, nel secondo dopoguerra, con l’abolizione delle corporazioni si arrivò all’elaborazione di un nuovo contratto collettivo sulla base di quanto previsto dalla Costituzione. Invero, l’art. 39, quarto comma della Costituzione, prevede che:
“I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.”
La Costituzione intendeva dare ai sindacati personalità giuridica e facoltà di stipulare contratti collettivi con efficacia per tutta la categoria, potere che, ad oggi, è però rimasto inapplicato. Ad ogni modo, stante la mancata attuazione dell’art, 39 commi 2 e seguenti della Costituzione, nel 1959 fu approvata una legge transitoria,[1] che di fatto ha conferito allo Stato la temporanea facoltà di recepire attraverso decreto legislativo alcuni contratti collettivi stipulati prima dell’entrata in vigore della legge e conferendo agli stessi efficacia erga omnes. Il fine perseguito dal legislatore, era quello appunto di garantire sul territorio nazionale condizioni minime di lavoro inderogabili dalla volontà delle parti.
Ad oggi, a parte i contratti collettivi con efficacia erga omnes dei quali si è qui sopra brevemente accennato, i contratti collettivi vengono stipulati dai sindacati e dalle organizzazioni rappresentative dei datori di lavoro, che continuano ad assumere la veste giuridica di associazioni non riconosciute di diritto privato. Per tale motivo, il contratto collettivo, nonostante la sua indubitabile centralità come “fonte” di regolazione dei rapporti individuali di lavoro, ha assunto natura giuridica di atto di autonomia privata di “diritto comune”, non diversamente cioè da un qualunque altro contratto civilistico e come tale sottoposto alle norme sul diritto dei contratti in generale di cui agli artt. 1321 e seguenti c.c. [2] Bisogna comunque rilevare che, sia in dottrina,[3] che in giurisprudenza,[4] si è comunque cercato di tutelare maggiormente l’efficacia dispositiva dei contratti collettivi stessi, introducendo il principio della derogabilità solo in melius.
In materia di agenzia, al momento sono vigenti in Italia i seguenti AEC erga omnes:
- AEC 20 giugno 1956 sugli agenti delle imprese industriali;
- AEC 13 ottobre 1958 sugli agenti delle aziende commerciali.
ed i seguenti principali accordi collettivi di diritto comune:
- AEC 16 febbraio 2009 per gli agenti di commercio del settore commercio;
- AEC 10 dicembre 2014 per gli agenti di commercio del settore artigiano;
- AEC 10 dicembre 2014 per gli agenti di commercio del settore industria.
Quanto all’applicabilità della contrattazione collettiva, la regola generale prevede che il contratto collettivo si applica solo ai lavoratori iscritti ai sindacati stipulanti (artt. 1387 e ss. c.c.). Ad ogni modo, negli anni la giurisprudenza e il legislatore sono intervenuti per cercare di estendere l’efficacia soggettiva in mancanza di iscrizione del lavoratore.[5] Pertanto gli AEC di diritto comune saranno applicabili tutte le volte in cui:
- entrambe le parti (quindi sia l’agente che il preponente), aderiscono alle associazioni sindacali stipulanti;
- vi sia un richiamo espresso all’AEC nel contratto di agenzia;
- vi sia un richiamo tacito, ossia se si può evincere l’applicazione continua e costante delle norme AEC da parte dei contraenti.[6]
Con riferimento a quest’ultimo punto, in Italia la Cassazione ha più volte avuto modo di affermare che gli AEC hanno efficacia vincolante:
“non solo per gli iscritti alle associazioni sindacali stipulanti, ma anche per coloro che esplicitamente o implicitamente vi prestino adesione”[7]
Nel caso di contratto di agenzia internazionale, regolato dalla legge italiana, si pone il doppio problema sia dell’applicabilità degli AEC di diritto comune, che dei contratti collettivi con efficacia erga omnes.
Nel primo caso si ritiene debbano applicarsi i principi generali del diritto italiano qui sopra indicati. Ciò comporta che, nel caso in cui non sia iscritto ad alcuna associazione italiana degli agenti di commercio, gli AEC di diritto comune non saranno applicabili, neppure se il preponente (o l’agente) italiano sia iscritto al sindacato, salvo non ci sia un richiamo espresso o tacito alla contrattazione collettiva oppure .[8]
Con riferimento agli AEC erga omnes, al momento vi sono due orientamenti giurisprudenziali. Quello maggioritario, che ritiene che, gli AEC erga omnes non debbano applicarsi ai rapporti di agenzia soggetti alla legge italiana, ma da eseguirsi all’estero, posto che la contrattazione collettiva si applica ed e non ha per questo forza transnazionale.[9] L’orientamento minoritario, contrariamente, ritiene che possano applicarsi all’estero solamente quegli istituti contrattuali, che nell’intenzione delle parti sociali debbano avere efficacia internazionale.[10]
_____________________________
[1] In attesa dell’attuazione del dettato costituzionale, nel 1959, è stata emanata la Legge n. 751/59, nota come legge Vigorelli: essa delegava il governo ad emanare decreti legislativi aventi lo scopo di individuare i minimi inderogabili di trattamento economico e normativo validi per tutti gli appartenenti ad una medesima categoria, uniformandosi a quanto già statuito dagli accordi collettivi, cosiddetti contratti collettivi erga omnes.
[2] G. Giugni, Diritto Sindacale, Cacucci, Bari, 2001, 58 ss; Le fondi del diritto del lavoro tra stato e ragione, Trojsi, Giappichelli, 2013, 82 ss.; Il diritto del lavoro alla svolta del secolo, Atti delle Giornate di studio di Diritto del Lavoro. Ferrara, 11-12-13-maggio 2000, Giuffrè, Milano 2002, 49 ss.
[3] Rotondi, Codice commentato del rapporto di lavoro, Milano, 2008, 33; Persiani, Saggio sull'autonomia privata collettiva, Padova, 1972, 7
[4] Cass. Civ. 4850/2006; Cass. Civ. 41/2003; Cass. Civ. 8097/2002; Cass. Civ. 4570/1996; Cass. Civ. 13351/1991; Cass. Civ. 2198/1991.
