Distribuzione selettiva ed esclusiva. Sistema misto

Distribuzione selettiva ed esclusiva: il sistema misto funziona?

Cosa succede se un produttore applica in ambito europeo un sistema misto (distribuzione selettiva ed esclusiva). Quali sono i principali vantaggi e svantaggi?

Come si è già avuto modo di rilevare, il Legislatore Europeo è da sempre
impegnato a trovare un bilanciamento tra il principio del libero scambio delle
merci e l’interesse dei produttori di creare delle reti distributive
competitive.

Il compromesso a cui è arrivato il Legislatore è oggi disciplinato dal Regolamento
330/2010
sulle vendite verticali, che stabilisce quali accordi tra imprese
appartenenti alla medesima rete distributiva siano soggetti al divieto di
intese imposto dall’art.
101, par. 1 del Trattato Europeo
e quali, invece, beneficino dell’esenzione
da tale divieto (ex art. 103, par. 3).

In sostanza, viene conferito al produttore di scegliere tra due modalità
di distribuzione: una generale utilizzabile da ogni tipologia di produttore (quella
esclusiva) e una particolare per specifiche situazioni (quella selettiva) (cfr.
sul punto La
distribuzione selettiva. Una breve panoramica: rischi e vantaggi
e Clausole
di esclusiva e accordi economici verticali in ambito europeo: e-commerce ed
esclusiva territoriale
).

Con la distribuzione esclusiva, il fornitore divide i mercati in
cui opera attraverso la nomina di distributori esclusivi, i quali si impegnano
ad acquistare le merci e a promuoverne la vendita in maniera tendenzialmente
libera.

L’art. 4 lett. a) del Regolamento prevede, infatti, che il produttore non
può restringere, né direttamente, né indirettamente,[1] la
facoltà del distributore esclusivo di determinare il prezzo di rivendita,
fatta salva la possibilità di imporre un prezzo massimo o raccomandare un
prezzo di vendita.[2]

Il produttore, inoltre, non potrà impedire, ex art. 4 lett. a) del
Regolamento, che il distributore effettui
delle vendite attive
[3]
all’interno del territorio, salva la facoltà di riservare a sé dei clienti
direzionali e impedirgli la vendita al dettaglio, al fine mantenere tale
livello della catena commerciale, distinto da quello al dettaglio.[4]

Da ultimo il distributore avrà altresì il diritto di effettuare delle
vendite fuori dal territorio, a condizione che le stesse costituiscano risposta
ad ordini non sollecitati di singoli clienti che si trovano fuori dal
territorio (cd. vendite
passive
).[5]

È chiaro che tale libertà del distributore esclusivo è spesso incompatibile
con quelli che sono gli interessi di alcune tipologie di produttori, in
particolare di chi opera nel lusso o sviluppi prodotti tecnicamente molto
complessi
, che sarà maggiormente interessato, piuttosto che ad una
distribuzione capillare, al fatto che i propri prodotti vengano rivenduti
unicamente da rivenditori autorizzati.

Come
si è già avuto modo di trattare
, eccezionalmente per specifiche situazioni
è prevista la facoltà per il produttore di creare un sistema di distribuzione
selettiva
, che gli consente, ex art. 4 lett b), iii),  di vietare ai membri del sistema selettivo di
vendere a distributori non autorizzati nel territorio che il produttore ha
riservato a tale sistema: in un sistema selettivo i beni possono passare solo
dalle mani di un’impresa ammessa alla rete a quelle di un'altra, ovvero a
quelle dell’utilizzatore finale.[6]

In osservanza del principio del libero scambio delle merci, quale
contropartita del diritto del produttore di imporre tali limitazioni alla
libertà di rivendita dei membri del sistema, il Regolamento:

  • all’art. 4, lett b), iv), conferisce agli stessi, la libertà di effettuare le cd. vendite incrociate, che consistono nell’approvvigionarsi senza ostacoli presso “altri distributori designati della rete, operanti allo stesso livello o a un livello diverso della catena commerciale”[7];
  • all’art. 4, lett. c) impedisce al produttore di limitare ai membri di un sistema distribuzione selettiva, operanti nel commercio al dettaglia, le vendite attive o passive agli utenti finali.[8]

Ciò premesso, molto spesso un produttore, per questioni pratiche, gestionali ed economiche, non è in grado di applicare per l’intero mercato europeo un unico sistema distributivo e riserva la distribuzione selettiva unicamente per i Paesi che sono per lui più strategici. In tale ambito, si pone la questione di comprendere, in primo luogo se tale sistema “misto” sia legittimo e, in secondo luogo, quali sono i rischi ad esso annessi.

