geoblocking, diritto antitrust

Vendere online all'estero: legge applicabile, geoblocking e diritto antitrust.

Il presente articolo è volto a fornire al lettore degli spunti per strutturare una strategia di vendita online indirizzata ai mercati esteri, che tenga conto delle normative comunitarie sul geoblocking, delle normative dei Paesi in cui si intende esportare e, non da ultimo, del diritto antitrust.

1. Geoblocking: cos’è e quando si applica?

In primo luogo bisogna
analizzare la recente disciplina europea, introdotta con Reg.
28 febbraio 2018, n. 302/2018
, in vigore dal 3 settembre 2018, recante
misure volte a impedire i blocchi geografici ingiustificati (conosciuta anche
come “geoblocking”).

Il geoblocking è stato introdotto dall’UE con
il fine di assicurare che venga correttamente applicato anche al mercato
elettronico, uno dei principi fondanti dell’Unione Europea: la libera circolazione
delle merci.

Il nuovo Regolamento, si
propone dunque di impedire i blocchi geografici ingiustificati o altre forme di
discriminazione basate, direttamente o indirettamente, sulla nazionalità, sul luogo
di residenza o stabilimento dei clienti.

L’art. 3 di tale regolamento dispone
infatti che:

Un professionista [ossia un imprenditore/impresa]
non può bloccare o limitare attraverso l’uso di strumenti tecnologici o
in altro modo, l’accesso di un cliente alla sua interfaccia online per
motivi legati alla nazionalità, al luogo di residenza o al luogo di stabilimento
del cliente.”

Tale articolo prosegue:

“Un professionista
non può per motivi legati alla nazionalità
, al luogo di residenza, o al
luogo di stabilimento di un cliente, reindirizzare tale cliente ad una versione
della sua interfaccia online diversa da quella cui il cliente desiderava
accedere inizialmente
, per via della sua struttura della lingua usata o di
altre caratteristiche che la rendono specificamente destinata ai clienti con
una particolare nazionalità, luogo di residenza o luogo di stabilimento, a
meno che il cliente non vi abbia esplicitamente acconsentito
.”

Da un punto di vista concreto, il
Regolamento vieta la pratica per la quale venga impedito ad un utente, ad
esempio francese, di comperare un prodotto su sito italiano, in quanto viene reindirizzato
automaticamente su altro sito designato a gestire i clienti francesi.

Attenzione, con ciò non si
intente che il professionista non possa usare diverse versioni della propria
interfaccia online, al fine di rivolgersi a clienti provenienti da
Stati membri diversi[1]
(ad esempio la versione in lingua tedesca, per il mercato tedesco, quella
francese per la Francia, etc.), ma impone che le diverse versioni pensate per i
differenti mercati, possano essere accessibili da tutti i paesi dell’UE (un
francese, può vedere il sito italiano e le condizioni di vendita ivi contenute).

Sul punto, l’art. 3, comma 2,
punto 2 del Regolamento chiarisce infatti che:

in caso di reindirizzamento con l’esplicito
consenso del cliente, la versione dell’interfaccia online del professionista
cui il cliente desiderava accedere inizialmente deve restare facilmente accessibile
al cliente in questione.”

Ne consegue che il professionista non solo sarà libero di utilizzare diverse versioni della propria interfaccia online per rivolgersi a clienti provenienti da Stati membri diversi, ma anche di reindirizzare automaticamente il cliente ad una determinata versione dell’interfaccia, qualora l’utente abbia espresso il proprio consenso esplicito[2] ed a condizione che l’utente sia comunque libero di accedere a tutte le altre versioni della stessa interfaccia.


2. Geoblocking significa che devo vendere ovunque?

Un punto va chiarito: il nuovo Regolamento
cancella il blocco, ma non obbliga a vendere fuori dal proprio Paese.

Il geoblocking non limita la possibilità di decidere
di commercializzare i propri prodotti online in determinati Paesi, bensì vieta
che se il sito prevede la consegna unicamente in determinati paesi (per
semplificare, in Italia), venga impedito al cliente di altro Paese comunitario (Germania)
di acquistare online quel prodotto, ove accetti la consegna in Italia.[3]

Inoltre, se si prevede la commercializzazione
in più Paesi è consentita una differenziazione di prezzi, per tener conto, ad esempio,
dei diversi costi da sostenere per la consegna della merce, purché la scelta
non avvenga in maniera discriminatoria.

