convenzione di vienna

Condizioni generali di contratto: battle of the forms, Convenzione di Vienna e codice civile.

Capire se, quando e con che limiti le condizioni generali di contratto si applichino al rapporto di vendita è lo scopo del presente articolo, con cui si cercherà di delineare le differenze che intercorrono tra la normativa civilistica e la disciplina della Convenzione di Vienna.

Nelle trattative commerciali è tutt’altro che infrequente che l’acquirente, mentre manifesta al venditore la propria volontà di accettare la proposta pervenutagli, includa nella sua dichiarazione condizioni aggiuntive o difformi rispetto a quella utilizzate dalla controparte.

Talvolta succede che l’acquirente si limiti ad accettare la proposta, allegando all’interno della comunicazione le proprie condizioni generali di acquisto talvolta le condizioni generali non sono neppure allegate alla conferma d’ordine, ma unicamente richiamate (ad esempio per mezzo di un link che rimanda ad una pagina del sito ove sono caricate). Succede ancora che entrambi i contraenti accludano le proprie “general terms and conditions” a tutta la documentazione che si scambiano nel corso delle trattative destinate ad una determinata vendita, se non addirittura nel corso del loro ben più ampio rapporto commerciale (all’interno di ordini d’acquisto, email, fatture, sito internet, bolle di consegna, ddt, etc.).

Capire se, quando e con che limiti le condizioni generali di contratto (CGC) si applichino al rapporto di vendita è lo scopo del presente articolo, con cui si cercherà (per quanto possibile) di delineare le differenze che intercorrono tra la normativa civilistica e la disciplina della Convenzione di Vienna (CISG).

Con il fine di dare all’articolo un approccio sistematico e sperando che ciò possa rendere più comprensibile una questione certamente tutt’altro che facile, si preferisce procedere per step, analizzando in primo luogo cosa succede se solamente uno dei contraenti ha richiamato le proprie CGC nella fase di conclusione del contratto, per poi passare alla situazione più complessa, relativa alla fattispecie per cui entrambe le parti hanno richiamato le loro CGC (c.d. “battle of the forms”).

1. Proposta ed accettazione: art. 1229 c.c. e art. 19 CISG.

Seppure la Convenzione di Vienna non contenga una norma che regolamenti espressamente le condizioni generali di contratto, posto che nella sua Parte II (art. 14-23) viene disciplinata in maniera esaustiva la disciplina della “formazione del contratto”, per comprendere a quali requisiti di forma sottostanno le CGC sarà necessario rifarsi alle norme ivi contenute.[1]

– Leggi anche: Proposta, accettazione e responsabilità precontrattuale. Convenzione di Vienna e codice civile a confronto.

In particolare, l’art. 19(1) della Convenzione, dispone che una risposta ad una proposta contrattuale tesa ad essere un’accettazione, ma che contiene aggiunte, limitazioni o altre modificazioni, è da considerarsi come un rifiuto della proposta stessa e vale perciò come controproposta.

Da una prima lettura di tale previsione, sembrerebbe che anche la CISG adotti il principio recepito dall’ordinamento civilistico di cui al quinto comma dell’art. 1326 c.c., in forza del quale “un’accettazione non conforme alla proposta equivale a nuova proposta”.

In realtà, il codice civile accoglie in maniera assai rigorosa la c.d. “mirrow image rule”, vale a dire la necessità di un rapporto di piena corrispondente tra il contenuto della proposta e dell’accettazione, ritenendo addirittura necessario che l’incontro e la fusione di proposta e accettazione debba investire non solo le clausole principali, ma anche quelle accessorie. Si legge in giurisprudenza:

In tema di accordo delle parti, l'ipotesi prevista dall'ultimo comma dell'articolo 1326 del c.c. ricorre anche quando le modifiche richieste in sede di accettazione sono di valore secondario; pertanto, nei contratti a formazione progressiva, nei quali l'accordo delle parti su tutte le clausole si raggiunge gradatamente, il momento di perfezionamento del negozio è di regola quello dell'accordo finale su tutti gli elementi principali e accessori, salvo che le parti abbiano inteso vincolarsi negli accordi raggiunti sui singoli punti riservando la disciplina degli elementi secondari.”[2]

La CISG, invece, conosce una deroga alla “mirrow image rule, contenuta nell’art. 19(2). In particolare, la risposta a un’offerta ricevuta, che abbia un contenuto differente, ma non a punto tale da alterarne sostanzialmente i termini (c.d. immaterial modifications), costituisce un’accettazione dell’offerta, a meno che il proponente, senza ingiustificato ritardo, contesti tali discrepanze o oralmente o mediante la notifica alla controparte di un avviso in tal senso.

