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Cassazione civile, sez. III 13/01/2009 n. 458
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI NANNI Luigi Francesco - Presidente -
Dott. FEDERICO Giovanni - Consigliere -
Dott. SPIRITO Angelo - Consigliere -
Dott. TRAVAGLINO Giacomo - rel. Consigliere -
Dott. FRASCA Raffaele - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 22127-2004 proposto da:
R.G., M.G., in proprio e quali eredi di
M.F., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CLAUDIO
MONTEVERDI 20, presso lo studio dell'avvocato CODACCI PISANELLI
ALFREDO, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato
DEVECCHI BRUNO giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrenti -
contro
CATTOLICA ASSIC SPA, T.V.;
- intimati -
sul ricorso 24698-2004 proposto da:
CATTOLICA di ASSICURAZIONE COOP. a.r.l. elettivamente domiciliato in
ROMA, PIAZZA MARTIRI DI BELFIORE 2, presso lo studio dell'avvocato
COLETTI PIERFILIPPO, che lo rappresenta e difende unitamente
all'avvocato ERCOLI COSTANTINO giusta delega in calce al
controricorso con ricorso incidentale:
- ricorrenti -
contro
M.G., R.G., M.F.;
- intimati -
sul ricorso 26150-2004 proposto da:
T.V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUTEZIA 8,
presso lo studio dell'avvocato CAMPAGNOLA ANTONIO, che lo rappresenta
e difende giusta delega a margine del ricorso incidentale;
- ricorrente -
contro
R.G., M.G., CATTOLICA ASSIC SCARL;
- intimati -
avverso a sentenza n. 2181/2003 della CORTE D'APPELLO di MILANO, 4^
sezione civile emessa il 3/6/03 depositata il 15/7/2003, R.G.N.
1451/00;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
10/10/2008 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;
udito l'Avvocato CODACCI PISANELLI ALFREDO;
udito l'Avvocato PIERFILIPPO COLETTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FINOCCHI GHERSI Renato che ha chiesto il rigetto dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Il tribunale di Lodi, pronunciando sulla domanda di quantificazione del risarcimento dei danni avanzata da R.G., M.F. e M.G., madre, padre e fratello di M.V., deceduto a seguito di uno scontro con l'autovettura condotta da T.V. - ritenuta, in sede penale, responsabile del sinistro nella misura del 60%, condannò quest'ultima, in solido con la compagnia di assicurazioni "La Cattolica", al pagamento delle somme di L. 12 milioni per danno patrimoniale futuro, nonchè, rispettivamente, di 74, 115.000.000 e 96 milioni ciascuno per danno morale e biologico iure proprio, oltre alla ulteriore somma di circa 22 milioni per spese vive, negando la (configurabilità e la conseguente) risarcibilità di un danno biologico iure haereditario attesa la brevità del lasso di tempo (3 giorni) intercorso tra l'evento di danno e la morte del giovane.
La sentenza fu impugnata da R.G. e M. G., in proprio e nella qualità di eredi di M. F., deceduto nelle more del giudizio, dinanzi alla corte di appello di Milano, la quale, nell'accoglierne, sia pur soltanto in parte qua, il gravame, osservò, per quanto ancora rileva nel presente giudizio di legittimità:
1) che il danno morale risarcibile iure proprio andava individuato, come correttamente ritenuto dal giudice di primo grado, nella sofferenza e nei patemi conseguenti al lutto subito, unico essendo il fatto generatore di responsabilità, di talchè la presenza di una malattia psichica conseguente all'evento, liquidabile a titolo di danno biologico, non giustificava la liquidazione di una autonoma e distinta voce di danno morale, salva illegittima duplicazione di identiche poste risarcitorie;
2) che la vittima, nel pur breve lasso di tempo intercorso tra l'incidente e la morte, aveva lucidamente percepito il dramma della propria giovane vita che si andava spegnendo, e siffatta, intensa sofferenza si era senz'altro tradotta in un danno morale trasmissibile iure successionis;
3) che la liquidazione di tutte le ulteriori voci di danno riconosciute in prime cure appariva del tutto adeguata alle circostanze di fatto (legame di sangue, rapporto di convivenza, età del deceduto, intensità del dolore come rappresentato dai CTU nelle rispettive relazioni, concorso di colpa della vittima nella determinazione del sinistro);
4) che, trattandosi di vicenda obbiettivamente incerta nella sua dinamica, non era legittimo discorrere di mala gestio della compagnia assicurativa;
5) che la questione degli interessi sugli acconti già corrisposti da quest'ultima in corso di giudizio era inammissibile per difetto di motivazione della relativa censura svolta dagli appellanti.
La sentenza della corte territoriale viene impugnata dinanzi a questa corte da R.G. e M.G. con ricorso sorretto da 5 motivi di gravame.