Infatti, l’art. 4, comma 1 del Regolamento
dispone che il geoblocking:

non impedisce ai professionisti di offrire condizioni generali di accesso, ivi compresi prezzi di vendita netti, che siano diverse tra Stati membri o all’interno di uno Stato membro e che siano offerte a clienti in un territorio specifico o a gruppi specifici di clienti su base non discriminatoria.”


3. A chi rivolgo la vendita?

Posto che la proposta di
vendita inserita online sul proprio sito comporta che la stessa sia visibile
da parte di tutti gli utenti della rete, in assenza di precisazioni si
applicherebbe la disciplina generale che prevede che se il professionista dirige
la propria attività di vendita in un determinato Stato estero, implicitamente fa
ritenere che la vendita sia rivolta anche ai clienti domiciliati in quel determinato
Paese.

Ne consegue che se il sito è
tradotto in tedesco è implicito che la vendita venga rivolta nei confronti di Germania,
Austria, Lichtenstein e Lussemburgo, così come se è tradotto in inglese, che la
stessa venga promossa nei confronti di (quasi) tutto il mondo.

Seppure la scelta di “massima
apertura” possa sembrare commercialmente molto conveniente, si invita a valutarla
prudenzialmente, avendo la stessa notevoli ripercussioni giuridiche (principalmente
collegate alla legge applicabile ai singoli contratti di vendita ed alla
violazione di eventuali norme straniere), fiscali (in particolare con
riferimento alla soggezione della transazione all’IVA del Paese di domicilio dell’acquirente)
e doganali (in caso di vendita Extra UE).

Pertanto, affinché non vi siano dubbi, una volta che si è valutato in quali Paesi si intende dirigere effettivamente la propria attività di vendita, è consigliato indicarlo direttamente nel sito e nelle condizioni generali di vendita.


4. Da quale legge e disciplinata la vendita?

Se le vendite sono rivolte solamente
ad un mercato (ad es., per semplificare, l’Italia), con consegna della merce
nel territorio di tale Paese e l’acquirente è un consumatore domiciliato in un diverso
Paese (ad es. Germania), che richiede che la consegna della merce avvenga in
Italia, tale vendita sarà regolata dal diritto italiano, senza che ci si debba preoccupare
di prevedere nelle condizioni generali di vendita di rispettare eventuali norme
imperative previste dalla Germania. [4]

Diverso discorso, invece, nel caso in cui l’ordine parte dalla Germania e la consegna della merce avvenga in territorio tedesco, in tal caso, la legge applicabile al contratto di vendita sarà il diritto tedesco e, nel caso in cui l’utente finale è un consumatore, tale scelta non potrà essere derogata, neppure con il consenso scritto delle parti.[5]


5. Violazione degli obblighi di informazione e normative straniere.

Se il sito prevede la vendita
anche in Paesi diversi dall’Italia, sarà necessario organizzarlo assicurandosi
che:

  • le condizioni generali di vendita rispettino gli obblighi di
    informazione al consumatore, di cui all’art. 6 del comma 1 della Direttiva
    2011/83/UE;[6]
  • le condizioni generali di vendita rispettino eventuali norme imperative
    dei Paesi in cui si intende esportare, diverse e/o ulteriori rispetto a quelle
    previste dalla legge italiana;
  • siano inseriti sul sito le informazioni commerciali richieste dallo
    Stato in cui si esporta.

Con riferimento ai sopracitati
obblighi informativi, si evidenzia che:

  • la limitazione alla consegna della merce deve risultare con chiarezza
    dal sito, sin dall’inizio dell’iter che porta alla conclusione del contratto, ex art. 8, comma 3 della
    Direttiva 2011/83/UE;[7]
  • dovranno essere nella lingua del consumatore (l’art. 8 comma 1 della Direttiva
    prevede l’obbligo di “informare il consumatore con un linguaggio semplice e comprensibile”).[8]

La sanzione in caso di
violazione degli obblighi d’informazione al consumatore consiste nell’estensione
del diritto di recesso da quattordici giorni, a dodici mesi e quattordici
giorni.[9]