Ma cosa sono le immaterial modifications introdotte dall’art. 19(2)?

La giurisprudenza internazionale ha considerato non sostanziali, ad esempio, una modifica dell’accettante favorevole al proponente[3] o per questi irrilevante[4], una modifica relativa alla clausola sulle modalità di imballaggio[5], una modifica della clausola sul termine di denuncia dei vizi[6], un avviso che il prezzo avrebbe potuto subire fluttuazione legate alle variazioni dei prezzi di mercato[7].

Il terzo comma del succitato art. 19 viene in soccorso all’interprete, indicando le variazioni che invece sono sostanziali e che quindi, se apportate nella risposta, trasformano la stessa in rifiuto della proposta, così da renderla necessariamente una controproposta. Queste sono le modifiche:

al prezzo, al pagamento, alla qualità e quantità delle merci, al luogo e momento della consegna, ai limiti della responsabilità di una parte riguardo all’altra o al regolamento delle controversie.”

Verosimilmente, la scelta di avere adottato una “mirrow image rule” non rigida, è dettata dall’esigenza di evitare che una delle parti, la quale, in presenza di mutate circostanze di fatto, intenda sottrarsi agli obblighi contrattualmente assunti, possa raggiungere questo risultato facendo rilevare una difformità non sostanziale tra proposta ed accettazione e, quindi, la mancata conclusione del contratto.[8]

Pertanto, in ogni ipotesi in cui le condizioni generali dell’aderente comportino delle modifiche non sostanziali, il contratto, in mancanza di un’opposizione da parte del proponente, deve ritenersi concluso e sarà regolato dalle clausole contenute nel formulario dell’accettante (si ricorda nuovamente, che al momento si sta analizzando unicamente l’ipotesi in cui sia solo l’aderente ad avere richiamato le CGC e non entrambe le parti).

2. Quando si applicano le CGC al contratto: codice civile e CISG a confronto.

Portando avanti il ragionamento, nel caso in cui le CGC dell’aderente contengano modifiche rilevanti rispetto alla proposta, l’applicazione della disciplina civilistica, rispetto a quella della Convenzione di Vienna ha degli evidenti impatti pratici.

Infatti, qualora al rapporto si applichi solamente la disciplina civilistica, la problematica sarà (principalmente) risolta utilizzando gli strumenti forniti dall’art. 1341 c.c., che prevede, in grandissima sintesi, (comma 1) che le CGC sono efficaci nei confronti del soggetto che le ha ricevute, se erano da questi conosciute o conoscibili utilizzando l’ordinaria diligenza al momento della conclusione del contratto, ad esclusione (comma 2) delle clausole “vessatorie” la cui validità è comunque subordinata a specifica accettazione scritta da parte del ricevente.

Circa le clausole non “vessatorie”, i limiti di applicabilità delle CGC imposti dall’ordinamento, sono essenzialmente due:

  • il riferimento al momento della conclusione del contratto, volto ad escludere l’efficacia di condizioni generali che l’aderente abbia avuto la possibilità di conoscere in un tempo successivo alla perfezione del contratto (ad esempio un testo inserito in fattura[9]);
  • quanto al criterio di ordinaria diligenza, questo deve riportarsi ad un concetto di normalità, che deve essere calibrato in base al tipo di operazione economica, dovendosi comunque escludere che all’aderente possa richiedersi un particolare sforzo o competenza per conoscere le condizioni generali usate dal predisponente.[10]

– Leggi anche: Condizioni generali di contratto nelle vendite online nazionali ed internazionali. Quando sono valide?

Qualora al rapporto si applichi la Convenzione di Vienna, verranno in soccorso, oltre al già menzionato art. 19, gli artt. 14, 18 che disciplinano la “formazione del contratto”, così come gli artt. 7 e 8, che regolamentano invece i criteri interpretativi.

Invero, secondo buona parte della dottrina[11] e della giurisprudenza[12], in caso di applicazione della CISG al rapporto, le norme qui sopra richiamate sono le uniche che debbano essere adottate per comprendere a quali requisiti di forma le CGC devono sottostare, con conseguente inapplicabilità della disciplina di cui all’art. 1341 c.c.

– Leggi anche: Condizioni generali di contratto, 1341 c.c. e convenzione di Vienna.

Come già analizzato in un precedente articolo, l’art. 14 dispone che una proposta rivolta ad uno o più soggetti, per potere essere tale, deve essere sufficientemente precisa (sufficiently definite) e indicare la volontà del suo autore di essere vincolato.