[5] Cass. Civ. 1996 n. 319; Cass. Civ. 1993 n. 1359 ““i contratti collettivi di lavoro, non dichiarati efficaci erga omnes […] si applicano esclusivamente ai rapporti individuali intercorrenti tra soggetti che siano entrambi iscritti alle associazioni stipulanti, ovvero che, in mancanza di tale condizione, abbiano fatta espressa adesione ai patti attraverso un comportamento concludente, desumibile da una costatene prolungata applicazione delle relative clausole ai singoli rapporti”.
[6] Cass. Civ. 1993 n. 1359, In questo caso la Cassazione ha ritenuto applicabile l’AEC al rapporto al contratto di agenzia, seppure il preponente non fosse iscritto all’associazione sindacale e nel contratto non vi fosse alcun richiamo espresso: è stato invece riconosciuta l’esistenza di una prassi consolidata aziendale succedutasi del tempo, del rispetto del preponente della normativa collettiva.
[7] Cfr. Nota n. 9; Cass. Civ. 1999 n. 368
[8] Cfr. Nota n. 9; Bortolotti, Il contratto di agenzia commerciale, CEDAM, 2007.
[9] Cass. Civ. 1993 n. 4505; Bortolotti, Il contratto di agenzia commerciale, CEDAM, 2007.
[10] Cass. Civ. 1988 n. 5021.
Agente mono o plurimandatario? Quali sono gli obblighi contributivi del preponente?
Quando si parla di "monomandarietà" è importante sottolineare la differenza che intercorre tra l'agente monomandatario e l'agente che opera "in esclusiva"; quest'ultimo, infatti, è il soggetto che, da un lato si impegna a non svolgere alcuna attività in concorrenza e, quindi, ad assumere il mandato di agente per altri preponenti concorrenti, ma che, dall'altro lato, si riserva il diritto di lavorare come agente per altri preponente che non operano in settori differenti (agente plurimandatario).
Nel diritto italiano l’esclusiva dell’agente costituisce un elemento naturale del contratto: l’art. 1743 c.c., infatti, vieta all'agente di assumere l'incarico di trattare, nella stessa zona e per lo stesso ramo, gli affari di più imprese concorrenti tra loro. Nel contratto di agenzia l'esclusiva costituisce, pertanto, un diritto ed un obbligo normativamente regolato, previsto sia a favore che a carico di ciascuna delle parti[1] e che normalmente viene inserito nei contratti di agenzia.
Figura diversa rispetto a quella dell'agente in esclusiva è quella dell'agente monomandatario, ovvero l'agente che lavora per un solo preponente e che, pertanto, si impegna a non assumere alcun altro incarico di agenzia,[2] anche in riferimento a settori non in concorrenza e diversi rispetto a quello in cui opera il preponente.
La distinzione tra agente mono e plurimandatario ha una forte rilevanza in caso di applicazione degli AEC, che prevedono per l'agente monomandatario un regime più vantaggioso sotto vari aspetti, quali ad esempio, termini di preavviso più ampi, nonché modalità di calcolo dell’indennità di scioglimento e dell’indennità per il patto di non concorrenza post-contrattuale più favorevoli.
Indipendentemente dall'applicabilità degli AEC, tale distinzione ha sicuramente una grande rilevanza da un punto di vista previdenziale, in quanto sono previsti per l’agente monomandatario dei massimali contributivi maggiori rispetto all’agente plurimandatario.[3] Il motivo di questa differenza è collegata essenzialmente in ragione del più difficile esercizio dell’attività, conseguente al divieto di svolgerla per qualsiasi altro preponente.[4]
Con riferimento alla sussistenza o meno del rapporto di monomandarietà, la giurisprudenza non è univoca nel ritenere se la stessa debba risultare da un espresso accordo scritto tra le parti, oppure, contrariamente, possa derivare da una mera situazione di fatto. Tale contrasto giurisprudenziale, verte essenzialmente intorno alla corretta interpretazione del dettato normativo e, più precisamente, all’interpretazione del d.m. 20.2.1974, all’art. 4, lett. c), che così dispone:
“Il preponente entro tre mesi dalla data di inizio del rapporto deve fornire, utilizzando gli appositi moduli predisposti dallo ENASARCO o con altri mezzi, le seguenti indicazioni per ciascun agente o rappresentante di commercio: c) l'eventuale impegno dell'agente o rappresentante di commercio ad esercitare l'attività per un solo preponente”
Secondo un primo orientamento il diritto dell’agente a percepire la (maggiore) contribuzione previdenziale come monomandatario, non può risultare da una semplice situazione di fatto; sul punto la Cassazione afferma che:
“il massimale di contribuzione è riservato soltanto a quegli agenti o rappresentanti di commercio i quali si siano impegnati ad esercitare la loro attività nei confronti di un unico mandante; ciò può essere dimostrato dal fatto che, entro tre mesi dall’inizio del rapporto, il preponente abbia comunicato tale impegno esclusivo all’ENASARCO, nonché con ogni altro mezzo di prova della esistenza di un impegno od obbligo contrattuale con sun solo preponente, non essendo invece sufficiente il mero accertamento delle modalità di fatto con le quali il rapporto ha avuto in concreto svolgimento”[5]
La Cassazione ha, quindi, ritenuto che “impegnato” significhi “obbligato”, con la conseguente irrilevanza dello svolgimento di un rapporto di agenzia con un unico preponente, ma senza l’assunzione di un vero e proprio obbligo di esclusiva, risultante da un accordo scritto tra le parti.
Contrario, in base ad un secondo orientamento della Cassazione, il diritto dell’agente monomandatario alla contribuzione su un più alto massimale:
“sorge in funzione dell’esercizio effettivo dell’attività per un solo preponente, a prescindere dal riscontro dell’assunzione formale di uno specifico obbligo nei confronti di questi.”[6]
_____________________
[1] Baldi, Il contratto di agenzia, Milano, 2001, 70.
[2] Saracini, Toffoletto, Il contratto di agenzia, Milano, 2002, 213.
[3] http://www.enasarco.it/notizie/minimali_e_massimali_2017.
[4] Perina – Belligoli, Il rapporto di agenzia, Torino, 2015, 55.
[5] Cass. Civ. 1994, n. 1302; Cfr. anche Cass. Civ. 2000 n. 14444.
[6] Cass. Civ. 2007, n. 17080; Cass. Civ. 2002, n. 699; Cass. Civ. 2000, n. 4877.