Oltre al rischio di tale sanzione, in alcuni Paesi europei vi è altresì quello di subire una diffida e, nei casi più gravi, un’azione inibitoria davanti al Tribunale competente: la legge tedesca, ad esempio, prevede che in caso di clausole inefficaci nelle condizioni generali di vendita e di violazione delle norme a tutela dei consumatori, la diffida e/o azione inibitoria possa essere esperibile non solo dal consumatore, ma addirittura da un concorrente, ovvero da un’associazione di tutela dei consumatori.[10]


6. Possono i distributori e rivenditori vendere online?

Nel caso in cui il produttore si avvalga anche di distributori e rivenditori terzi per la commercializzazione dei propri prodotti, è opportuno ricordare brevemente quelli che sono i poteri di controllo nei confronti di tali soggetti, rimandando, per maggiori approfondimenti, alla sezione antitrust di questo blog.

Il Regolamento 330/2010 sulle vendite verticali e recenti sentenze della Corte di Giustizia Europea[11] hanno previsto che un produttore non può vietare ad un proprio distributore/rivenditore di vendere i prodotti acquistati attraverso un proprio sito internet, né commercializzare per mezzo di piattaforme digitali di terzi soggetti.

L’unico modo per limitare tale possibilità da parte di soggetti terzi è (per i prodotti di alta gamma, di lusso e tecnicamente sviluppati) quello di creare una rete distributiva selettiva, in cui i distributori e rivenditori si impegnano a vendere i beni oggetto del contratto, solamente a distributori selezionati sulla base di criteri oggettivi di carattere qualitativo stabiliti indistintamente e non discriminatorio per tutti i soggetti appartenenti alla rete.

In tal caso, secondo la più recente giurisprudenza della Corte di Giustizia,[12], un produttore è autorizzato ad imporre al proprio distributore una clausola che consente di vendere i prodotti tramite internet, ma a condizione che tale attività di vendita online sia realizzata tramite una “vetrina elettronica” del negozio autorizzato e che venga in tal modo preservata l’aurea di lusso ed esclusività di questi prodotti (sul punto cfr. il Caso Amazon e Il sistema misto: quando il produttore sceglie di adottare sia la distribuzione esclusiva, che selettiva).


[1] Confronta considerando n. 20
del Regolamento sul geoblocking.

[2] Il consenso una volta prestato, può essere ritenuto valido
anche per le visite successive dello stesso cliente alla stessa interfaccia
online, purché venga offerta la possibilità al cliente di revocarlo quando ritiene
opportuno. Sul punto cfr. considerando n. 20 del Regolamento sul geoblocking.

[3] Sul punto cfr. Stefano
Dindo, E-Wine, Aspetti gius-economici della comunicazione e distribuzione del vino
online, G. Giappichelli Editore, p. 41, 2018.

[4] In base all’art. 6, comma 1,
lett. a) e b) del Regolamento 593/2008.

[5] Cfr. nota precedente.

[6] Direttiva 2011/83/UE del
parlamento europeo e del consiglio del 25 ottobre 2011 sui diritti dei
consumatori. Importante, trattandosi di Direttiva (e non di Regolamento), la
stessa deve essere recepita con delle leggi nazionali, lasciando comunque i
Paesi membri liberi di scegliere la via normativa più consona per raggiungere gli
obiettivi ivi imposti; ne consegue che ogni Paese e libero di inserire degli
obblighi informativi ulteriori rispetto a quelli indicati nella direttiva stessa.

[7] Art. 3 Direttiva 2011/83/UE:
“I siti di commercio elettronico indicano in modo chiaro e leggibile, al più
tardi all’inizio del processo di ordinazione, se si applicano restrizioni
relative alla consegna e quali mezzi di pagamento sono accettati.”

[8] Attenzione! Tali parametri
di lingua devono essere inoltre rispettati anche per l’applicazione delle disposizioni
del GDPR. Sul punto cfr. Considerando n. 20 di tale Regolamento.

[9] Art. 10 comma 1 della Direttiva 2011/83.

[10] Cfr. Robert Budde, E-Wine,
Aspetti gius-economici della comunicazione e distribuzione del vino online, G.
Giappichelli Editore, p. 51 e ss., 2018.

[11] Cfr. sentenza Corte di
Giustizia nel caso Pierre Fabre C‑439/09.

[12] Sentenza del 6 dicembre 2017,  C-230/16 Coty Germany GmbH.


La legge applicabile al contratto di agenzia internazionale.