Nell’adottare tale principio alle condizioni genarli di vendita, la Corte di Cassazione tedesca ha affermato che in fase di formazione del contratto deve risultare:

  • manifesta l’intenzione dell’offerente di incorporare le CGC all’interno dell’offerta;
  • il testo deve essere stato trasmesso o, comunque, reso reperibile allo stesso prima della conclusione del contratto.[13]

L’effettiva “reperibilità” delle CGC, deve essere vagliata di volta in volta bilateralmente, nel senso che incombe anche sul ricevente, nella fase delle trattative, un obbligo di accertare e comprendere se al rapporto siano o meno applicabili le condizioni generali di vendita, utilizzando la diligenza della “reasonable person”, impostagli dall’art. ex art. 8(2).[14]

Sembrerebbe, quindi, che la Convenzione imponga un maggior grado di diligenza all’imprenditore nell’accertare e verificare da quali termini contrattuali il rapporto è regolamentato; questo è certamente in linea con lo spirito della Convenzione, pensata a disciplinare rapporti internazionali di vendita tra operatori del settore a cui è richiesta, necessariamente, un livello di competenza adeguato all’attività da loro prestata.

Parimenti alla normativa civilistica, essenziale è il momento in cui le CGC vengono messe a conoscenza del ricevente, motivo per cui la giurisprudenza ha considerato non potere fare parte del contratto delle CGC che siano state sottoposte al destinatario, una volta che il rapporto era stato già concluso, ossia tramite un richiamo delle stessa da ultimo all’interno della fattura di vendita.[15]

3. Accettazione implicita per fatti concludenti.

Una volta appurato che le condizioni erano conosciute o conoscibili al ricevente, essendo la Convenzione connotata dal principio della libertà di forma (e di prova) ex art. 11, in mancanza di accettazione espressa, bisognerà comprendere se le stesse siano state accettate implicitamente, in conformità al combinato disposto dell’art. 18 (accettazione della proposta) e dell’art 8.

Infatti, l’art 18(1) dispone in primo luogo che “una dichiarazione o altro comportamento del destinatario che indicano il consenso ad un’offerta costituiscono un’accettazione.” Inoltre, l’art. 18(3), indica che “il destinatario dell’offerta può indicare che acconsente, compiendo un atto attinente, ad esempio, la spedizione dei beni o al pagamento del prezzo.

Sul punto, ha disposto una corte statunitense, che:

in base alla CISG, l’accettazione non richiede una firma o una accettazione formale dell’offerta. […] Dall’istruttoria è emerso che al tempo STS aveva inviato i prezzi di vendita a Centrisys, includendo in allegato alla comunicazione le condizioni generali. Adottando il preventivo di vendita, Centrisys ha accettato la proposta contrattuale di vendita della centrifuga, compreso le condizioni generali di vendita.”[16]

Si desume, quindi, che se le CGC erano conosciute o conoscibili (utilizzando la diligenza del reasonable man di cui all’art. 8) da parte del ricevente e sono state da questi accettate per fatti concludenti, le stesse formeranno parte del contratto, a meno che le parti concordemente, ovvero gli usi e consuetudini applicabili al rapporto non subordinino la loro validità ad una forma poi non rispettata dalle parti.

– Leggi anche: Compravendita internazionale e l’importanza degli usi e delle consuetudini: Convenzione di Vienna e codice civile a confronto.

4. Lingua della CGC.

Una brevissima digressione in tema di obblighi di diligenza del soggetto ricevente, si riscontrano degli orientamenti divergenti in merito alla validità di condizioni generali scritte in una lingua non conosciuta al ricevente; parte della giurisprudenza, infatti, ritiene che le CGC scritte in una lingua straniera siano comunque valide, proprio in forza degli obblighi di cui all’art. 8(2), dovendosi ritenere che un imprenditore o comunque un operatore internazionale, prima di firmare un contratto, sia tenuto a verificare quanto stia sottoscrivendo anche (banalmente) facendo fare una semplice traduzione.[17]

5. Battle of the forms: knock-out e last shot rules.

Al momento si è analizzato lo scenario per cui solamente una delle due parti ha inviato le proprie condizioni generali di vendita.

Cosa succede, invece, se un contraente spedisce una proposta alla controparte, allegando le proprie CGC e l’altro contraente risponda, seppure accettando la proposta, allegando le proprie CGC difformi da quelle ricevute e poi entrambi inizino l’esecuzione del contratto?

Tenuto conto che le parti hanno dato esecuzione al contratto, si pone la necessità di comprendere da quali clausole standard il rapporto è regolato e per fare ciò vengono utilizzati due approcci principali: la last shot rule e del knock-out rule.