1. Sistemi misti all’interno dello stesso territorio.

L’adozione di un sistema misto all’interno dello stesso territorio comporterebbe un conflitto di interessi tra il distributore esclusivo, che avrebbe il diritto di essere tutelato dalle vendite attive nel proprio territorio, e il distributore selettivo, che avrebbe il diritto di effettuare vendite attive e passive all’interno del territorio esclusivo, a norma del sopra richiamato art. 4, lett c) del Regolamento.

La Commissione si è domandata in merito alla legittimità di un sistema misto ed ha chiarito, tramite gli Orientamenti, che una siffatta combinazione non è ammissibileall’interno del territorio in cui il fornitore gestisce una distribuzione selettiva […] poiché renderebbe una restrizione delle venite attive o passive da parte dei rivenditori” incompatibile con l’art. 4, lett. c).[9]

2. Sistemi misti in territori differenti dell’UE.

Posto che il divieto degli Orientamenti di applicare un sistema misto si riferisce unicamente alla circostanza che lo stesso venga sviluppato all’interno dello stesso territorio, si desume implicitamente che il diritto antitrust non vieta al produttore di creare un sistema misto all’interno dei differenti Stati Membri.

Ciò non toglie che tale scelta, seppure legittima, possa comunque creare delle problematiche di non poco rilievo, consistenti principalmente nell’impossibilità del produttore di controllare:

  • le vendite provenienti dal territorio esclusivo, dirette al territorio selettivo;
  • le vendite provenienti dal territorio selettivo, dirette al territorio esclusivo.

Si vanno qui di seguito ad analizzare, assai brevemente, le singole fattispecie.


a) Vendite provenienti dal territorio esclusivo, dirette al territorio selettivo.

Sul fatto che al distributore esclusivo non possa essere impedito di effettuare vendite passive al di fuori del territorio e, quindi, anche all’interno di un sistema distributivo selettivo che il produttore ha riservato per un altro territorio, risulta piuttosto pacifico.

Più controverso (e impattante da un punto di vista commerciale) è la
questione se il distributore esclusivo possa effettuare anche delle vendite
attive all’interno del territorio selettivo
e, quindi, effettuare anche delle
vere e proprie campagne commerciali all’interno di tale territorio. Da una lettura
rigorosa del Regolamento si evince che l’art. 4, lett. b), i), vieta ai
distributori esclusivi di effettuare vendite attive “nel territorio
esclusivo o alla clientela esclusiva riservati al fornitore o da questo
attribuiti ad un altro acquirente”
e non estende tale divieto anche al
sistema distributivo.

Sul punto ad oggi non risultano precedenti giurisprudenziali che abbiano chiarito tale questione che rimane ancora aperta. In ogni caso, si ritiene possa essere legittima una clausola contrattuale che imponga al distributore esclusivo di effettuare vendite attive nel sistema selettivo, che, per le modalità in cui vengono presentate al pubblico, non creino pregiudizio all’immagine di lusso e di prestigio dei prodotti del produttore (sul punto cfr. anche La vendita online da parte di distributori non autorizzati. I casi Amazon, L’Oréal e Sisley.).


b) Vendite provenienti dal territorio selettivo, dirette al territorio esclusivo.

I problemi per il produttore esclusivo, in caso in cui il produttore crei
un mercato misto, sono essenzialmente collegati al fatto che:

  • in primo luogo, ex art. 4, lett. c) del
    Regolamento, il produttore non può vietare ai dettaglianti autorizzati di
    effettuare delle vendite passive ed attive all’interno dell’UE. Ci si chiede se
    tra queste debbano essere anche incluse le vendite all’interno del
    territorio esclusivo
    , oppure se l’esclusiva del distributore lo protegge da
    tali azioni di vendita;
  • in secondo luogo, il produttore può vietare, ex
    art. 4, lett. b, iii), le vendite dei membri del sistema selettivo a rivenditori
    non autorizzati all’interno del territorio che il produttore stesso ha
    riservato a tale sistema. Ne consegue che, da una lettura restrittiva della norma,
    tale divieto non parrebbe potere essere esteso anche alle vendite che i
    distributori selezionati effettuino al di fuori del sistema distributivo
    selettivo
    : se si seguisse tale interpretazione, i distributori autorizzati potrebbero
    vendere liberamente all’interno di un differente territorio riconosciuto in
    esclusiva ad un distributore nominato dal produttore.