Quando si opera nell’ambito della contrattualistica internazionale sicuramente il primo aspetto da analizzare è comprendere da quale legge è regolato il rapporto contrattuale.
Come è noto, la disciplina della legge applicabile, in ambito europeo, è dettata dal Regolamento europeo Roma I, n. 593/2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali.

L’art. 3 del Regolamento conferisce alle parti la libertà di scegliere a quale legge sottoporre il rapporto contrattuale:

…la scelta è espressa, o risulta chiaramente dalle disposizioni del contratto o dalle circostanze del caso

Nel caso le parti non abbiano scelto a quale ordinamento sottoporre il contratto, si applicherà l’art. 4 del Regolamento, che indica i criteri volti a individuare la legge applicabile al rapporto. Nello specifico, l’art. 4 par. 1, lett. B) del Regolamento prescrive che i contratti relativi alla prestazione di servizi, tra i quali rientra anche il contratto d’agenzia, sono regolati dalla legge del Paese in cui il prestatore di servizi (l’agente, dunque) ha il domicilio abituale. Ciò comporta, che tutti i rapporti di agenzia tra preponente straniero ed agente italiano, per i quali le parti non hanno scelto (espressamente) la legge applicabile, saranno regolati dalla legge del Paese in cui l’agente ha il suo domicilio abituale, quindi, normalmente, dal diritto italiano.

Si può pertanto affermare che il diritto italiano è applicabile al contratto di agenzia internazionale nei seguenti casi:

  • nel caso di scelta delle parti (art. 3 Regolamento Roma I);
  • in assenza di scelta delle parti, in tutti i casi in cui l’agente ha il suo domicilio abituale sul territorio italiano (art. 4 Regolamento Roma I);
  • nel caso in cui le parti decidano di sottoporre il contrattato alla legge straniera, si applicheranno le norme italiane “internazionalmente imperative” o di “applicazione necessaria” (art. 9 Regolamento Roma I).

Con riferimento a quest’ultimo punto, che certamente costituisce uno dei profili più complessi e critici del diritto commerciale internazionale, si ritiene necessario svolgere un breve approfondimento.

Come è noto la libertà riconosciuta ai contraenti di scegliere come regolamentare un rapporto contrattuale incontra dei limiti: in tutti gli ordinamenti esistono norme imperative volte appunto a limitare la libertà delle parti, al fine di garantire l’osservanza di determinati principi. Applicare questo principio nell’ambito della contrattualistica internazionale non è di facile soluzione, proprio perché si è obbligati a confrontarsi con norme imperative di due o più ordinamenti: quello scelto dalle parti e quello che, in mancanza di scelta, si applicherebbe ex art. 3 Regolamento Roma I.

Come si coordina quindi il diritto riconosciuto alle parti di scegliere la legge applicabile con il principio secondo il quale si devono rispettare le norme inderogabili applicabili in mancanza di scelta?

In linea di principio si può affermare che la scelta di una determinata legge comporta la totale deroga delle norme di un determinato ordinamento (ivi incluse quelle imperative), in favore di quelle di un altro ordinamento. Ciò comporta che, normalmente, se le parti scelgono di sottoporre il contratto ad un altro ordinamento giuridico, il loro contratto dovrà rispettare le norme imperative di quell’ordinamento, ma non quelle dell’ordinamento derogato attraverso la loro scelta.

Bisogna comunque rilevare che, in casi particolari, i legislatori nazionali possono decidere di attribuire a determinate norme un valore ancora più cogente, tale da renderle inderogabili anche alla scelta delle parti: tali norme vengono definite come “internazionalmente imperative” o di “applicazione necessaria” e si distinguono per questo da quelle “semplicemente imperative”.

In ambito europeo, questo principio è disciplinato dall’art. 9 del Regolamento Roma I, che definisce le norme di applicazioni necessaria come:

«... disposizioni il cui rispetto è ritenuto cruciale da un paese per la salvaguardia dei suoi interessi pubblici, quali la sua organizzazione politica, sociale o economica, al punto da esigerne l’applicazione a tutte le situazioni che rientrino nel loro campo d’applicazione, qualunque sia la legge applicabile al contratto secondo il presente regolamento.»