Quale fautore della last shot rule”, si ritiene adeguato richiamare la più autorevole dottrina:

se le condizioni generali dell’accettante alterano sostanzialmente i termini della proposta, il contratto non può considerarsi concluso, nemmeno escludendo le condizioni generali confliggenti, come invece vorrebbe parte della dottrina e della giurisprudenza le quali privilegiano la c.d. “Rechtsgültigkeitslösungo “knock-out rule”. A nostro avviso, se viene data esecuzione al contratto, ciò deve considerarsi quale accettazione per atti concludenti da parte dell’(originario) proponente della controproposta dell’accettante – della quale fanno parte anche le condizioni generali che modificano in modo sostanziale la proposta originaria; in dottrina si è parlato in proposto di vigenza della c.d. “last shot rule”[18]

In base alla differente teoria della “knock-out rule”, nel caso in cui le parti si siano scambiate formulari contrastanti, l’intervenuta esecuzione del contratto sarebbe da interpretare come la volontà dei contraenti, non tanto di non avere raggiunto alcuna intesa (altrimenti non si spiegherebbe, appunto, l’esecuzione dello stesso), quanto piuttosto di avere raggiunto un consenso a prescindere dalle clausole contrastanti, clausole che dovranno essere invece espunte dal contratto.

La Corte federale tedesca ha sposato tale teoria, giustificandola in base ai criteri della buona fede e della correttezza (art. 7(1) CISG), affermando che le clausole contenute all’interno delle condizioni generali di contratto diventano parte dell’accordo (solamente) se non contrastanti tra di loro.[19]

Sicuramente, tale teoria ha dei risvolti tutt'altro che di facile esecuzione e di difficile applicazione pratica, se si pensa al fatto che dovrà essere demandato al giudice il compito ricostruire l’effettiva volontà delle parti ex art. 8, andando a cancellare le clausole sulle quali non vi sia stato un effettivo incontro della volontà tra i contraenti.


[1] Bortolotti F. ‘‘Manuale di diritto commerciale internazionale’’ vol. II L.E.G.O. Spa, 2010; Ferrari F. ‘‘Condizioni generali di contratto nei contratti di vendita internazionale di beni mobili’’ in Obb. e Contr., 2007, 4, 308; Bonell M.J. «Le condizioni generali in uso nel commercio internazionale e la loro valutazione sul piano transnazionale» in «Le condizioni generali di contratto» a cura di Bianca M., Milano, 1981); Larry A. DiMatteo, International sales law. A global Challenge, Cambridge, 2014.

[2] Cass. Civ. 2003, n. 16016.

[3] Oberster Gerichtshof, Austria, 20.3.1997.

[4] China Internationale Economic & Trade Arbitration Commissione, 10.6.2002.

[5] Oberlandesgericht Hamm, Germania, 22.9.1997.

[6] Landgericht Baden-Baden Germania, 14.8.1991.

[7] Cour d’Appel de Paris, Francia, 22.4.1992.

[8] Bellelli, sub. art. 19, Convenzione di Vienna sui contratti di vendita internazionale di beni mobili, commentario coordinato da Bianca, CEDAM, 1992.

[9] Cass. Civ. 1962, 2890.

[10] Bianca, Diritto Civile, Il contratto, 1987.

[11] Bortolotti F. ‘‘Manuale di diritto commerciale internazionale’’ vol. II L.E.G.O. Spa, 2010; Ferrari F. ‘‘Condizioni generali di contratto nei contratti di vendita internazionale di beni mobili’’ in Obb. e Contr., 2007, 4, 308; Bonell M.J. «Le condizioni generali in uso nel commercio internazionale e la loro valutazione sul piano transnazionale» in «Le condizioni generali di contratto» a cura di Bianca M., Milano, 1981).

[12] Trib. Rovereto 24.8.2006; Cass. Civ. 16.5.2007, n. 11226.

[13] Bundesgerichtshof, Germania, 31.10.2001; sul punto anche Zeller, The CISG and the Battle of the Forms, in Di Matteo, op. cit.

[14] Zeller, The CISG and the Battle of the Forms, in Di Matteo, op. cit.

[15] Chateau des Charmes Wines Ltd. v. Sabaté USA, Sabaté S.A.

[16] Golden Valley Grape Juice and Wine, LLC v- Centrisys Corporation, 22.10.2011.

[17] MCC.Marble Ceramic Center v. Ceramica Nuova D’Agostino; in senso contrario, Oberlandesgericht Celle, Germania, 2.9.1998.

[18] Ferrari, sub art. 19, Vendita internazionale di beni mobili, op. cit. in Mastromatteo, La Vendita internazionale, Giappichelli, 2013.

[19] Bundesgerichtshof, Germania, 9.1.2002.


Condizioni generali di contratto online

Condizioni generali di contratto nelle vendite online nazionali ed internazionali. E se si applica la convenzione di Vienna?

