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Cassazione civile, sez. un. 09/02/2009 n. 3059

                    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                        SEZIONI UNITE CIVILI                         
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
Dott. MATTONE  Sergio                   -  Primo Presidente f.f.  -  
Dott. ELEFANTE Antonino                 -  Presidente di Sezione  -  
Dott. PREDEN   Roberto                  -  Presidente di Sezione  -  
Dott. VIDIRI   Guido                              -  Consigliere  -  
Dott. D'ALONZO Michele                            -  Consigliere  -  
Dott. SETTIMJ  Giovanni                           -  Consigliere  -  
Dott. PICONE   Pasquale                           -  Consigliere  -  
Dott. SEGRETO  Antonio                       -  rel. Consigliere  -  
Dott. RORDORF  Renato                             -  Consigliere  -  
ha pronunciato la seguente:                                          
                     ordinanza                                       
sul ricorso 21690/2007 proposto da: 
BRDR. LEMBCKE A/S, in persona del legale rappresentante pro tempore, 
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 37, presso lo 
studio dell'avvocato FURITANO CECILIA, rappresentato e difeso 
dall'avvocato PICCIONE LUIGI, per procura speciale del 20/07/07, in 
atti; 
- ricorrente - 
contro 
RINASCITA SOC. COOP. A R.L., in persona del legale rappresentante pro 
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE PISANELLI 
4, presso lo studio dell'avvocato SCORSONE VINCENZO, che la 
rappresenta e difende unitamente agli avvocati PICCI GIUSEPPE, 
CURCIULLO ANGELO per procure in atti; 
- controricorrente - 
per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 
210/2007 del Tribunale di Ragusa, Sezione distaccata di VITTORIA; 
uditi gli avvocati Luigi PICCIONE, Angelo CURCIULLO; 
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 
20/01/2009 dal Consigliere Dott. ANTONIO SEGRETO; 
lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott. 
Fulvio UCCELLA, il quale chiede che la Corte, a sezioni unite, 
rigetti il proposto regolamento preventivo di giurisdizione e, per 
l'effetto, dichiarino la giurisdizione del giudice italiano. 
                 


PREMESSO IN FATTO
La Soc. Cooperativa Agricola Rinascita s.r.l. otteneva dal Tribunale di Ragusa, sezione distaccata di Vittoria, un decreto ingiuntivo per Euro 1.091.807,34 che veniva notificato il 22.1.2007 all'ingiunta alla Bdr Lembcke a/s, società di diritto danese, con sede in (OMISSIS), credito che la Cooperativa asseriva aver maturato per la vendita alla società danese di pomodori. Avverso il d.i. proponeva opposizione la società danese, che eccepiva anzitutto il difetto di giurisdizione e nel merito assumeva che tra le parti vi era la prassi che il prezzo della merce avrebbe avuto una formazione progressiva, nel senso che la cooperativa indicava nelle fatture un prezzo, che però poteva essere rivisto al ribasso o al rialzo, dopo la vendita sul mercato danese, a seconda del prezzo spuntato nella commercializzazione; che, per effetto di tale calcolo, la somma ingiunta non era dovuta.
All'udienza del 26.7.2007 il tribunale tratteneva la causa per la decisione, concedendo termine per note.
Il 27 luglio 2007 la società Bdr Lembcke a/s notificava alla Cooperativa il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione.
Resiste con controricorso la Soc. Cooperativa Agricola Rinascita s.r.l..

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1. Preliminarmente vanno disattese le eccezioni di inammissibilità ed improcedibilità del ricorso per regolamento.
Assume la resistente Cooperativa che il ricorso sarebbe inammissibile perchè proposto allorchè la causa era già stata trattenuta dal Tribunale per la decisione.
Come già rilevato da queste S.U., sebbene in linea di principio la preclusione all'esperibilità del regolamento preventivo di giurisdizione, ai sensi dell'art. 41 c.p.c., per effetto di una decisione nel merito in primo grado, si verifichi non dal momento della pubblicazione mediante deposito di tale decisione, ma da quello (precedente) in cui la causa viene trattenuta per la sentenza (momento che - segnando l'"iter" dei poteri decisori del giudice - osta a che il regolamento medesimo possa assolvere la funzione di una sollecita definizione della questione di giurisdizione investendone "per saltum" la Suprema Corte), tale preclusione non opera allorchè il giudice di merito, davanti a cui pende la causa, dopo aver trattenuto la causa in decisione, assegnando alle parti termini per il deposito delle memorie, abbia sospeso il processo ai sensi dell'art. 367 c.p.c.; in tal caso, infatti, per effetto di detto provvedimento di sospensione del processo, che implicitamente comporta la riapertura della fase istruttoria, la pronuncia sul regolamento recupera l'indicata funzione di consentire una sollecita definizione della questione di giurisdizione (Cass. Sez. Unite, 07/03/2005, n. 4805).