Ad interpretare l’ambito applicativo di tale norma è intervenuta la Corte di Giustizia europea nel caso Unamar: con tale pronuncia la Corte ha affermato che il Tribunale nazionale può applicare le norme più protettive del proprio ordinamento (in luogo della legge scelta dalle parti)

«...unicamente se il giudice adito constata in modo circostanziato che, nell’ambito di tale trasposizione, il legislatore dello Stato del foro ha ritenuto cruciale, in seno all’ordinamento giuridico interessato, riconoscere all’agente commerciale una protezione ulteriore rispetto a quella prevista dalla citata direttiva, tenendo conto, al riguardo, della natura e dell’oggetto di tali disposizioni imperative».

Da tale pronuncia, si evince che per poter prevalere sulla legge di un altro paese basata sulla medesima direttiva, non sia sufficiente che le norme scelte prevedano un livello più elevato di protezione ed attribuiscano loro carattere di norme internazionalmente inderogabili, ma che debba altresì risultare che tale scelta sia di importanza cruciale per l'ordinamento in questione, in considerazione della natura e delle finalità perseguite dalle norme in questione.


La giurisdizione in ambito di vendita internazionale di beni mobili.

[:it]

Spesso le parti, che stipulano un contratto internazionale di compravendita di beni mobili, omettono per svariati motivi di decidere e definire quale Giudice sia competente a decidere su una eventuale vertenza avente ad oggetto il contratto stesso.

In mancanza di tale scelta è necessario identificare i parametri dettati dal regolamento 44/2001. Lo stesso prevede che:

- è competente a decidere il Giudice dove il convenuto ha la sua residenza (art. 2,1);

- “la persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro” e nello specifico, nel caso della compravendita di beni, “il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto” (art. 5,1 lett. b).

Es. Una ditta italiana vende dei prodotti ad una ditta svedese. Le parti concordano che la merce deve essere consegnata a un concessionario con sede in Spagna. La ditta svedese consegana la merce in tempo, ma la società svedese non provvede ad adempiere.

La società svedese vuole agire in giudizio e si rivolge a un legale per avere delle delucidazioni in merito.

Ex .art 2,1 reg. 44/2001 in questo caso (in mancanza di scelta delle parti) la Giurisdizione competente è quella del convenuto, quindi la Giurisdizione Svedese.

Ad ogni modo, l’art. 5,1 lett. b) prevede quale foro speciale, in via alternativa, il Giudice del luogo in cui la merce è stata o avrebbe dovuto essere consegnata (Spagna).

Pertanto il venditore italiano (con sua grande sorpresa) non avrà diritto ad agire in Italia per chiedere il pagamento della propria merce.

Importante sottolineare che in base a un orientamento delle Sezioni Unite della Cassazione, tale principio è applicabile anche al caso in cui il venditore sia intenzionato a fare valere in giudizio il mero pagamento del corrispettivo.

Sul punto la Suprema Corte ha affermato che “in tema di compravendita internazionale di beni, l'art. 5 n. 1 lett. b) del regolamento Ce n. 44/2001 del Consiglio del 22 dicembre 2000, va interpretato nel senso che, nei contratti di compravendita, per obbligazione dedotta in giudizio si intende non quella fatta valere dall'attore, ma l'obbligazione caratterizzante il contratto e, dunque, nei contratti di compravendita di beni, quella della consegna del bene; pertanto, anche in caso di azione relativa al semplice pagamento del corrispettivo, il luogo da considerare, ai fini della competenza giurisdizionale, è quello della consegna del bene, che, se non stabilito nel contratto, andrà individuato con riferimento ai principi già affermati dalla Corte di giustizia Ce, determinando il luogo secondo le norme di conflitto del Giudice adito."[1]

RIASSUMENDO

in mancanza di scelta è competente a giudicare, anche sulle questioni vertenti sul pagamento del corrispettivo:

  • il Giudice dove il convenuto ha residenza (art. 2. reg. 44/2001)
  • il Giudice dove doveva essere consegnata la merce (art 5 reg. 44/2001)
  • anche in caso di azione relativa al semplice pagamento del corrispettivo, il luogo da considerare, ai fini della competenza giurisdizionale, è quello della consegna del bene

 


[1] Cassazione civile 2009 n. 3059 Giust. civ. Mass. 2009, 3, 479

 

[:]


Scelta o non scelta della legge applicabile

[:it]Uno dei primi passi per la stesura di un contratto internazionale è la scelta della legge applicabile. Solo a seguito di tale valutazione si può infatti redigere correttamente un contratto, in quanto solo in questo modo le parti possono stendere un contratto sulla base dei dettati normativi del prescelto ordinamento giuridico.