La regolamentazione delle condizioni generali di contratto nel commercio elettronico comporta non poche e irrilevanti complessità.

Se da un lato pare abbastanza facilmente risolvibile da un punto di vista pratico assicurare la conoscibilità delle condizioni generali di vendita tramite alcuni accorgimenti, certamente più complesso e meno agevole è assicurare che vengano espressamente approvate per iscritto le clausole vessatorie in conformità con i dettami del secondo comma dell'art. 1341 c.c.

La nozione di condizioni generali di contratto (“CGC”) è inserita all’interno del nostro Ordinamento all’art. 1341 c.c.  Per CGC di contratto si deve intendere un insieme di clausole contrattuali, che hanno per loro natura carattere di generalità, in quanto sono destinate a valere per tutti i contratti di una determinata serie, e di unilateralità, posto che vengono predisposte unicamente da parte di un contraente, il c.d. predisponente.

La formula condizioni generali di contratto esprime quindi il fenomeno pratico della preventiva e unilaterale formulazione di un contenuto negoziale uniforme, destinato ad essere utilizzato per disciplinare una serie indeterminata di rapporti facenti capo al predisponente.[1]

1) Quando sono valide?

L’art. 1341 c.c. detta, in relazione al contenuto delle condizioni generali, due diversi requisiti di efficacia. Prevede al primo comma, il generale requisito di efficacia della conoscenza o conoscibilità e al secondo comma, il particolare requisito di efficacia della specifica approvazione per iscritto per le clausole c.d. vessatorio o dette anche onerose.

1.1. La conoscibilità e la conoscenza.

La conoscibilità consiste nella possibilità per l’aderente di acquisire la conoscenza mediante l’impiego della ordinaria diligenza. Pertanto, per tutti i contratti che vengono conclusi mediante condizioni contrattuali uniformi predisposte dall'imprenditore che li eroga, vale il principio di favore dettato dal primo comma dell'art. 1341 cod. civ., giusto il quale il contenuto effettuale di tali clausole è opponibile nei confronti dell’altro contraente anche se questi, pur senza averle conosciute, avrebbe comunque dovuto conoscerle usando l'ordinaria diligenza.[2]

Ciò presuppone comunque un’attività del predisponente idonea a consentire la conoscenza, tenuto conto della diligenza che è normale attendersi dall’aderente medio con riferimento al tipo di operazione economica compiuta.[3]

1.2. Prova scritta e clausole vessatorie.

Il secondo comma disciplina la situazione specifica nella quale le condizioni stesse sono vessatorie e stabilisce che esse, per essere vincolanti nei confronti dell'altro contraente, debbono essere approvate particolarmente per iscritto, nella consapevolezza di assumere un obbligo oggettivamente gravoso.[4] L’elenco delle clausole vessatorie (avente carattere tassativo e non soggetto ad un’interpretazione estensiva)[5] ha ad oggetto in particolare:

  • limitazioni di responsabilità (art. 1229);
  • facoltà di recedere dal contratto (art. 1373) o di sospenderne l'esecuzione (art. 1461), ovvero sanciscono a carico dell'altro contraente decadenze (art. 2965);
  • limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni (art. 1462);
  • restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi (artt. 1379, 1566, 2596), tacita proroga o rinnovazione del contratto (art. 1597, 1899), clausole compromissorie (art. 808 c.p.c.) o deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria (art. 1370; 6, 28, 29, 30, 413 c.p.c.

Posto che una delle caratteristiche proprie delle CGC è la loro natura unilaterale, la necessità dell'approvazione scritta delle clausole vessatorie è esclusa ogniqualvolta la conclusione del contratto sia stata preceduta da una trattativa che abbia avuto ad oggetto specificamente le clausole che necessiterebbero altrimenti di un'autonoma sottoscrizione, mentre la sottoscrizione resta indispensabile per le clausole a contenuto vessatorio alle quali la parte abbia aderito senza alcuna discussione.[6]

Quanto alle modalità di approvazione, si ritiene generalmente che non vi sia bisogno di una sottoscrizione specifica per ciascuna clausola vessatoria e che l'obbligo della specifica approvazione per iscritto è rispettato anche nel caso di richiamo numerico a clausole purché sia accompagnato da un'indicazione, benché sommaria, del loro contenuto.[7]

2) 1341 c.c. e il commercio elettronico.

Applicare i principi qui sopra sommariamente richiamati al mercato elettronico, comporta non poche e irrilevanti complessità: in particolare, la doppia sottoscrizione di clausole vessatorie apposte in contratti telematici rappresenta un problema assai complesso e dibattuto sia in dottrina, che in giurisprudenza.