Resistono con controricorso la compagnia di assicurazioni e T. V., che propongono a loro volta ricorso incidentale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi, principale e incidentali, proposti avverso la medesima sentenza, devono essere riuniti.
Essi sono infondati.
Con il primo motivo del ricorso principale, si denuncia un vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto:
liquidazione del danno morale.
Il motivo è privo di pregio.
Esso si infrange, difatti, sul corretto impianto motivazionale adottato dal giudice d'appello nella parte in cui ha ritenuto che, al fine di evitare ingiustificate duplicazioni di poste risarcitorie, il danno morale sofferto dai congiunti della vittima fosse stato già correttamente considerato e liquidato nell'ambito del danno biologico. La sentenza, immune da vizi logico-giuridici, si conforma tout court con quanto di recente stabilito, in subiecta materia, dalle sezioni unite di questa corte con la pronuncia 28972/08, e va, sul punto integralmente confermata.
Al rigetto di tale motivo consegue, ipso facto, il rigetto della speculare doglianza mossa, in argomento dal ricorrente incidentale "Cattolica Assicurazioni" (folio 5 dell'atto di gravame, motivo 1^ del ricorso incidentale) e T.V. (fol. 3 del ricorso incidentale).
Con il secondo motivo del ricorso principale, si denuncia un ulteriore vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto: liquidazione del danno biologico.
Il motivo è anch'esso infondato.
Esso è suddiviso in due sub-motivi.
Il primo di essi attiene alla liquidazione del danno biologico iure successionis.
Tale sub-motivo è destituito di giuridico fondamento.
La decisione del giudice territoriale appare, difatti, anche su questo punto conforme al dictum delle sezioni unite di questa corte che, con la sentenza poco sopra ricordata, hanno precisato come il danno cd. "tanatologico" o da morte immediata vada più correttamente ricondotto nella dimensione del danno morale, inteso, nella sua nuova e più ampia accezione, come sofferenza della vittima che lucidamente assiste allo spegnersi della propria vita. La corte milanese ha del tutto correttamente applicato tale principio, qualificando esattamente tale sofferenza come danno morale e non come danno biologico terminale, attesane la inidoneità, nel caso di specie (l'intervallo di tempo tra l'incidente e la morte fu di tre giorni), ad integrare gli estremi di quella fattispecie di danno non patrimoniale.
Il secondo sub-motivo lamenta una pretesa insufficienza della liquidazione del danno biologico iure proprio.
Di esso meglio si dirà nel corso dell'esame del terzo e quarto motivo.
Con il terzo motivo del ricorso principale, si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto: liquidazione del danno per mancato apporto economico.
Con il quarto motivo del ricorso principale, si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 1226 c.c.).
I motivi, da esaminarsi congiuntamente con il secondo sub-motivo cui poc'anzi si è accennato, attesane la intrinseca connessione, non sono meritevoli di accoglimento.
Tutte le censure rivolte con essi alla sentenza si risolvono, in realtà, in apprezzamenti di mero fatto volte a sostituire proprie, personali valutazioni della vicenda per la quale è processo a quelle correttamente compiute dal giudice del merito che, con motivazione ampia, articolata ed esauriente, oltre che immune da vizi logico- giuridici, ha esplicitato il fondamento del proprio convincimento secondo un iter argomentativo del tutto condivisibile, indicando i (condivisibili) criteri guida cui si è attenuto nell'uso (del tutto corretto) del proprio potere equitativo.
Con il quinto motivo del ricorso principale, si denuncia, infine, violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 1224 c.c.);
motivazione omessa sul punto: liquidazione interessi compensativi.
La censura è inammissibile.
La corte di merito aveva, difatti, dichiarato inammissibile la medesima doglianza sì come mossa in sede di appello per mancata esplicazione della ratio ad essa sottesa: in spregio al principio di autosufficienza del ricorso, gli odierni ricorrenti non contestano tale decisum, ma si limitano a riprodurre pedissequamente la medesima censura, senza peraltro riportare in questa sede il contenuto del motivo di appello onde consentire a questa corte l'esame del relativo contenuto per potere così verificare l'esistenza o meno del lamentato vizio di omessa motivazione.
La stessa corte aveva ancora correttamente ritenuto che, sugli acconti versati dalla compagnia assicuratrice, non andassero computati gli interessi, attesane la natura di acconti sulle maggiori somme dovute dal debitore: la statuizione va confermata, con conseguente rigetto del secondo motivo del ricorso incidentale "Cattolica" (fol. 10) e T. (fol. 7).
Del tutto corretta si appalesa, infine la disciplina delle spese processuali si come attuata dalla corte territoriale, con conseguente inammissibilità del terzo motivo di entrambi i ricorsi incidentali.
La disciplina delle spese - che vanno compensate alla luce della reciproca soccombenza delle parti costituite - segue come da dispositivo.
P.Q.M.
La corte riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi. Spese del giudizio di cassazione compensate.
Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2008.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2009
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