Il fallimento del preponente. Per quali somme si può insinuare l’agente al passivo?
L’art. 2751-bis c. c., conferisce a favore dell’agente un privilegio generale sui mobili che si pone ex art. 2777 c.c. immediatamente dopo le spese di giustizia ed i crediti dei lavoratori subordinati. Tale articolo così recita:
“Hanno privilegio generale sui mobili i crediti riguardanti: […] le provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia dovute per l’ultimo anno di prestazione e le indennità dovute per la cessazione del rapporto medesimo.”
Tale norma costituisce uno dei diversi indici della tendenza legislativa ad assimilare l’agente al lavoratore subordinato; in forza di tale disposizione l’agente può vantare privilegio generale sui beni del debitore sia a tutela delle provvigioni maturate nell’ultimo anno di prestazioni, sia per le indennità dovute in conseguenza della cessazione del rapporto stesso.
Giova sottolineare che nel 2013 le Sezioni Unite[1] hanno definitivamente sancito che il principio per cui il privilegio generale previsto dalla norma in commento non assiste i crediti per provvigioni spettanti alla società di capitali che eserciti l’attività di agente.
Quanto al termine annuale previsto dall’art. 2751-bis c.c. esso è riferibile alle provvigioni e non invece alle altre voci indennitarie; inoltre, secondo dottrina[2] e giurisprudenza[3], tale ultimo anno non parte dalla data di dichiarazione dell’insolvenza, ma dalla cessazione del rapporto stesso, posto che nell’esplicita lettera della norma, si fa espresso riferimento all’ “ultimo anno di prestazione” e non di ultimo anno rispetto al fallimento. Bisogno precisare che, secondo la giurisprudenza maggioritaria, in caso in cui il rapporto di agenzia fosse ancora in essere alla data del fallimento, tale periodo annuale dovrà considerarsi coincidere con la data della dichiarazione del fallimento stesso.[4]
Molto importante sottolineare che l’art. 1748 c.c. dispone che:
“L’agente ha diritto alla provvigione sugli affari conclusi dopo la data di scioglimento del contratto se la proposta è pervenuta al preponente o all’agente in data antecedente o gli affari sono conclusi entro un termine ragionevole dalla data di scioglimento del contratto e la conclusione è da ricondurre prevalentemente all’attività da lui svolta.”
Alla luce di tale dettato normativo, pertanto, il privilegio comprende gli affari promossi dall’agente prima della cessazione del rapporto e conclusi sia prima, che dopo lo scioglimento[5] anche nel caso in cui gli stessi non siano stati ancora eseguiti dal preponente.[6]
Contrariamente, prescinde da qualsiasi riferimento o limitazione temporale il riconoscimento che l’art. 2751 bis n. 3 fa del privilegio relativo alle indennità dovute per la cessazione del rapporto medesimo.[7] Non si può dire lo stesso per l’indennità suppletiva di clientela, la quale costituisce un istituto di natura contrattuale e non normativa (disciplinato appunto dagli AEC) e pertanto non rientrante nel elenco tassativo previsto dalla norma oggetto di analisi.
Sulla base di quanto esposto, nel caso in cui il rapporto contrattuale sia terminato per fatto non imputabile all’agente e, a seguito dello scioglimento del rapporto, intervenga il fallimento del preponente, l’agente avrà diritto a insinuarsi al passivo, con privilegio generale, chiedendo le provvigioni relative all’ultimo anno di attività e le indennità di fine rapporto ex art. 1751 c.c. nonnché, in caso di recesso ad nutum, l’indennità di mancato preavviso.
Un problema molto discusso riguarda invece gli effetti del fallimento su un rapporto di agenzia ancora in corso al momento della dichiarazione dell'insolvenza stessa. Infatti nel silenzio della legge, ci si chiede se, in caso di fallimento del preponente, il contratto di agenzia debba essere regolato dalla normativa generale di cui all’art. 72 della L.F. e pertanto debba essere sospeso nella sua esecuzione fino al momento in cui il curatore, autorizzato dal comitato dei creditori, dichiari di subentrarvi o di sciogliere il rapporto, ovvero debba applicarsi la norma dedicata al mandato (art. 78 L.F.), con la conseguenza che se fallisce il preponente si ha scioglimento automatico del contratto stesso.
Tale questione ha grandissima rilevanza pratica, infatti, qualora debba ritenersi applicabile l’art. 72 L.F., il rapporto contrattuale non viene sciolto a seguito della mera dichiarazione di fallimento, bensì rimane sospeso in una sorta di fase di quiescenza, fintantoché il curatore non opti per la prosecuzione ovvero cessazione del relativo rapporto negoziale, con conseguente diritto, in tal ultimo caso, dell’agente alle indennità di fine rapporto. In caso contrario, ossia di applicazione dell’art. 78 L.F., lo scioglimento opera di diritto, con conseguente esclusione del diritto dell’agente alla corresponsione delle indennità dovute per la cessazione del rapporto medesimo.
La giurisprudenza maggioritaria sul punto ritiene che:
“con riferimento al contratto di agenzia, in virtù del peculiare carattere fiduciario del rapporto di preposizione, in caso di fallimento, non è applicabile la nuova regola generale contenuta nell’art. 72 L.F., ed anzi il contratto si scioglie ope legis, con esclusione del diritto dell’agente alla corresponsione dell’indennità per cessato rapporto e di mancato preavviso appunto in conseguenza dell’operatività dello scioglimento del contratto per causa indipendente dalla volontà delle parti.”[8]
Contrariamente, in caso si ritenga applicabile la disciplina generale di cui all’art. 72 L.F. ed il curatore opti per la prosecuzione del rapporto, i crediti dell’agente maturati a seguito dello svolgimento della propria attività in pendenza del fallimento, si insinuano in prededuzione per l’attività compiuta dopo la dichiarazione di insolvenza ex art. 111 c. 1 n. 1 L. F.[9]
Da ultimo si tiene a precisare che, con riguardo ai contributi versati presso l’istituto ENASARCO essi non avendo né natura indennitaria, né provvigionale, non sono coperti dal privilegio ex art. 2751 bis c.c. e neppure possono rientrare nella previsione dell’art. 2753 c.c., esclusivo del lavoro subordinato.[10]
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[1] Cass. Civ. Sez. Un. 2013 n. 27986.