Se in una vendita online, da un lato pare abbastanza facilmente risolvibile da un punto di vista pratico assicurare la conoscibilità ex art. 1341 comma 1 c.c. delle condizioni generali di contratto tramite alcuni accorgimenti (ad es l’inserimento di link nel sito o all’interno dell’ordine, che richiamano le CGC), certamente più complesso e meno agevole è assicurare che vengano espressamente approvate per iscritto le clausole vessatorie in conformità con i dettami del secondo comma del succitato articolo.

La soluzione che normalmente viene adottata sui siti di e-commerce è di predisporre due form distinti, di cui uno è destinato all’approvazione delle condizioni generali di contratto nel suo complesso (tramite la spunta di una casella e l’accettazione con un “click”, cosiddetta procedura del “click-wrapping”) ed uno delle clausole vessatorie, che vengono quindi separatamente accettate (seppur mediante un “click”).

La giurisprudenza ha avuto più occasioni di pronunciarsi se l'accettazione tramite clic, rispetti i requisiti di forma imposti dall’art. 1341, secondo comma, c.c., registrando per il momento posizioni tra loro assai contrapposte.

Si registra una sentenza del Giudice di Pace di Trapani, con cui viene affermato che:

la selezione di una casella tramite il click non può essere equiparata al requisito della doppia sottoscrizione richiesto dall'art. 1341 c.c., dal momento che essa non può essere assimilata alla firma del contraente che non abbia predisposto il testo dell'accordo.[8]

Tale orientamento, ha ripreso una un po’ meno recente decisione del Tribunale di Catanzaro del 2012,[9] in cui l’attore aveva lamentato la natura vessatoria della clausola contenuta nei termini d’uso del sito web del preponente (eBay), che consentiva alla società di sospendere o cancellare in ogni momento, anche senza motivazione, l’account con cui il venditore poteva utilizzare la piattaforma.

Il Tribunale aveva accolto la domanda, constatando la natura abusiva della clausola e rilevando che eBay non avesse predisposto un meccanismo di doppia accettazione valido ai sensi dell’art. 1341, comma 2, c.c., tramite specifica approvazione dell’aderente delle CGC per mezzo di firma digitale, posto che solo quest’ultima avrebbe garantito l’effettiva accettazione della disposizione e l’identificabilità del sottoscrivente.

A parere di chi scrive, posto che il testo dell’art. 1341, secondo comma c.c., non richiede la specifica sottoscrizione delle clausole vessatorie, quanto piuttosto la loro approvazione, la firma digitale non dovrebbe essere ritenuto elemento necessario per garantire il soddisfacimento di tale requisito, quanto piuttosto per superare un differente (ed ulteriore) ostacolo, ossia relativo alla prova della riconducibilità della sottoscrizione di un contratto elettronico ad un soggetto ben identificato.[11]

A tale proposto, posto che tale “identificazione” può essere effettuata anche in modalità più snelle e più in linea con quelle che sono le esigenze commerciali di entrambe le parti, si potrebbe ritenere che la validità dell’accettazione delle condizioni generali di contratto tramite clic e la loro riconducibilità ad un determinato soggetto, possa essere maggiormente “rafforzata” se questa viene raccolta, ad esempio, a seguito di un login con inserimento di user name e password da parte dell’aderente.[12]

Si evidenzia comunque che più recentemente, nel 2018, il Tribunale di Napoli in una vicenda analoga (relativa ancora ai termini di utilizzo di eBay), ha invece accolto un orientamento assai difforme, ritenendo non necessario introdurre il requisito della firma digitale per accettare le clausole vessatorie, posto che questa soluzione avrebbe portato a:

trasformare in via pretoria tutti i contratti telematici in contratti a forma vincolata, imponendo per la loro stipula l’impiego di uno strumento sofisticato, ancora non massivamente diffuso tra il pubblico, e così paralizzando, di fatto, lo sviluppo sul piano nazionale di un intero settore di traffici sempre più importante a livello planetario”.

Ancora in tal senso, si legge in un ormai risalente decisione del Giudice di Pace di Partanna,[10]  che aveva ritenuto sufficiente ad integrare il requisito della forma scritta di cui all’art. 1341, secondo comma, c.c. tramite

un doppio assenso, premendo sull’apposto tasto: uno di adesione e l’altro di approvazione delle clausole cosiddette vessatorie.”

3) 1341 c.c. e commercio internazionale
3.1. Deroga della giurisdizione.