Nella fattispecie, appunto, il tribunale, dopo aver trattenuto la causa in decisione ed assegnato alle parti termine per il deposito delle memorie, ha sospeso il processo a norma dell'art. 367 c.p.c..
1.2. Infondata è anche l'eccezione di improcedibilità del ricorso, perchè preceduto da altro ricorso per regolamento preventivo proposto dalla medesima società danese, notificato il 22.6.2007, ma mai depositato in cancelleria nei termini.
Infatti l'inammissibilità di un'istanza di regolamento preventivo di giurisdizione non impedisce la reiterazione dell'istanza medesima, ove non sia scaduto il termine previsto dalla legge per proporla, in quanto il regolamento preventivo non è un mezzo di impugnazione e ad esso non è, pertanto, applicabile il principio di consumazione del gravame (Cass. Sez. Unite, 04/11/1996, n. 9533).
2. Passando alla questione di giurisdizione, va osservato che la ricorrente ritiene che nella fattispecie, in applicazione della convenzione di Bruxelles del 1968, la giurisdizione non appartiene al giudice italiano, ma a quello danese, come foro del convenuto, non trovando applicazione l'art. 5 della convenzione (relativamente al luogo in cui l'obbligazione dedotta in giudizio deve essere eseguita), perchè non essendo ancora il prezzo stato determinato, non poteva ritenersi che esso doveva essere pagato presso il domicilio del creditore (ex art. 1182 c.c., comma 3), ma presso il domicilio del debitore, trattandosi di credito illiquido, ex art. 1182 c.c., comma 4.
3.1. Ritiene questa Corte che la giurisdizione si appartenga al giudice italiano.
Nella fattispecie va anzitutto osservato che non è applicabile il Regolamento CE n. 44/2001, poichè, come risulta dai considerata n. 21 e 22 della Premessa del Regolamento, la Danimarca non ha partecipato all'adozione di tale Regolamento e le relazioni tra tale Stato e gli altri Stati membri vincolati dal Regolamento continuano ad essere regolati dalla Convenzione di Bruxelles del 27.9.1968.
Sulla base di detta Convenzione, accanto al foro generale del domicilio del convenuto (art. 2), sono previste anche delle "competenze speciali" dall'art. 5.
La questione di giurisdizione, in assenza di una clausola attributiva di competenza esclusiva, può essere quindi definita, vertendosi, in ragione del petitum e della causa petendi della domanda proposta dall'attore, in materia contrattuale, in base all'art. 5, comma 1, della Convenzione di Bruxelles del 1968, secondo cui:
il convenuto domiciliato in uno Stato contraente può essere chiamato in giudizio anche davanti al giudice del luogo in cui l'obbligazione contrattuale dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita.
3.2. Nella specie, l'obbligazione dedotta in giudizio dal produttore italiano ha ad oggetto il pagamento della fornitura di cose mobili (pomodori) eseguita a favore della società danese. Si tratta quindi dell'adempimento di obbligazione nascente da vendita internazionale.
Consegue che, nel procedere all'individuazione del luogo di adempimento, non è necessario determinare la legge sostanziale applicabile al rapporto secondo le norme di conflitto del giudice adito (ricorrendo, ratione temporis, alle regole poste dalla Convenzione di Roma sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali del 19 giugno 1980, ratificata con L. 18 dicembre 1984, n. 975, in vigore dal 1 aprile 1991, sostitutiva dell'art. 25 preleggi), ma può farsi direttamente riferimento alla Convenzione di Vienna sulla vendita di cose mobili dell'11 aprile 1980, ratificata con L. 11 dicembre 1985, n. 765, in vigore dal 1 gennaio 1988, che, dettando la disciplina sostanziale uniforme della vendita internazionale, si sostituisce alle legislazioni dei singoli Stati, e prevale altresì sulla Convenzione di Roma, come risulta dall'art. 21 di quest'ultima (S.U. n. 14837/02; S.U. n. 7503/2004).