[2] Venezia – Baldi, Il contratto di agenzia, pag. 299, 2015, Milano.
[3] Trib. Perugia 30.12.1991; Trib. Roma 19.9.2007.
[4] Trib. Prato 18 gennaio 2012, in Fallimento 2012, pag. 583, con breve nota di COMMISSO, Scioglimento ex lege del contratto di agenzia in caso di fallimento del preponente.
[5] Venezia – Baldi, Il contratto di agenzia, pag. 300, 2015, Milano.
[6] Cass. Civ. 2011, n. 9539.
[7] Trib. Roma 19 settembre 2007.
[8] Trib. Prato 18 gennaio 2012, in Fallimento 2012, pag. 583, con breve nota di COMMISSO, Scioglimento ex lege del contratto di agenzia in caso di fallimento del preponente
[9] Memento Pratico, Crisi di impresa e fallimento, pag. 435, nr. 3100, 2016, Ipsoa.
[10] Venezia – Baldi, Il contratto di agenzia, pag. 299, 2015, Milano
Come si calcola l'indennità di scioglimento del contratto secondo gli AEC Industria 2014?
L’art. 10 degli AEC industria 2014 (cfr. anche , suddivide l'indennità di fine rapporto in tre componenti:
- indennità di risoluzione del rapporto, accantonata dal preponente presso il fondo ENASARCO (FIRR) (capo I);
- indennità suppletiva di clientela riconosciuta all’agente o rappresentante anche in assenza di un incremento della clientela e/o del giro d’affari (capo II);
- indennità meritocratica, collegata all’incremento della clientela e/o del giro d’affari (capo III).
Il terzo comma dell’articolo 10, prevede altresì che l’indennità vada computata su tutte le somme, comunque denominate, percepite dall’agente nel corso del rapporto, nonché sulle somme per le quali al momento della cessazione del rapporto, sia sorto il diritto al pagamento in favore dell’agente o rappresentante, anche se le stesse non siano state in tutto o in parte corrisposte.
Ciò comporta che tali indennità (in tema cfr. anche calcolo indennità ex art. 1751 c.c., calcolo indennità ex AEC 2009, calcolo indennità ex ANA 2003) andranno calcolate tenendo conto anche:
- degli emolumenti non aventi carattere provvigionale, quali ad esempio rimborsi per spese e/o attività accessorie;
- delle somme maturate, ma ancora non percepite e/o versate all’agente alla data dello scioglimento del rapporto.
I. FIRR
Il FIRR viene accantonato presso l’ENASARCO da parte del preponente e, allo scioglimento del rapporto, è dovuto all’agente indipendentemente da un eventuale incremento della clientela e/o degli affari. Non viene invece riconosciuto in caso di interruzione del rapporto ad iniziativa del preponente, giustificata da i seguenti comportamenti dell’agente: ritenzione indebita di somme di spettanza del preponente, concorrenza sleale, violazione del vincolo di esclusiva per una sola ditta.
L’obbligo di accantonamento del FIRR sussiste solamente nel caso di applicazione degli AEC al rapporto. Gli AEC sono applicabili al contratto, solamente qualora entrambe le parti (preponente e agente) siano iscritte alle associazioni sindacali stipulanti, oppure, in caso contrario, le parti abbiano richiamato espressamente gli AEC nel contratto, ovvero abbiano provveduto ad una loro applicazione implicita nel corso del rapporto (ad esempio, quando il preponente abbia provveduto ad un’applicazione spontanea, costante ed uniforme di alcune provvisioni previste dagli AEC).[1] Ciò comporta che in caso di mancata applicazione degli AEC, il preponente non è tenuto ad accantonare il FIRR, bensì solamente versare all’Enasarco i contributi previdenziali.[2] (sul punto cfr. l’obbligo previdenziale dell’agente italiano e del preponente straniero).
Importante rilevare che giurisprudenza[3] e dottrina,[4] ritengono univocamente che la richiesta di pagamento del FIRR, vada avanzata nei confronti dell’Enasarco e non del preponente, fatto salvo per le somme non eventualmente accantonate da quest’ultimo.
Tale indennità si calcola annualmente con le seguenti modalità:
AGENTE MONOMANTATARIO
- 4% sulla quota di provvigioni fino a € 12.400 annui
- 2% sulla quota di provvigioni compresa tra € 12.400 annui e € 18.600 annui
- 1% sulla quota di provvigioni eccedente € 18.600 annui
AGENTE PLURIMANDATARIO
- 4% sulla quota di provvigioni fino a € 6.200 annui
- 2% sulla quota di provvigioni compresa tra € 6.200 annui e € 9.300 annui
- 1% sulla quota di provvigioni eccedente € 9.300 annui
II. INDENNITÀ SUPPLETTIVA
Posto che secondo la giurisprudenza maggioritaria, gli AEC rappresentano per l'agente un trattamento minimo garantito,[5] tale indennità verrà versata all’agente allo scioglimento del rapporto e sarà dovuta allo stesso indipendentemente dalla prova da parte dell’agente di avere sviluppato gli affari e/o la clientela del preponente, così come invece è previsto dall'indennità civilistica di cui all’art. 1751 c.c. (sul punto cfr. l’indennità di fine rapporto nel contratto di agenzia).
Essa verrà riconosciuta secondo le seguenti aliquote:
3% | sull'ammontare globale delle provvigioni e delle altre somme dovute |
0,50% aggiuntivo | sulle provvigioni maturate dal quarto anno (nel limite massimo annuo di € 45.000 di provvigioni) |
ulteriore 0,50% aggiuntivo | sulle provvigioni maturare dal sesto anno compiuto (nel limite massimo annuo di € 45.000 di provvigioni) |
Tale indennità sarà dovuta in tutti i casi in cui lo scioglimento del rapporto non sia dovuto ad un fatto imputabile all’agente (sia in caso di contratto a tempo determinato che a tempo indeterminato). Non si considerano fatti imputabili all’agente:
- dimissioni dovute ad accertati gravi inadempimenti del preponente,
- dimissioni conseguenti ad invalidità permanente e totale,
- dimissioni dovute ad infermità e/o malattia che non consentano la prosecuzione del rapporto,
- dimissioni successive al conseguimento della pensione di vecchiaia o vecchiaia anticipata ENASARCO,
- dimissioni successive al conseguimento della pensione di vecchiaia o vecchiaia anticipata INPS.