Dopo avere, seppure assai brevemente, analizzato quelle che sono le principali problematiche relative ai limiti di utilizzabilità delle CGC nell’ambito del commercio elettronico, si va qui di seguito ad esaminare la possibilità di derogare la giurisdizione in favore dell’Autorità Giudiziaria di uno Stato membro, semplicemente inserendo una clausola di proroga all’interno delle condizioni generali di contratto, da sottoporre all’accettazione dell’aderente tramite un semplice clic.

L’art. 23 del regolamento Bruxelles I bis, prevede che l’accordo attributivo di competenza deve essere concluso:

  1. “Per iscritto o oralmente con conferma scritta,
  2. o in una forma ammessa dalle pratiche che le parti hanno stabilito tra di loro, o
  3. nel commercio internazionale, in una forma ammessa da un uso che le parti conoscevano o avrebbero dovuto conoscere […].
  1. La forma scritta comprende qualsiasi comunicazione elettronica che permetta una registrazione durevole della clausola attributiva di competenza

La Corte di Giustizia Europea[13] è stata interrogata a rispondere se la procedura di accettazione mediante clic, con cui un compratore ha accesso alle condizioni generali di vendita che figurano su un sito Internet cliccando appunto su un collegamento ipertestuale che apre una finestra, soddisfi i requisiti dell’art. 23, paragrafo 2, del regolamento di Bruxelles I.

Il caso, riguardava un concessionario di automobili stabilito in Germania, che dopo avere acquistato sulla pagina web della convenuta (una società con sede Belgio), chiamava in giudizio parte venditrice presso il tribunale tedesco di Krefeld. La venditrice si costituiva sostenendo che i giudici tedeschi non erano competenti, tenuto conto che all’art. 7 delle CGC di vendita era prevista una clausola attributiva di competenza a favore del giudice di Lovanio (Belgio).

La Corte di Giustizia, confermava la competenza del giudice di Lovanio, ritenendo che la procedura di accettazione mediante clic delle condizioni generali di un contratto di vendita conclusosi elettronicamente, che contengono una clausola di deroga di competenza, costituisce una accettazione per iscritto delle stesse, trattandosi di comunicazione elettronica che, seppure non si apra automaticamente al momento della registrazione sul sito internet, permette di essere salvata o stampata prima della conclusione del contratto e costituisce pertanto una comunicazione elettroniche ai sensi dell’art. 23, paragrafo 2, del regolamento.

Tale problematica è stata recentemente sottoposta anche alle Sezioni Unite della Cassazione,[14] che hanno ritenuto che una clausola di proroga della giurisdizione (ex art. 23 del Regolamento), è valida anche qualora sia contenuta nelle condizioni generali di un contratto, espressamente richiamate nell'ordine di acquisto sottoscritto dal committente ed accessibili da indirizzo web ivi richiamato e che prima della conclusione del contratto, sia possibile stampare e salvare il testo di dette condizioni.

La deroga di giurisdizione, non richiede quindi la specifica approvazione scritta dell'aderente, ex art. 1341, secondo comma, c.c., posto che essa non rientra tra le clausole vessatorie ivi tassativamente elencate. È opportuno fare presente che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale,[16] l’art. 1341 c.c. detta un criterio di competenza e che questo non incide sui diversi criteri attributivi di giurisdizione applicabili alle controversie internazionali. Le stesse Sezioni Unite[15] si sono recentemente pronunciate, sul punto affermando che:

Il requisito della forma scritta, prescritto dall’art. 23 del Regolamento […], è rispettato ove la clausola stessa figuri tra le condizioni generali di contratto, se il documento contrattuale sottoscritto da entrambe le parti contenga un richiamo espresso alle condizioni generali suddette recanti quella clausola, senza la necessità di una specifica approvazione per iscritto ai sensi dell’art. 1341 c.c.”

3.2. Condizioni generali di contratto e convenzione di Vienna.

Nel caso in cui le condizioni generali di contratto disciplinino dei rapporti di compravendita internazionale, con conseguente (eventuale) applicabilità della Convenzione di Vienna,[17] si pone la problematica se il requisito della doppia sottoscrizione di cui all’art. 1341 c.c. sia o meno invocabile.

Invero, la Convenzione di Vienna, al pari di ogni altra convenzione di diritto contrattuale uniforme, non regolamenta tutte le questioni che possono sorgere intorno ai contratti da essa disciplinati; tale elemento ha non poco rilievo se si considera che le questioni non disciplinate, dovranno essere risolte sulla base del diritto applicabile al rapporto contrattuale.[18]

Contrariamente, tutte le questioni che vengono espressamente regolamentate dalla Convezione, prevarranno sulle norme di diritto interno, che saranno dalla stessa derogate; per comprendere se l’art. 1341 c.c. sia in tal caso invocabile è essenziale comprendere se le CGC siano o meno regolate da tali norme di diritto uniforme.