Tale elemento, viene spesso “snobbato” o messo in secondo
piano dai non addetti ai lavori, ritenendo questi che tale scelta sia una semplice e mera formalità.

Solitamente, le parti che vogliono iniziare una collaborazione in ambito internazionale, inseriscono all’interno di un contratto quanto solitamente sono soliti inserire all’interno dei contratti nazionali, utilizzando talvolta dei contratti che hanno già utilizzato per regolamentare dei rapporti nazionali.

In realtà, una mancata scelta può portare a delle spiacevoli sorprese da parte di uno o più contraenti.

Caso 1

Per una più facile comprensione si ritiene necessario portare due esempi classici di problematiche collegate appunto ad una mancata scelta delle parti della legge applicabile.

Un preponente italiano stipula un contratto di agenzia con un promotore francese. Le parti non scelgono la legge applicabile, poiché ritengono sia del tutto superfluo. A seguito di un rapporto di lavoro di quattro anni, il  preponente italiano stoppa la produzione. L’agente francese, pertanto, richiede una indennità di clientela pari a due anni di provvigioni, sulla base delle norme del diritto francese. In questo caso, in mancanza di scelta, si applica la legge dell’agente, quindi il diritto francese. Il preponente, a seguito con un colloquio con il proprio legale si avvede del fatto che secondo il diritto italiano l’indennità di fine rapporto è fortemente inferiore  (ex art. 1751 c.c. "l'importo dell'indennità non può superare una cifra equivalente ad un'indennità annua...) .

Caso 2

Una società italiana stipula un contratto di fornitura merci con una società americana. Nel contratto nulla viene precisato in merito alla legge applicabile. Si stipula, inoltre, una clausola penale che obbliga il venditore americano a pagare una penale di € 10.000,00 in caso di ritardo nella consegna della merce.  La merce viene spedita con oltre un mese di ritardo e nonostante questo la società americana non vuole adempiere al pagamento della penale. La società si rivolge da un Avvocato al fine di chiedere dei chiarimenti sui metodi coercitivi del pagamento. A sorpresa del cliente l’Avvocato gli spiega che la situazione varia fortemente in base alla legge applicabile. Infatti, la clausola penale risulta valida, salvo che il giudice non ne riduca l’ammontare qualora risulti manifestamente eccessivo (art. 1384 c.c.). Contrariamente la legislazione americana non prevede la possibilità di pattuire penali (penality), ma solo forme di fissazione forfettaria del danno (liquidated damages).

Uno dei primi passi per la stesura di un contratto internazionale è la scelta della legge applicabile. Solo a seguito di tale valutazione si può infatti redigere correttamente un contratto, in quanto solo in questo modo le parti possono stendere un contratto sulla base dei dettati normativi del prescelto ordinamento giuridico.

Tale elemento, viene spesso “snobbato” o messo in secondo
piano dai non addetti ai lavori, ritenendo questi che tale scelta sia una semplice e mera formalità.

Solitamente, le parti che vogliono iniziare una collaborazione in ambito internazionale, inseriscono all’interno di un contratto quanto solitamente sono soliti inserire all’interno dei contratti nazionali, utilizzando talvolta dei contratti che hanno già utilizzato per regolamentare dei rapporti nazionali.

In realtà, una mancata scelta può portare a delle spiacevoli sorprese da parte di uno o più contraenti.

Caso 1

Per una più facile comprensione si ritiene necessario portare due esempi classici di problematiche collegate appunto ad una mancata scelta delle parti della legge applicabile.

Un preponente italiano stipula un contratto di agenzia con un promotore francese. Le parti non scelgono la legge applicabile, poiché ritengono sia del tutto superfluo. A seguito di un rapporto di lavoro di quattro anni, il  proponente italiano stoppa la produzione. L’agente francese, pertanto, richiede una indennità di clientela pari a due anni di provvigioni, sulla base delle norme del diritto francese. In questo caso, in mancanza di scelta, si applica la legge dell’agente, quindi il diritto francese. Il proponente, a seguito con un colloquio con il proprio legale si avvede del fatto che secondo il diritto italiano l’indennità di fine rapporto è fortemente inferiore  (ex art. 1751 c.c. "l'importo dell'indennità non può superare una cifra equivalente ad un'indennità annua...) .