III. INDENNITÀ MERITOCRATICA
L’AEC Industria 2014 prevede un calcolo piuttosto strutturato per quantificare l'indennità meritocratica, che sarà riconosciuta all’agente solamente nel caso in cui risulti superiore alla somma delle due indennità sopra analizzate (FIRR + suppletiva).
Il calcolo dell’indennità meritocratica è la seguente:
- Determinazione dell’incremento di clientela, costituita dalla differenza delle provvigioni percepite dall’agente all’inizio ed alla fine del rapporto, tenendo presente che il periodo di prognosi varierà in base alla qualifica dell’agente come mono o plurimandatario e dalla durata del rapporto, seguendo la seguente tabella:
Tipologia e durata | Anni |
Agente plurimandatario con durata inferiore o uguale a 5 anni | 2,00 |
Agente monomandatario con durata inferiore o uguale a 5 anni | 2,25 |
Agente plurimandatario con durata superiore a 5 anni e inferiore o uguale a 10 anni | 2,50 |
Agente monomandatario con durata superiore a 5 anni e inferiore o uguale a 10 anni | 2,75 |
Agente plurimandatario con durata superiore a 10 anni | 3,00 |
Agente monomandatario con durata superiore a 10 anni | 3,25 |
- Si rende omogenea la cifra iniziale con quella finale, applicando alla stessa il coefficiente di rivalutazione Istat per i crediti di lavoro.
- Si determina il tasso di migrazione della clientela in base alla seguente tabella:
Tipologia e durata | percentuale |
Agente plurimandatario con durata inferiore o uguale a 5 anni | 27% |
Agente monomandatario con durata inferiore o uguale a 5 anni | 15% |
Agente plurimandatario con durata superiore a 5 anni e inferiore o uguale a 10 anni | 22% |
Agente monomandatario con durata superiore a 5 anni e inferiore o uguale a 10 anni | 20% |
Agente plurimandatario con durata superiore a 10 anni | 37% |
Agente monomandatario con durata superiore a 10 anni | 35% |
- Si sottrae per il primo anno del periodo di prognosi il citato tasso di migrazione dal valore dell’incremento di cui al punto 1. Per gli anni successivi del periodo di prognosi, il medesimo tasso di migrazione viene sottratto dal valore determinato per l’anno di prognosi precedente. Si sommano i risultati così ottenuti.
- Si diminuisce forfetariamente l’importo ottenuto di una percentuale variabile pari:
- Al 10% per i contratti di durata inferiore o uguale a 5 anni;
- Al 15% per i contratti di durata superiore a 5 anni ed inferiore a 10 anni
- Al 20% per i contratti di agenzia di durata superiore a 10 anni.
- Si confronta l’indennità meritocratica calcolata in base ai precedenti punti con il valore massimo dell’indennità prevista dal terzo comma dell’art. 1751 c.c.
- Si detrae dall’indennità meritocratica ottenuta l’indennità di risoluzione del rapporto e l’indennità di clientela.
[1] Cfr. Bortolotti, Contratti di distribuzione, 2016, Wolter Kluwer, pag. 87 e ss.
[2] Trib. Roma 14.1.2010.
[3] Trib. Bari 2.5.2012.
[4] Bortolotti, Contratti di distribuzione, 2016, Wolter Kluwer, pag. 365 e ss.
[5] Cfr. sul punto Cass. Civ. 2014 n. 7567. Si rileva comunque che la Corte di Giustizia europea, con una pronuncia del 23 marzo 2006, ha contestato la legittimità dell’indennità suppletiva di clientela così come prevista dal l’AEC, che consente all’agente di percepire comunque una indennità di fine rapporto, anche nel caso in cui l’agente non abbia effettivamente sviluppato la clientela del preponente e quest’ultimo ne tragga vantaggi anche a seguito della cessazione del rapporto; in linea con tale orientamento si riscontra un indirizzo minoritario della giurisprudenza di merito, che ha ritenuto gli AEC inapplicabili al nostro ordinamento e non ha pertanto riconosciuto all’agente la disciplina ivi riportata come un minimo garantito (Tribunale Treviso 29 maggio 2008. Tribunale Treviso 8 giugno 2008; Tribunale di Roma 11 luglio 2008).
L'obbligo previdenziale dell'agente italiano e del preponente straniero.
La Fondazione ENASARCO è l’Ente Nazionale di Assistenza per gli Agenti e Rappresentanti di Commercio e fu costituita nel 1938. Dal 1973[1] l’ENASARCO è divenuto un soggetto di diritto privato che persegue finalità di pubblico interesse mediante la gestione di forme di pensioni integrative obbligatorie a favore degli Agenti e Rappresentanti di Commercio ed il cui controllo pubblico è affidato al Ministero del Lavoro, Salute e Politiche Sociali e al Ministero dell’Economia e Finanze.
Le attività dell’ENASARCO, la natura giuridica e i compiti che la Fondazione persegue sono regolati dal Regolamento della Attività Istituzionali, che è stato recentemente modifica in data 1 gennaio 2012.
Gli artt. 1 e 2 del Regolamento impongono l’obbligo d’iscrizione e conseguentemente di contribuzione alla Fondazione ENASARCO in capo a tutti gli agenti (sia in forma individuale, che in forma di società) che operano sul territorio nazionale per conto di preponenti italiane o di preponenti straniere che abbiano sede o una qualsiasi .
Nulla viene disposto dal Regolamento 2012 sull’obbligo di iscrizione degli agenti che operano in Italia in favore di preponenti dell’Unione Europea che non hanno sede o dipendenza in Italia. Tale “vuoto” normativo è stato colmato da una circolare della ENASARCO[2] e da un interpello del Ministero del lavoro[3] che hanno allargato l’obbligo di iscrizione anche alle seguenti categorie:[4]
- per gli agenti operanti in Italia e all’estero, purché l’agente risieda in Italia e vi svolga parte sostanziale della sua attività;
- per gli agenti operanti in Italia e all’estero che non risiedano in Italia, purché l’agente abbia in Italia il proprio centro d’interessi (valutato in riferimento al numero dei servizi prestati, alla durata dell’attività, alla volontà dell’interessato);
- per gli agenti operanti abitualmente in Italia e che si rechino a svolgere attività esclusivamente all’estero purché la durata di tale attività non superi i ventiquattro mesi.