Secondo più autorevole dottrina,[19] seppure le condizioni generali di contratto non vegano espressamente regolamentate dalla Convenzione di Vienna, posto che nella sua Parte II viene disciplinata in maniera esaustiva la "formazione del contratto" , per comprendere a quali requisiti di forma le CGC devono sottostare sarà necessario rifarsi alle norme della Convenzione stessa.

Sul presupposto che l’art. 11 della Convenzione di Vienna stabilisce il principio della libertà di forma, parte della dottrina[20] e della giurisprudenza[21] ha quindi ritenuto che in caso di applicazione della Convenzione, il requisito ex art. 1341 c.c. dell’assoggettamento di eventuali clausole vessatorie predisposte da uno dei contraenti alla specifica approvazione scritta, debba considerarsi derogato.

Seguendo tale principio ed applicandolo alle vendite online, si può quindi ritenere che, in caso di applicazione della Convenzione di Vienna, le clausole vessatorie inserite in condizioni generali di contratto non richiederebbero una specifica approvazione, potendo quindi essere accettate anche tramite “clic”; sarà pur sempre onere del disponente (ex art. 9) accertarsi che l’aderente sia stato messo in condizione di venire a conoscenza delle stesse, tramite un atteggiamento “proattivo” in virtù di un generale obbligo di buona fede e collaborazione commerciale.[22]


[1] Bianca, Diritto Civile, Giuffrè, Terza edizione, pag. 340.

[2] Tribunale Milano 18.6.2009.

[3] Bianca, Le condizioni generali di contratto, 1979, pag. 2.

[4] Cass. civ. 2003, n. 1833.

[5] Cass. Civ. 2013, n. 14038.

[6] Cass. civ. 2020, n. 8268.

[7] Trib. Rimini, 4.4.2020; Cass. Civ. 2018, n. 17939.

[8] Giudice di pace Trapani, 14.10.2019, con nota di Quarta La conclusione del contratto di albergo per via telematica: pagamento anticipato e revoca della prenotazione, Danno e responsabilità, 2020, 2; Giudice di pace Milano 28.01.2019, Tribunale di Catanzaro 30.4.2012, in Res. Civ. e prev., 2013, 2015 ss.

[9] Trib. Catanzaro 30.4.2012, in Contratti, 2013, 1, 41, con nota di V. Pandolfini, Contratto on line e clausole vessatorie: quale firma (elettronica)?

[10] Giudice di pace Partanna 1.2.2002.

[11] Lo stesso Tribunale di Catanzaro, argomenta che il contratto non è valido in quanto solo la firma digitale avrebbe garantito l’effettiva accettazione della disposizione e l’identificabilità del sottoscrivente.

[12] Sulla tematica cfr. anche Cerdonio Chiaramonte, Specifica approvazione per iscritto delle clausole vessatorio contrattazione online, NGCC, n. 3, 2018.

[13] Corte di Giustizia Unione Europea, 21.5.2015, n. 322/14.

[14] Cass. Civ. Sez. Un. 2017, n. 21622.

[15] Cass. Civ. Sez. Un. 2020, n. 1871.

[16] Sul punto cfr. Cass. Civ. Sez. Un. 1982, n. 6190, Cass. Civ. 2003, n. 17209, Cass. Civ. 2010, n. 14703.

[17] L’art. 1 della Convenzione che la stessa “si applica ai contratti di vendita delle merci fra parti aventi la loro sede di affari in Stati diversi: a ) quando questi Stati sono Stati contraenti; o b ) quando le norme di diritto internazionale privato rimandano all'applicazione della legge di uno Stato contraente.”

[18] Secondo la giurisprudenza italiana non sono disciplinate dalla Convenzione questioni legate ad es. alla rappresentanza e alla prescrizione (Trib. Padova 25.2.2004; Trib. Vigevano 12.7.2000).

[19] Ferrari, Vendita internazionale dei beni mobili,

[20] Bortolotti F. ‘‘Manuale di diritto commerciale internazionale’’ vol. II L.E.G.O. Spa, 2010; Ferrari F. ‘‘Condizioni generali di contratto nei contratti di vendita internazionale di beni mobili’’ in Obb. e Contr., 2007, 4, 308; Bonell M.J. «Le condizioni generali in uso nel commercio internazionale e la loro valutazione sul piano transnazionale» in «Le condizioni generali di contratto» a cura di Bianca M., Milano, 1981).

[21] Trib. Rovereto 24.8.2006; Cass. Civ. 16.5.2007, n. 11226.

[22] In materia, Ferrari, Condizioni generali di contratto nei contratti di vendita internazionale di beni mobili, Obbligazioni e contratti, 2007, 308.