Con riferimento ai punti qui sopra richiamati, si fa presente che gli
Orientamenti dispongono che “ai rivenditori di un sistema di distribuzione
selettiva […] non possono essere imposte restrizioni tranne per proteggere un
sistema di distribuzione esclusiva gestito altrove.
[10]

Ci si trova in una situazione di grave incertezza interpretativa,
posto che da una lettura del dettato normativo, si propende per ritenere che il
titolare di una esclusiva non abbia il diritto di essere tutelato dalle “invasioni
di zona” da parte dei distributori selettivi, mentre gli Orientamenti farebbero
propendere per la tesi opposta.[11]

Unica cosa che è certa è che i rischi di creare un sistema misto sono molto elevati e che se tale strategia distributiva viene adottata dal produttore, nel medio-lungo periodo comporterebbero grandissime difficoltà nella gestione, soprattutto delle vendite parallele e delle reciproche e continue invasioni di zona.


[1] L’art. 4 lett. a) prevede, infatti, che l’imposizione
di prezzi fissi, non può avvenire neppure indirettamente, per effetto di
pressioni esercitate o incentivi offerti da una delle parti. Gli Orientamenti,
n. 48 elencano numerosi esempi di misure del genere e, in particolare “accordi
che fissano il margine del distributore, o il livello massimo degli sconti che
il distributore può praticare a partire da un livello di prezzo prescritto; la
subordinazione di sconti o del rimborso dei costi promozionali da parte del
fornitore al rispetto di un dato livello di prezzo; il collegamento del prezzo
di rivendita imposto ai prezzi di rivendita dei concorrenti; minacce,
intimidazioni, avvertimenti, penalità, rinvii o sospensioni di consegne o
risoluzioni di contratti in relazione all’osservanza di un dato livello di
prezzo
” In giurisprudenza, si richiama la decisione della Commissione, Caso Yamaha, 16.7.2003, nella quale sono stata riconosciuta come imposizione
indiretta dei prezzi la seguente clausola: i premi/bonus “saranno
concessi solo ai rivenditori che abbiano applicato, nelle loro azioni
pubblicitarie, i margini normali” e che “le azioni pubblicitarie e
promozionali che prevedano sconti superiori al 15% non sarebbero da noi
considerate normali.”

[2] Importante sottolineare che gli Orientamenti, n. 225
giustificano tale scelta del Legislatore Europeo, ritenendo che “’l’imposizione
di prezzi di rivendita può […] ridurre il dinamismo e l’innovazione al livello
di distribuzione [e così] impedire a dettaglianti più efficienti di entrare sul
mercato e/o di acquisire dimensioni sufficienti con prezzi bassi.”
D’altro
canto, viene altresì dato atto del fatto che “A volte l’imposizione di
prezzi di rivendita non ha soltanto l’effetto di limitare la concorrenza ma può
condurre, in particolare se determinata dal fornitore, a incrementi di
efficienza, che verranno valutati ai sensi dell’articolo 101, paragrafo
3 […].
L’imposizione di prezzi di rivendita più evitare un fenomeno di parassitismo
[…].  
Secondo la migliore Dottrina
(Pappalardo, 356, op. cit.) in attesa di decisioni che consentono di verificare
con tale apertura della Commissione, certamente il fondamento dell’approccio
aperto e positivo della Commissione, è preferibile considerarlo come la
conferma dell’assenza, nel diritto della concorrenza dell’UE, di divieti
automatici.

[3] Cfr.
Orientamenti, n. 51.

[4] Sul punto cfr. anche Orientamenti, n. 55.

[5] Cfr. Orientamenti, n. 51.

[6] Cfr. Pappalardo, Il diritto della concorrenza
dell’Unione Europea
pag. 363, 2018, UTET.

[7] Sul punto gli Orientamenti, n. 58, dispongono che “[…]
un accordo o una pratica concordata non possono avere come oggetto diretto o
indiretto quello di impedire o limitare le vendite attive o passive dei
prodotti contrattuali fra i distributori selezionati, i quali devono rimanere
liberi di acquistare detti prodotti da altri distributori designati della rete,
operanti allo stesso livello o a un livello diverso della catena commerciale
.”

[8]

[9] N. 57.

[10] Orientamenti,
n. 56.

[11] Sul
punto cfr. Pappalardo, op. cit., 364.