Quanto all’importo annuo che il preponente deve accantonare presso il FIRR, esso viene così quantificato dall’AEC industria 2014:[5]
“Agente agente o rappresentante monomandatario a
- 4% sulla quota di provvigioni fino a Euro 12.400,00 annui;
- 2% sulla quota di provvigioni compresa tra Euro 12.400,01 annui ed Euro 18.600,00 annui;
- 1 % sulla quota di provvigioni eccedente Euro 18.600,00 annui.
Agente o rappresentante plurimandatario:
- 4% sulla quota di provvigioni fino a Euro 6.200,00 annui;
- 2% sulla quota di provvigioni compresa tra Euro 6.200,01 annui ed Euro 9.300,00 annui;
- 1 % sulla quota di provvigioni eccedente Euro 9.300,00 annui.”
Le aliquote previdenziale obbligatorie, che il preponente è tenuto a versare annualmente all’ENASARCO, sono regolato all’art. 4 del Regolamento e sono pari a:
2012 | 2013 | 2014 | 2015 | 2016 | 2017 | 2018 | 2019 | 2020 |
13,50% | 13,75% | 14,20% | 14,65% | 15,10% | 15,55% | 16,00% | 16,50% | 17,00% |
I contributi vengono calcolati su tutte le somme dovute all’agente a qualsiasi titolo in dipendenza del rapporto di agenzia anche se non ancora liquidate, compresi acconti e premi (art. 4 del Regolamento), ma nel limite inderogabile del massimale di € 37.500,00 annui qualora l’agente sia impegnato ad esercitare la sua attività per un solo preponente e di € 25.000,00 per ciascun preponente dell’agente plurimandatario (art. 5 del Regolamento).
In caso di omissione contributiva da parte del preponente, l’art. 36 del Regolamento, impone come sanzione il pagamento di un tasso del 5,5% annuo sull’importo dei contributi non corrisposto entro la scadenza, con la fissazione di un tetto massimo del 40%.
Importante sottolineare che l’obbligo contributivo, seppure esso sia posto a carico del preponente e dell’agente in misura paritetica, si evidenzia il fatto che l’unico responsabile del pagamento dei contribuiti è il preponente, anche per la parte a carico dell’agente e che tali versamenti devono essere effettuati “con una periodicità massima di tre mesi, in rapporto alle somme a qualsiasi titolo dovute all’agente.”
Quanto al termine di prescrizione del diritto dell’ENASARCO a richiedere il versamento di contribuiti, esso è pari a cinque anni.[7] È invece decennale il termine prescrizionale dell’azione dell’agente diretta ad ottenere il risarcimento del danno da omesso o insufficiente versamento dei contributi ENASARCO, decorrente dal momento in cui l’agente, raggiunta l’età pensionabile, perde il relativo diritto o lo vede ridotto in ragione dell’omissione.[8]
Come si è già accennato nella parte introduttiva di questo articolo, alla quale si rimanda,[9] la previdenza gestita dall’ENASARCO rappresenta un caso unico non solo in Europa, ma anche in Italia, dal momento che essa è integrativa rispetto al trattamento pensionistico che gli agenti sono obbligati a versare personalmente presso l’INPS.[10] I rappresentati e gli agenti di commercio sono pertanto obbligati a versare i contributi verso due enti: da una parte personalmente presso l'Inps e, dall’altra parte, presso l'ENASARCO, il cui contributo, come si è visto, viene pagato dal preponente, in qualità di sostituto di imposta.[11]
Circa la quantificazione dei contributi INPS, è prevista una aliquota variabile pari a circa al 20/23%. Si rileva comunque che sulla parte di reddito eccedente i 100.324,00 per gli iscritti dopo il 01.01.1996 (ed € 76.718,00 per quelli iscritti prima di tale data), non vi è obbligo di versamento dell’INPS.
[1] Ai sensi della legge 2 febbraio 1973, n. 12
[2] Circolare AIS n. 2/2012 protocollo numero AIS/46.
[3] Interpello del Ministero del lavoro n. 32/2013.
[4] Cfr. anche Baldi-Venezia, Il contratto di agenzia, 2014, GIUFFRÈ.
[5] Si indica a titolo esemplificativo il FIRR previsto dall’AEC industria 2014; si rileva comunque che il FIRR previsto dagli altri AEC ad oggi vigenti sono in linea di massima in linea con tale contratto collettivo.
[6] Art. 7, legge 2 febbraio 1973, n. 12.
[7] Cass. 1983 n. 5532.
[8] Cass. Civ. 1983 n. 5532.
[9] Cfr. § 1 del presente articolo.
[10] Cfr. nota n. 1
[11] Il riconoscimento di questo status particolare del Fondo risale alla legge 613/1966 ed è rimasto ad oggi immutato.
Il diritto dell'agente alle provvigioni: quando è obbligato il preponente al pagamento?
La provvigione è di norma il mezzo principale per la remunerazione dell’agente, costituita da una percentuale correlata al valore dell’affare promosso dall’agente stesso. Il codice civile, disciplina il diritto alla provvigione all’art. 1748 c.c. Nello specifico, il primo comma di tale articolo dispone che:
“Per tutti gli affari conclusi durante il contratto l’agente ha diritto alla provvigione quando l’operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento.”
Inoltre il quarto comma dell’art. 1748 c.c. così recita:
“L’agente è tenuto a restituire le provvigioni riscosse solo nella ipotesi e nella misura in cui sia certo che il contratto tra il terzo e il preponente non avrà esecuzione per cause non imputabili al preponente.”
L’agente, pertanto, ha diritto alla provvigione solamente se vi è la conclusione di un contratto tra preponente ed il terzo; ad ogni modo la provvigione non è dovuta e, nel caso fosse stata già pagata all'agente, deve essere restituita al preponente, qualora il terzo non esegua il contratto, per cause non imputabili al preponente stesso.