La Convenzione di Vienna all'art. 57, comma 1, dispone che: "Se il compratore non è obbligato a pagare il prezzo in altro luogo specifico, deve pagarlo al venditore: a) presso la sede di affari del venditore; b) se il pagamento dev'essere effettuato alla consegna dei beni o dei documenti, nel luogo di tale consegna".
La norma prevede, come criterio generale, che il compratore deve pagare il venditore presso la sede di affari di quest'ultimo. La regola è derogata solo nel caso in cui il compratore sia obbligato, in forza di una specifica pattuizione, a pagare il prezzo in altro luogo, che acquista così rilevanza come luogo di adempimento, ovvero nel caso in cui il pagamento debba avvenire al momento della consegna dei beni o dei documenti, nel quale il luogo del pagamento coincide con quello della consegna.
Nel caso di specie nessun elemento consente di ritenere operante la deroga al criterio generale, sotto uno dei due suindicati profili, e deve quindi trovare applicazione il criterio generale che individua nella sede degli affari del venditore (nella specie: Vittoria) il luogo di adempimento dell'obbligazione di pagare il prezzo.
4.1. Di nessun rilievo è la circostanza addotta dalla convenuta - attuale ricorrente - secondo cui il prezzo della vendita non era quello indicato dall'attrice nell'atto introduttivo, in quanto lo stesso doveva ancora essere determinato sulla base delle risultanze delle vendite sul mercato estero, giusti i termini contrattuali, con la conseguenza che il credito era illiquido.
Il fatto che il convenuto contesti l'entità dell'obbligazione dedotta in giudizio non è di ostacolo all'applicazione del criterio di collegamento costituito dal luogo di adempimento presso la sede del venditore, poichè anche la giurisdizione nei confronti dello straniero deve essere riscontrata in base alla domanda, indipendentemente da ogni questione circa il suo fondamento nel merito (Cass. S.U. 21.3.2006,n. 6217; 6 ottobre 1981, n. 5240). Il principio, infatti, non opera solo nel caso in cui la prospettazione della domanda sia artificiosamente finalizzata a sottratte la controversia al Giudice precostituito per legge (Cass. 26 luglio 2001, n. 10226).
4.2. Peraltro, ed in. ogni caso, non vale distinguere tra credito di importo incerto e credito certo, sostenendo che solo nel secondo caso ricorre la competenza del Giudice del luogo in cui è sorta o deve essere eseguita l'obbligazione, secondo la disposizione contenuta nel citato art. 1182 c.c., comma 3.
Questa disposizione, secondo la quale l'obbligazione avente ad oggetto il pagamento di una somma di danaro deve essere adempiuta al domicilio del creditore - e, correlativamente, in tale luogo si radica la competenza territoriale nei giudizi ex art. 20 c.p.c. - è stata costantemente interpretata nel senso che essa si applica anche nel caso in cui non vi è contestazione sugli elementi essenziali che concorrono a determinare il credito per provvigioni dell'agente (Cass. 26 luglio 1978 n. 3763), ovvero sia chiesto dall'attore il pagamento di una somma determinata, anche se contestata dalla parte convenuta, giacchè la maggiore o minore complessità dell'indagine sull'ammontare effettivo del credito non incide sulla individuazione della competenza territoriale. Quell'indagine, infatti, attiene esclusivamente alla successiva fase di merito e non influenza la determinazione del forum destinatae solutionis (Cass. S.U. n. 6217/2006; Cass. 13 aprile 2005, n. 7674; Cass. 17 maggio 1995, n. 5420).
6. Così definito nel suo contenuto precettivo il criterio di collegamento posto dall'art. 5, comma 1, della Convenzione di Bruxelles circa il luogo dove l'obbligazione dedotta in giudizio (pagamento del prezzo della fornitura di merce) deve essere eseguita, va affermata la giurisdizione del giudice italiano, poichè in Italia ha la sua sede la cooperativa venditrice e presso tale sede deve essere pagato il prezzo della vendita.
7. La ricorrente va condannata al pagamento delle spese di questo regolamento sostenute dalla resistente.

P.Q.M.
Dichiara la giurisdizione del giudice italiano. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questo regolamento, sostenute dalla resistente e liquidate in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 5000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2009.
Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2009
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