Caso 2

Una società italiana stipula un contratto di fornitura merci con una società americana. Nel contratto nulla viene precisato in merito alla legge applicabile. Si stipula, inoltre, una clausola penale che obbliga il venditore americano a pagare una penale di € 10.000,00 in caso di ritardo nella consegna della merce.  La merce viene spedita con oltre un mese di ritardo e nonostante questo la società americana non vuole adempiere al pagamento della penale. La società si rivolge da un Avvocato al fine di chiedere dei chiarimenti sui metodi coercitivi del pagamento. A sorpresa del cliente l’Avvocato gli spiega che la situazione varia fortemente in base alla legge applicabile. Infatti, la clausola penale risulta valida, salvo che il giudice non ne riduca l’ammontare qualora risulti manifestamente eccessivo (art. 1384 c.c.). Contrariamente la legislazione americana non prevede la possibilità di pattuire penali (penality), ma solo forme di fissazione forfettaria del danno (liquidated damages).

[:en]Uno dei primi passi per la stesura di un contratto internazionale è la scelta della legge applicabile. Solo a seguito di tale valutazione si può infatti redigere correttamente un contratto, in quanto solo in questo modo le parti possono stendere un contratto sulla base dei dettati normativi del prescelto ordinamento giuridico.

Tale elemento, viene spesso “snobbato” o messo in secondo
piano dai non addetti ai lavori, ritenendo questi che tale scelta sia una semplice e mera formalità.

Solitamente, le parti che vogliono iniziare una collaborazione in ambito internazionale, inseriscono all’interno di un contratto quanto solitamente sono soliti inserire all’interno dei contratti nazionali, utilizzando talvolta dei contratti che hanno già utilizzato per regolamentare dei rapporti nazionali.

In realtà, una mancata scelta può portare a delle spiacevoli sorprese da parte di uno o più contraenti.

Caso 1

Per una più facile comprensione si ritiene necessario portare due esempi classici di problematiche collegate appunto ad una mancata scelta delle parti della legge applicabile.

Un preponente italiano stipula un contratto di agenzia con un promotore francese. Le parti non scelgono la legge applicabile, poiché ritengono sia del tutto superfluo. A seguito di un rapporto di lavoro di quattro anni, il  proponente italiano stoppa la produzione. L’agente francese, pertanto, richiede una indennità di clientela pari a due anni di provvigioni, sulla base delle norme del diritto francese. In questo caso, in mancanza di scelta, si applica la legge dell’agente, quindi il diritto francese. Il proponente, a seguito con un colloquio con il proprio legale si avvede del fatto che secondo il diritto italiano l’indennità di fine rapporto è fortemente inferiore  (ex art. 1751 c.c. "l'importo dell'indennità non può superare una cifra equivalente ad un'indennità annua...) .

Caso 2

Una società italiana stipula un contratto di fornitura merci con una società americana. Nel contratto nulla viene precisato in merito alla legge applicabile. Si stipula, inoltre, una clausola penale che obbliga il venditore americano a pagare una penale di € 10.000,00 in caso di ritardo nella consegna della merce.  La merce viene spedita con oltre un mese di ritardo e nonostante questo la società americana non vuole adempiere al pagamento della penale. La società si rivolge da un Avvocato al fine di chiedere dei chiarimenti sui metodi coercitivi del pagamento. A sorpresa del cliente l’Avvocato gli spiega che la situazione varia fortemente in base alla legge applicabile. Infatti, la clausola penale risulta valida, salvo che il giudice non ne riduca l’ammontare qualora risulti manifestamente eccessivo (art. 1384 c.c.). Contrariamente la legislazione americana non prevede la possibilità di pattuire penali (penality), ma solo forme di fissazione forfettaria del danno (liquidated damages).

[:]


Il regolamento Roma I e la legge applicabile.