Gli articoli sopra riportati, indicano quelli che sono i presupposti perché nasca in capo all'agente il diritto a percepire la provvigione. Tale momento deve però essere assolutamente distinto dal momento della maturazione della provvigione stessa, ossia quando l'agente potrà pretenderne il pagamento (cfr. sul punto anche Lo "star del credere" nel contratto di agenzia).
Tale distinzione si evince da una lettura dell'’art. 1748, quarto comma, c.c.:
“Salvo che sia diversamente pattuito, la provvigione spetta all’agente dal momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione in base al contratto concluso con il terzo. La provvigione spetta all’agente, al più tardi, inderogabilmente, dal momento e nella misura in cui il terzo ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione qualora il preponente avesse eseguito la prestazione a suo carico."
Dalla lettura di tale norma, si evince che vi sono due distinti momenti da cui dipende l’effettiva maturazione della provvigione:
- quando la prestazione viene eseguita da parte del preponente (il cosiddetto criterio "generale");
- al più tardi, ed inderogabilmente, quando la prestazione è stata eseguita da parte del terzo (il buon andamento dell'affare).
Con riferimento al primo punto, la provvigione matura da quando il preponente esegue la propria prestazione, o avrebbe dovuta eseguirla in virtù del contratto stipulato con il terzo (ossia il cliente). Tale disciplina costituisce il cosiddetto regime “generale”, che si applica ogni volta in cui le parti non abbiamo concordato una diversa pattuizione contrattuale.
Sul punto, bisogna certamente sottolineare che la norma non fa espressamente riferimento al solo momento in cui il preponente esegue la propria prestazione, bensì a quello in cui egli avrebbe dovuto eseguirla, secondo gli accordi che questi aveva preso con il cliente.
Si pensi al classico esempio in cui il preponente si impegna a consegnare la merce entro una determinata data: qualora il preponente non invii la merce entro tale data, la provvigione sarà comunque dovuta all’agente, in quanto la mancata esecuzione della prestazione è imputabile ad un inadempimento del preponente.
Un aspetto interessante è che l’articolo obbliga il preponente a pagare la provvigione all’agente, solamente nel caso in cui lo stesso sia effettivamente tenuto ad eseguire la prestazione in virtù del contratto. Questo comporta che qualora l'inadempimento del preponente sia dovuto a cause ad esso non imputabili, viene meno il diritto dell’agente al pagamento della provvigione stessa.
Riprendendo il caso qui sopra analizzato, ossia la consegna della merce: se il preponente non ha inviato la merce per cause di forza maggiore, ovvero perché il cliente non ha provveduto al pagamento della merce venduta o al saldo dell’acconto, secondo le modalità concordate tra le parti, il preponente non sarà più tenuto al versamento della provvigione.
Pertanto, il diritto alla provvigione matura, salvo che non sia diversamente pattuito tra le parti, quando la mancata prestazione da parte del preponente costituisca un inadempimento nei confronti del terzo.
Il criterio generale qui sopra descritto è comunque derogabile dalle parti, che possono accordarsi diversamente, posticipando ovvero anticipando il momento in cui matura il diritto alla provvigione, ancorandolo ad un momento differente rispetto all’adempimento del preponente.
Tale facoltà riconosciuta ai contraenti, trova un limite massimo inderogabile, che viene sancito alla seconda frase dell’art. 1748, comma 4, c.c.:
“la provvigione spetta all’agente, al più tardi, inderogabilmente, dal momento e nella misura in cui il terzo ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione qualora il preponente avesse eseguito la prestazione a suo carico."
Ciò significa, in buona sostanza, che è possibile posticipare la maturazione delle provvigioni, sino a quanto viene effettuato il pagamento da parte del terzo, ossia al più tardi al buon esito dell’affare. Tale ultima ipotesi, deve comunque essere sempre subordinata al fatto che il preponente abbia eseguito la propria prestazione. In buona sostanza, il riferimento al momento in cui il terzo avrebbe dovuto eseguire la prestazione deve essere interpretato nel senso che l’agente potrà ritenere esigibile la provvigione anche in caso di mancato pagamento da parte del cliente, però esclusivamente nel caso in cui ciò derivi dall’inadempimento del preponente (cfr. sul punto Venezia-Baldi, Il contratto di agenzia, pag. 273, Giuffrè Editore, 2014).
Con i seguenti esempi si cerca di rendere più chiaro, la fattispecie qui sopra descritta:
- il preponente consegna correttamente la merce al cliente, il quale, nonostante l’adempimento del preponente, non paga il prezzo della merce entro i termini convenuti: in questo caso non si può considerare che il preponente sia obbligato al pagamento della provvigione, posto che l’inadempimento del terzo, non è giustificato da un inadempimento dello stesso preponente
- il preponente consegna della merce sbagliata al cliente, il quale, non provvede al pagamento del prezzo entro il termine convenuto. In questo caso, si può ragionevolmente ritenere che il pagamento delle provvigioni sia dovuto, in quanto l’inadempimento del terzo è causato dall’inadempimento dello stesso preponente ( sul punto cfr. Bortolitti, Contratti di distribuzione, pag. 285, 2016, Wolters Kluver).
Il diritto dell’agente di visionare i libri contabili del preponente.
L'art. 1749 c.c. conferisce all'agente il diritto di visionare la documentazione contabile del preponente. Tale norma si prefigge il compito di rendere il più possibile equilibrato il rapporto tra l’agente e il preponente, soprattutto nel caso in cui lo stesso agente non ha poteri di rappresentanza e non è quindi in grado di verificare direttamente quali affari sono stati conclusi dal preponente.
Nello specifico, il secondo comma dell'art. 1749 c.c.,[1] dispone che:
"il preponente consegna all’agente un estratto conto delle provvigioni dovute al più tardi l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre nel corso del quale esse sono maturate.”
Il terzo comma dell'art. 1749 c.c. recita che:
“L’agente ha diritto di esigere che gli siano fornite tutte le informazioni necessarie per verificare l’importo delle provvigioni liquidate e in particolare un estratto dei libri contabili."
Tale articolo si fonda essenzialmente sul principio di carattere generale, in base al quale il preponente deve agire con lealtà e buona fede nei confronto dell’agente, imponendo da un lato al preponente stesso l’obbligo di mettere a disposizione dell’agente, almeno con cadenza trimestrale, un estratto conto delle provvigioni dovute, quanto più analitico possibile e, dall’altro lato, l’agente deve avere la possibilità di verificare che le provvigioni liquidate siano state calcolate correttamente.
L'importanza di tale norma viene sottolineata dal quarto comma dello stesso articolo, che sancisce l’inderogabilità, anche parziale, degli obblighi ivi indicati:
"è nullo ogni patto contrario alle disposizioni del presente articolo."
Il principale strumento processuale utilizzato dall’agente per fare valere tale diritto è rappresentato dall’art. 210 c.p.c. Tale norma stabilisce che il Giudice istruttore, su istanza di parte, può ordinare all’altra parte o a un terzo di “esibire in giudizio un documento o altra cosa di cui ritenga necessaria l’acquisizione al processo”.
L’applicazione pratica di tale norma non è sempre di facile soluzione (anzi…) e la giurisprudenza italiana si è spesso trovata a risolvere numerose problematiche ad esso correlate.
In primo luogo, è importante sottolineare che, per il nostro Ordinamento, lo strumento istruttorio di cui 210 c.p.c. ha natura residuale e può essere utilizzato solo se la prova del fatto non è acquisibile da parte istante e se l’iniziativa non ha finalità meramente esplorative;[2] l’accoglimento di tale istanza è rimessa al potere discrezionale del Giudice, il quale la potrà ammettere solamente se consta che
“la prova del fatto che si intende dimostrare non sia acquisibile aliunde, non potendo avere l'iniziativa finalità meramente esplorative o sostitutive dell'onere probatorio posto a carico della parte.”[3]
Ne consegue che l’agente, sul quale grava l’onere di provare l’avvenuta conclusione degli affari, non può utilizzare tale strumento per supplire al mancato assolvimento di un suo gravame probatorio e dovrà provare che la mancata allegazione di elementi probatori non sia a lui imputabile, nonché indicare in maniera specifica i documenti di cui chiede un estratto (che devono essere direttamente o indirettamente individuabili), posto che una richiesta troppo generica, sarebbe di fatto esplorativa e, quindi, inammissibile.
Secondo una recente sentenza della Corte di Cassazione,
“l'agente è titolare di un vero e proprio diritto all'accesso ai libri contabili in possesso del preponente, che siano utili e necessari per la liquidazione delle provvigioni e per una gestione trasparente del rapporto secondo i principi di buona fede e correttezza. Di conseguenza, il preponente, ove richiesto (anche giudizialmente), ha un vero e proprio obbligo di fornire la documentazione e le informazioni richieste dall'agente al fine di consentire l'esatta ricostruzione del rapporto di agenzia.”[4]
La sentenza continua:
“incombe comunque sull’agente che agisce al fine di ottenere l'esibizione documentale dedurre e dimostrare l'esistenza dell'interesse ad agire, con circostanziato riferimento alle vicende rilevanti del rapporto (tra cui, in primis, l'invio o meno degli estratti conto provvigionali ed il loro contenuto) e l'indicazione dei diritti, determinati o determinabili, al cui accertamento è finalizzata l'istanza.”
Seguendo tale principio, un’istanza con cui si chiede che venga genericamente ingiunto alla preponente di esibire gli estratti contabili di tutti i clienti che l’agente ha fornito (ad es. senza indicarne i nominativi), ovvero dei clienti che il preponente ha fornito direttamente nel territorio contrattuale (e sui cui ordini andati a buon fine, l’agente avrebbe percepito le provvigioni indirette), sarebbe verosimilmente ritenuta inammissibile, in quanto troppo generica e, quindi, esplorativa.
Qualora il Giudice riconosca che sussistono i requisiti sopra indicati, potrà emettere l’ordinanza di esibizione di tali estratti, con cui, in pratica (almeno per quanto è mia esperienza personale…) la preponente viene intimata ad esibire i mastrini provvigionali / le schede contabili, relative ai clienti per i quali l’agente ha promosso istanza ex art. 210 c.p.c.
In buona sostanza, i documenti sui quali sussiste il diritto di accesso dell’agente saranno:[5]
- le fatture di vendita rilasciate alla clientela;
- la copia dei libri iva, le bolle di consegna della merce;
- le ricevute di versamento ENASARCO e comunque tutti quei documenti necessari per la verifica del singolo affare;
- nonché gli estratti conto provvigionali, il tutto ovviamente riferito alla zona e al periodo nei quali l’agente ha svolto il proprio incarico.
Il Giudice, ottenuta la documentazione, può quindi disporre CTU tecnico contabile, volta a verificare gli ordini ricevuti dalla preponente e conteggiare il pagamento delle provvigioni.
Da un punto di vista pratico, bisogna altresì fare presente che spesso ciò può comportare dei problemi pratici assai rilevanti, derivanti dal fatto che dalla documentazione esibita, ed elaborata da parte del perito, spesso emerge un copiosissimo numero di informazioni prima sconosciute (almeno ad una) delle parti e che tali informazioni possono dare adito ad “una causa, nella causa.”
Da ultimo, si fa presente che l’art. 210 c.p.c. non è l’unico strumento in mano all’agente, il quale, secondo la giurisprudenza maggioritaria, ha comunque il diritto a richiedere l’estratto conto provvigionale ex art. 1749 c.c, anche autonomamente in via monitoria.[6]
Come si può comprendere, tale tematica è di assoluta rilevanza, posto che dall'art. 1749 c.c. derivano in capo all'agente diritti fondamentali che gli permettono, in definitiva, di provare il proprio diritto al pagamento delle provvigioni.
[1] Articolo che ha recepito con d.lgs 1999 n. 64, l’art. 12, co. 2 della direttiva 86/653/CEE, che ha appunto conferito all’agente il diritto “di esigere che gli siano fornite tutte le informazioni, in particolare un estratto dei libri contabili, a disposizione del preponente, necessarie per verificare l'importo delle provvigioni che gli sono dovute.”
[2] Cfr. Cass. Civ. 2011 n. 14968
[3] Cass. Civ. 2011, n. 26151.
[4] Cass. Civ. Sez. lavoro, n. 19319 del 2016.
[5] Cfr. Buffa, Bortolotti & Mathis, Contratti di Distribuzione, Wolters Kluver, 2016.
[6] Cass. Civ. 2010, n. 20707.