[:it]

Qualora le parti non individuano la legge a cui il rapporto contrattale è sottoposto, si applicano i criteri di collegamento previsti dall’art. 4 del Regolamento Roma I (593/2008)

Nello specifico l’art. 4,1 individua inequivocabilmente quale legge bisogna applicare ad una serie di contratti, qualora le parti non abbiamo posto in essere la scelta (vendita, prestazione di servizi, franchising, distribuzione). Si legge, infatti che:

  1. il contratto di vendita di beni è disciplinato dalla legge del paese nel quale il venditore ha la residenza abituale;

  2. il contratto di prestazione di servizi è disciplinato dalla legge del paese nel quale il prestatore di servizi ha la residenza abituale;

  3. il contratto avente per oggetto un diritto reale immobiliare o la locazione di un immobile è disciplinato dalla legge del paese in cui l’immobile è situato;

  4. in deroga alla lettera c), la locazione di un immobile concluso per uso privato temporaneo per un periodo di non oltre sei mesi consecutivi è disciplinata dalla legge del paese nel quale il proprietario ha la  residenza abituale, purché il locatario sia una persona fisica e abbia la sua residenza abituale nello stesso paese;

  5. il contratto di affiliazione (franchising) è disciplinato dalla legge del paese nel quale l’affiliato ha la residenza abituale;

  6. il contratto di distribuzione è disciplinato dalla legge del paese nel quale il distributore ha la residenza abituale;

L’art. 4.2 del regolamento, inoltre, prevede che qualora il contratto non rientri tra le categorie di cui all’art. 4,1 lo stesso è disciplinato dalla legge del paese nel quale la parte che deve effettuare la prestazione caratteristica del contratto ha la residenza abituale;

L’art. 4.3, infine, prevede che nel caso che nessuno di questi criteri consenta di determinare la legge applicabile, il contratto è disciplinato dalla legge del paese con il quale presenta il collegamento più stretto.

RIASSUMENDO

In caso di mancata scelta verificare:

  • se il contratto rientra tra le categorie disciplinate dall’art. 4,1 del Regolamento Roma I
  • in caso contrario, si applica la legge nel quale la parte deve effettuare la prestazione caratteristica
  • infine se nessuno dei suddetti criteri permetta la determinazione della legge applicabile, il contratto è legge del paese con il quale presenta il collegamento più stretto

 

 

[:]


La giurisdizione in base al Reg. 44/2001 CE.

[:it]

Un problema che spesso è collegato ai contratti stipulati da parti con residenza o sede in stati differenti, riguarda la scelta della giurisdizione, ovvero capire quale giudice è chiamato a pronunciarsi qualora le parti non abbiano esplicitamente operato tale scelta.

Nelle questioni relative a problematiche civili e commerciali tra un soggetto italiano e uno straniero bisogna in primo luogo
distinguere, i rapporti con controparti dell’area europea e controparti di paesi non facenti parte a tale area.

Analizzando brevemente la disciplina generale prevista dal regolamento europeo, si rileva che viene prevista all’art. 2,1 la regola generale della competenza del giudice del convenuto.

Sulla base di questo principio, dunque, in mancanza di scelta, se una delle parti è domiciliata presso uno Stato dell’UE, essa deve essere convenuta presso il Giudice di quello stato.

(es. attore Italiano, convenuto Spagnolo, ma con domicilio in Belgio, il Giudice contraente è quello Belga)

Tuttavia, il regolamento 44/2001 prevede agli art. 5, 6 e 22 delle deroghe a tali principio generale ovvero:

  • gli artt. 5 e 6 reg. consentono in una serie di casi di convenire in giudizio un soggetto davanti a giudici diversi  da quelli del domicilio;
  • sono previsti all’art. 22 una serie di fori esclusivi, ossia inderogabili, indipendentemente dal domicilio della parte convenuta quali ad esempio i diritti reali immobiliari, validità, nullità e scioglimento di società, registrazione e validità di brevetti, machi disegni;
  • le parti hanno comunque la facoltà di scegliere un foro esclusivo per mezzo di una clausola con cui viene prorogata la giurisdizione (art. 23).

RIASSUMENDO

In mancanza di scelta e qualora i rapporti siano tra controparti dell’area giurisdizionale europea,  i Tribunali di quale Stato sono chiamati a decidere di una vertenza?

  • Necessario guardare il reg. 44/2001
  • L art. 2,1 del reg. 44/2001 disciplina il principio generale della competenza del giudice del convenuto
  • Gli artt. 5 e 6 reg. consentono in una serie di casi di convenire in giudizio un soggetto davanti a giudici diversi  da quelli del domicilio
  • L’art. 22 dispone una serie di fori esclusivi, ossia inderogabili, indipendentemente dal domicilio della parte convenuta

 

[:]